BREVE RECENSIONE TRISTE

È quasi più lungo il titolo che il romanzo

Ma questo ovviamente non mi ha impedito di divorarlo in un paio d’ore, vi chiederete perché ho scritto recensione triste, se vi aspettate una recensione negativa, mi spiace ma resterete delusi. Triste perché avevo voglia di un Manzini tout court, invece, niente indagine. Una ricerca che ci aspettavamo, ovviamente; non si passa sopra un fatto brutto (così brutto), come se fosse un po’ di polvere da togliere , soprattutto se sei un bandito tradito da un fratello e a dirla tutta, meno ancora se sei una guardia col cuore bandito, magari solo un pochino. Il titolo poi è estremamente esplicativo. Insomma, non mi aspettavo un carnevale di Rio ma neanche quello che ci ho trovato – che ribadisco il concetto, mica vi fosse sfuggito, è una storia di Manzini scritta da Manzini – Quindi? Eh, ho avuto la netta impressione che potrebbe essere, almeno nell’intenzione, la chiusura di un cerchio. Che potrebbe essere l’ultima “avventura” di Rocco Schiavone. Che ci starebbe anche voglio dire, se un autore non ha più voglia di indossare ancora lo stesso vestito, eh, può farlo (direi addirittura che deve) e la sensazione è stata proprio che si sia voluto concludere, chiudere le porte che erano rimaste aperte per poi proseguire su altre piste. Ecco perché triste, è anche vero che l’autore ha più e più volte dimostrato, di scrivere meravigliosamente anche quando parla d’altro, indipendentemente da quanto a un lettore possa piacere un personaggio; Avrò avuto la giusta sensazione? Non lo so, certamente il consiglio è di leggerlo, indipendentemente da quello che sarà e poi aspettare tutti insieme la prossima “fatica” del nostro eroe, in questo caso l’autore, che qualunque cosa deciderà di scrivere, a noi piacerà praticamente di sicuro.

PS Leggo in un thread sulla pagina FB di Sellerio,, che non sono l’unica ad aaver avuto la sensazione di chiusura, ma la CE smentisce assolutamente, quindi confidiamo nel fatto che loro ne sanno sicuramente più di noi.

ELP

Esercito di Liberazione del Pianeta, ELP appunto, un esercito che fa una guerra senza morti né feriti, al massimo qualche rottura di scatole se trovi l’autostrada invasa dai polli; invasione ovviamente riportata a gran voce dagli organi di informazione e grazie alla quale il nostro vicequestore, viene a conoscenza dell’esistenza dell’ELP. Che poi a lui in fondo sti ragazzi piacciono, protestano come possono contro chi gli sta rubando il futuro, creano disagi ma non casini grossi, non sono violenti. Ovviamente questore e PM non sono d’accordo, i casini e i reati se ancora non ci sono stati arriveranno eccetera eccetera. Caterina, rientrata a pieno titolo in questura ad Aosta, è impegnata con una donna che è stata palesemente picchiata  dal marito, ma non denuncia e questa è una di quelle cose che proprio Rocco non regge. È chiaro che non essendoci denuncia non può che abbozