L’AMORE…IL PIÙ DOLCE E AMARO DEI MISTERI

Oggi un consiglio di lettura, l’autore è il giornalista Giovanni Grasso consigliere del PdR per la stampa e la comunicazione (cliccando sul link, si capisce anche “l’autorevolezza” con cui ha saputo trattare alcuni argomenti) . In L’amore non lo vede nessuno, edito da Rizzoli nella collana Narrative, analizza attraverso un “perverso” gioco delle parti le innumerevoli forme che l’amore fra un uomo e una donna può prendere.

Federica, giovane rampante, disinibita anzichenò, dopo la morte della madre, che ha annichilito il padre e inevitabilmente trasformato gli equilibri familiari, si trasferisce a Milano a lavorare presso una prestigiosa casa d’aste, è ricca, o almeno lo sembra per la vita che conduce.
Viaggi una bella casa gioielli cene e serate, ma davvero col suo stipendio può permettersi tutto questo? Era felice? Era, perché mentre sta tornado al paesino, in una delle rare visite, ha un incidente in cui muore.
Quando qualcuno di così vicino come una sorella, muore improvvisamente, le domande si affastellano nella mente di chi rimane, si crede sempre di avere di avere tempo, ma non è mai così. La presenza di un misterioso uomo, che in qualche modo dimostra di aver avuto con Federica una relazione – di cui nessuno sa nulla – fa scattare nella sorella Silvia, la necessità di sapere.

La sapienza dell’autore sta nel trasformare la legittima curiosità di una donna, nei confronti della sorella e della sua vita, in una specie di giallo in cui la ricerca non è quella del colpevole ma diventa pagina dopo pagina, la caccia a quesiti universali e altrettanto universalmente senza risposta.
Un romanzo che porta il lettore a porsi domande su tanti temi, sull’etica sul significato di determinati avvenimenti e lo fa con una scrittura lenta ma accattivante, colta, con riferimenti alla religione alla Storia e soprattutto all’essere umano con al centro le mille declinazioni dell’amore appunto e dello stesso esere umani, senza far mancare lo “sfioraramento” di argomenti purtroppo attualissimi che scuotono le coscienze.

PER UN’ORA D’AMORE

Da oggi in libreria, io vi consiglio caldamente di fiondarvi in libreria.
Cos’è? Il nuovo romanzo di Piergiorgio Pulixi.
Se con Stella di mare ci ha dato l’ennesimo colpo al cuore, con Per un’ora d’amore ariva il colpo di grazia.
Individuare chi sia il vero protagonista del romanzo è impossibile, ad ognuno di loro, perssonaggio fisso o no, è riservata un’attenzione speciale.

Mani stanche di lavoro, mani che una figia pulisce amorevolmente, prima di riceverne una carezza.
Mani che il lavoro ha consumato per dare un futuro.
Mani che quel futuro lo devono prendere e portare avanti, anche se ormai sono vecchie e stanche ma che non mollano, perché sono le mani di un padre, di un nonno.
Sono mani che sentono quel futuro scivolare via sul sangue innocente che è stato versato.
Prima di mollare la presa però, le mani di quel vecchio, vogliono la verità, quella che si è smesso di cercare perché quello che è successo ieri, oggi è già passato remoto e non ci sono più colpevoli da cercare.
Quello che succede oggi e probabilmente si ripeterà domani ha preso il sopravvento.

Per fortuna (anche nostra di lettori), c’è qualcuno che il tempo e la voglia di cercare una risposta lo trova.
Pavan porta il caso all’attenzione di Strega che nonostante tutto ci si applicherà con il solito cuore. Pulixi come un prestigiatore, tira fuori dal cilindro aspetti dei suoi uomini e donne che forse potevamo immaginare ma erano sottotraccia, li spoglia di ogni difesa e ce li propone in un gioco di specchi che cambia la prospettiva da cui li guardiamo.

Affronta come sempre temi profondi, il femminicidio e le vittime collaterali, perché i nomi delle vittime ce li ricordiamo per un po’, ma i nomi dei loro figli e parenti spesso nemmeno li sappiamo, ma ci sono e devono avere giustizia come i morti. Le debolezze, quelle che nessuno deve vedere, quelle che ci massacrano senza che nessuno se ne accorga, quando chiudiamo gli occhi e il sonno non riesce ad arrivare, quelle che ci impediscono di essere in pace con noi stessi. Le ossessioni che nascondiamo accuratamente e sono comemagma pronto a bruciare e distruggere quello che trovano sul loro cammino.

Un romanzo in cui molti veli vengono squarciati, imperdibile.

COSE BELLE IN ARRIVO

L’8 marzo, in concomitanza alla festa della donna, uscirà per Rizzoli Lizard, SHE’S A WOMAN – “Storie di coraggio, orgoglio, amore e (dis)onore di 33 regine della musica” di Enzo Guaitamacchi, laureato in economia in realtà ha dedicato tutta la vita alla musica, a 360°, ha scritto libri ha prodotto e scritto dischi, oltre a fare il direttore artistico, insomma diciamo (per chi non lo conoscesse) è uno che i titoli per parlare e scrivere di musica li ha. 33 voci che hanno, ognuna a modo suo, cambiato la storia della musica. Alla prefazione di Gianna Nannini, seguono le vite, musicali e personali con aneddoti racconti e particolari, che forse non tutti conoscono. Le ha idealmente divise in 5 sezioni rappresentate da quello che è stato il fil rouge del loro lavoro. Ecco allora Il Coraggio e l’emancipazione, l’impegno politico, l’amore e il sesso, le violenze e i soprusi e l’orgoglio culturale. Alcuni dei nomi, tanto per capire di cosa parliamo: Joni Mitchell Patti Smith Noa Miriam Makeba, Etta James Nina Simone. Corredato da splendide foto e per ogni protagonista, da 2 QRcode che portano alle canzoni per avere un’esperienza completa. Un libro da non perdere per chi ama la musica, sia per la varietà dei personaggi che per l’accuratezza dei racconti (scremati da bufale e leggende metropolitane), ma anche da chi si limita ad ascoltarla, perchè la musica è vita e non la si conosce mai abbastanza. Qui per il preorder https://www.rizzolilibri.it/libri/shes-a-woman/. Per chi lo volesse, l’8 marzo alle 18, in Sala Lab alla Triennale, l’auore ne parlerà con Andrea Mirò e Brunella Moschetti, moderati da Federica Lodi (ingresso libero fino a esaurimento posti).

il 20 febbraio, per Einaudi Stile Libero, torna anche l’avvovato Guerrieri. Ne L’orizzonte della notte per la prima volta, dopo aver assistito alla liturgia dell’uscira di corte presidente avvocati pubblico, decide di attendendere la sentenza senza uscire. Nota tante piccole cose che durante il processo, non si vedono, sfuggono all’attenzione. Una scritta incisa sul legno di un banco, il colore sbiadito e incerto delle pareti, sono particolari che lasciano alla mente il tempo di spaziare e i pensieri come le ciliege o le perle di una collana si susseguono legandosi uno all’altro. La naturale introversione di Guerrieri, lo portano a un’ autoanalisi a rivedere mentalmente tutto, a fare i conti ancora una volta, con i pugni presi e quelli dati.

Due giorni dopo, il 22, in librera trovate il nuovo romanzo firmato da Pierluigi Porazzi e Claudio Chiaverotti, un noir con sorpresa, una sfida per i lettori confezionata con la solita maestria e se mi posso permetere, un pizzichino di bastardaggine. Protagonista de Il re delle fate d’autunno, in libreria per Mursia, è una profiler spedita per “punizione” da Torino alla questura di Udine, si trova ad indagare sull’omicidio di una ragazzina, lasciata nuda nella posizione dell’uomo vitruviano, sulla piazza di un minuscolo paese (immaginario), dove tutto sembra ruotare intorno al “mostro” la fabbrica che come accade nella realtà, garantisce la vita ma forse anche la morte.La “bastardaggine” non ve la svelo, ma per chi ama il thriller, fidatevi che vale la pena scoprirla.

PROSEGUIAMO COI CONSIGLI?

Cosa manca per rendere perfetta questa immagine (reperita in rete)? Un libro pronto per essere letto. Per ovvie ragioni in questo blog, non riesco materialmente a segnalarvi e/o recensire tutte le nuove uscite nell’immediato, ma come si dice, finché non lo hai letto un libro rimane nuovo e poi, siccome non hanno data di scadenza, è bello anche scoprire qualcosa che magari ci era sfuggito o prendere in mano qualcosa che ci aveva lasciati perplessi e ci eravamo ripromessi di riguardare ma ci siamo dimenticati.

ANDREA VITALI lo associamo immediatamente a Bellano e al periodo fascista, quelle storie buffe di gente di lago, ma già da qualche anno ci propone cose diverse, storie nere o vagamente surreali che smuovono qualcosa di profondo. GENITORI CERCASI di surreale ha molto se non moltissimo ma è una denuncia fortissima rispetto al rapporto genitori figli, all’indifferenza inconsapevole di molti genitori e alle conseguenze. Naturalmente la scrittura leggera e impeccabile di Vitali lo rende amaramente divertente e molto più che godibile.

CRISTINA RAVA invece ci riporta fra Liguria e Piemonte con le “avventure” di Ardelia Spinola, medico legale che ormai abbiamo imparato ad apprezzare e del suo fidanzato Rebaudengo. La Spinola ha la capacità quasi magica di farsi coinvolgere nelle indagini che riguardano i suoi pazienti, stavolta però non dipende da lei. La tegola che le cade in testa è di quelle che stendono e ti fanno mettere in dubbio tutto quello che è stato e hai fatto, come dice il titolo è proprio IL SALE SULLA FERITA. Di bello, cioè che piace a me, come ho già avuto modo di dire, è che nei suoi personaggi (della Rava of course), ci si può se non identificare personalmente, trovarci i vicini di casa, almeno apparentemente. Comunque sia, se la metto nei consigli è perché vale il tempo che le si dedica, ma tutto eh.

Per finire gioco facile, SARAH SAVIOLI con I SELVATICI è andata oltre toccando due temi di quelli grossi, uno è quello sull’accoglienza di migranti e rifugiati e conseguentemente il razzismo che volenti o nolenti (anche lasciando da parte le posizioni estreme) è un tema che purtroppo riguarda tutti, ma è bella la storia che racconta, in bilico fra disperazione e speranza, con la giusta critica verso gli estremismi con solo un filino di retorica che però non le contesto perché lei quell’empatia lì, la prova davvero. L’altro tema è quello della natura e secondo me per come ha fatto rapportare Annarella con la stessa, stavolta ha davvero superato se stessa.

PRATO ALL’INGLESE

Frédéric Dard è noto ai più per la famosa serie del commissario Sanantonio – 184 volumi – con cui raggiunse il successo ma dagli anni ’40, scrisse più di 300 romanzi tra serie e fuoriserie, alcuni dei veri e propri gioielli noir, che Rizzoli sta proponendo nella collana NeroRizzoli. In Prato all’inglese Jean-Marie Valaise, un rappresentante di calcolatori in vacanza a Juan les Pins si imbatte a causa di uno strano
equivoco in Marjorie Faulks, una donna inglese all’apparenza piuttosto triste. Pure lei è in vacanza da sola e complici il senso di libertà, i bicchieri di champagne e l’inevitabile fascino della Costa Azzurra in cui tutto sembra poter accadere, si invaghiscono l’una dell’altra. Tutto in una notte, perché Marjorie deve ripartire il giorno dopo; si lasciano con la promessa di scriversi. Un paio di giorni e Jean-Marie riceve in albergo una lettera appassionata con cui Marjorie lo invita a raggiungerla senza indugi a Edimburgo, cosa che lui decide di fare partendo immediatamente, spinto anche dalla sua ex, forse, Nicole che lo ha inaspettatamente raggiunto. Arrivato fortunosamente, a causa di uno sciopero non previsto, nella capitale scozzese, la donna che sognava lo stesse aspettando, sembra non essere mai esistita, non si presenta all’appuntamento e sembra non essere in nessun albergo bed & breakfast o casa privata. Valaise non capisce o non vuole credere a quello che sta vivendo e si ritrova in situazioni via via più allucinanti, fino ad entrare in un incubo e scoprire di essere parte di un piano a dir poco machiavellico. Anche in questo romanzo, come i precedenti pubblicati da Rizzoli (Il montacarichiI bastardi vanno all’infernoGli scellerati) l’autore basa
la storia su uno schema ben preciso e principalmente su due personaggi ottimamente caratterizzati, creando un intreccio surreale e folle ma che
alla fine ha una logica più che reale.
Un noir molto scorrevole, arricchito dalle ottime descrizioni paesaggistiche che trasportano il lettore, ci si ritrova a passare dal sole e la spensieratezza quasi irreale della Costa Azzurra al freddo e piovoso clima scozzese, girovagando insieme al protagonista dal centro alla periferia di Edimburgo, in un gioco sempre più folle.
Lo consiglio sicuramente ai lettori di Georges Simenon e di Artur Conan Doyle da cui l’autore sembra aver trovato ispirazione per la realizzazione dei
contesti e per la caratterizzazione dei personaggi investigativi.

“Dal pudore che aveva, si intuiva la profondità del suo dolore. La vera disperazione non ha il coraggio di esprimersi. Chi si confida dimostra di avere ancora qualche riserva di energia. Mentre Marjorie era arrivata al capolinea. Ero entrato nella sua esistenza….”


E verrà un altro inverno

di Massimo Carlotto

Negli anni ho imparato che quando prendo in mano un suo romanzo posso aspettarmi di tutto, soprattutto quando non scrive di crimine organizzato o con i personaggi seriali che tanto amiamo. Così è stato con La signora del martedì e quest’ultimo non ha fatto eccezione.                                                                                                                                                 Finita la lettura, devo sempre lasciar decantare almeno un paio di giorni, poi mi  lascio colpire, uno dopo l’altro, dai colpi potentissimi che sferra e dal senso di “sgomento” nel riconoscere la vita.                                                                         Un romanzo con dei picchi di crudeltà altissimi nella loro apparente banalità. Un desolante quadro che “spiega” molte cose su come tutto, nonostante apparentemente sia in perpetuo movimento chiamato   progresso, in realtà resti sempre uguale a se stesso, l’essere umano in particolare. Ambientato in una cittadina, centro di una valle, una qualsiasi nel nord Italia, dove gli abitanti guardano con compiacimento alle interminabili file di Tir che significano lavoro e soldi per la Valle. Gente semplice, che nonostante gli anni siano passati anche lì, continua imperterrita a dividersi in due categorie. I “normali” e i maggiorenti, convivono pacificamente ovvio, ma non si mischiano, come olio e acqua le loro vite scorrono su binari ben definiti, incontrandosi incrociandosi, ma che educatamente si girano attorno, non si mischiano. Carlotto, come credo quasi sempre, ha preso spunto da un fatto realmente accaduto, ha raccontato una storia di mediocrità ma non quella della maggior parte dell’uomo medio, che si limita ad ambire senza agire; no, qui si agisce –  in nome di due o tre principi sacri validi per maggiorenti e no; “fra di noi ci si aiuta” (dove noi sono gli appartenenti alla comunità da cui i “foresti” per quanto buoni o ricchi e generosi, sono comunque guardati con sospetto). Per raggiungere i propri scopi ci si autoassolve qualunque cosa si faccia e non si perde la faccia dichiarando i propri fallimenti che non si devono venire a sapere.  Queste le basi da cui prende l’abbrivio la storia. Il foresto, lo straniero – forse l’unico pulito – che diventa la vittima sacrificabile è Bruno Manera, un vedovo ricco immobiliarista che ha avuto l’ardire di sposare in seconde nozze la figlia di uno dei maggiorenti, lo ha fatto per amore al contrario di lei che dopo un po’ si accorge di non amarlo e intreccia una relazione con una sua vecchia fiamma. Bruno comincia a diventare bersaglio di atti vandalici e aggressioni, fino appunto all’ultima che lo ucciderà. Il come il chi e il perché sono il ritratto della cittadina, dei suoi abitanti, dalle reazioni di ognuno e da come ciascuno mette in secondo piano qualunque remora, anche l’umana pietà pensando a come approfittare della situazione per fare un passo avanti nei propri progetti. Di come il compiere reati sia diventato più semplice non tanto per la relativa facilità con cui si sfugge alla legge, quanto perché diventa una strada equiparata. Il crimine qui è un modo come un altro per elevarsi sulla scala economica e sociale, l’appiattimento culturale  o la mancata “evoluzione” (tipica dei luoghi chiusi), porta anche a quello morale e etico. Gli ostacoli, veri o presunti che siano, vanno eliminati senza lasciare traccia nemmeno sulla coscienza. I personaggi sono come sempre spettacolari nella semplicità con cui l’autore li descrive. Spiccano con ferocia le donne, il vero motore che tiene in piedi il presente, lasciando agli uomini l’illusione di essere le parti attive. L’ennesimo romanzo da non perdere, un noir purissimo che non può che affascinare e trovarsi un comodo posto fra quelli che resteranno.

Consigli per le strenne da consegnare alle renne

Come per tutti il 2020 è stato particolare anche per coleichelegge, la concentrazione è stata spesso latitante, ma il Natale a quanto pare se ne frega dei colori dei negozi aperti – chiusi – metà e metà. Se ne sbatte allegramente delle difficoltà di movimento e fra qualche giorno arriverà, puntuale come sempre. Allora qui di seguito, compatibilmente con le nuove impostazioni del blog ( che ancora non mi sono del tutto chiare), vi lascio qualche consiglio per un pensiero da portare o inviare. Consigli libreschi naturalmente. Di qualcuno vi ho già parlato di altri no, ma siccome so che vi fidate (o almeno ci conto se passate di qua), procedo. Ah non sono tutte novità eh, perché un buon libro, il libro giusto, arriva nelle mani del lettore esattamente nel momento in cui deve arrivare. Domani altri consigli

Per chi ama sorridere anche se legge un giallo e non diventa matto per le cose sanguinose mi pare perfetto Come la grandine – Gino Vignali è il quarto che racconta i casi strani che accadono a Rimini, non quella delle feste d’estate, ma quella d’autunno è inverno, quando gli stereotipi si frantumano nella nebbia e nella neve. (Solferino)

Un classicone di fine anno per chi lo ama già da tempo e per chi (ma esiste?) non lo conosce Io sono l’abisso – Donato Carrisi un romanzo decisamente diverso dai soliti, meno pauroso ma in perfetto stile Carrisi, sembra tutto chiarissimo e invece…Invece poi quando arrivi alla fine, ti cambia tutta la prospettiva e ti resta dentro quel pensiero che ogni tanto riemerge facendoti correre un brivido lungo la schiena. (Longanesi)

Per la zia che non si rassegna alle cose che cambiano, per chi ama il passato che tiene il passo col presente, cercate Tra bandiere rosse e acquasantiere – Orietta Berti una sorprendente autobiografia di una donna che dal decenni è amata per la sua voce e la sua aria tenera e un po’ vaga, che invece si rivela una potente manager di sé stessa, capace di veleggiare fra le contraddizioni della vita senza perdere mai un briciolo di lucidità. (Rizzoli)

Per l’amica che ama la leggerezza senza stupidità, per chi vuole la prova che le coincidenze non esistono, le storie d’amore che assomigliano molto più alla realtà che a quelle dei romanzi Via della magnolie – Stefania Bertola un romanzo che ti porta via per qualche ora regalando relax e buonumore. (Einaudi)

Gli scomparsi

A volte tornano, a me per fortuna è tornata la voglia di leggere, dopo un periodo in cui non riuscivo a concentrarmi. Ve lo avevo messo nei consigli stando sulla fiducia di lettori con la L maiuscola, adesso la Tripaldi e i suoi Gli scomparsi – pubblicato da Rizzoli – l’ho letto. Bello, un esordio pulito e fresco con personaggi decisamente non convenzionali. Il trisavolo di Lombroso, nientepopodimeno. Il romanzo prende il via dal ritrovamento di un ragazzo che sembra non avere un passato, vissuto nei boschi insieme al padre o almeno lui così definisce l’uomo di cui ha sommariamente sepolto il cadavere. La Tripaldi con un linguaggio crudo ma mai volgare, scandito da capitoli brevissimi – alla James Patterson per capirci – porta avanti l’indagine del commissario Lucia Pacinotti, che si trova in contrapposizione con la task force creata appositamente per capire chi fosse il padre chi sia il ragazzo e se sia o meno l’unico. La figura di Lombroso è controversa, come già accaduto al suo trisavolo di cui applica le tecniche e gli studi. Un thriller molto psicologico su due fronti. Quello che indaga nella mente di un bimbo rapito e cresciuto nel fanatismo religioso (con annessi e connessi) e contemporaneamente in quella di un uomo costretto dal nome che porta ad abbandonare i suoi sogni. Non perdetevelo perché merita davvero

I consigli spot

Tornano i consigli veloci, quelli senza una rece vera e propria, per la piscina il prato in montagna, insomma dove vi va di andare andate, ma fatelo con un libro che è meglio.
RiccardinoSellerio – lo trovate in due versioni, singola oppure con anche la prima versione, cambia solo la lingua (il vigatese inventato da Camilleri che si è evoluto nel corso degli anni). La soluzione che il maestro si è inventato per concludere la serie (pronto da anni), è effettivamente ottima anche se non nuova, ma evidentemente come ha funzionato nel passato, continua ad essere efficace. C’è nel romanzo la freschezza che ultimamente (mi perdonerete ma le opinioni sono personali), aveva un po’ lasciato il posto a una stanchezza – di autore e personaggio – per chi ha amato Montalbano assolutamente imperdibile, e per chi non lo conosce o non lo ama, l’occasione per dargli una chance, magari partendo dall’inizio.
Un Lansdale fuori dalla serie di Hap e Leo, uno di quelli che ti bevi come una bibita fresca sotto l’ombrellone. Anche in Una cadillac rosso fuoco Einaudi – la scrittura del texano è sempre piacevole e scorrevole, le storie – questa non fa eccezione – sono più o meno leggere più o meno incasinate, non si sa mai dove andrà a parare. Non mancano, sia pure toccati da lontano, i temi cari a Lansdale e una velata denuncia sociale. Come sempre un autore che va letto.
Ultimo ma non meno accattivante romanzo da mettere in valigia o nel reader, è l’esordio di Alessia Tripaldi, Gli scomparsiRizzoli – un thriller psicologico che vede protagonista nientepopodimeno che un discendente del discusso Lombroso. Il focus si capisce che indirizza alle scomparse dei minori, a volte ritrovati a volte per sempre, partendo dal ritrovamento di un ragazzino e di un cadavere che lui indica come il padre. Ottimo lavoro e ottimo thriller.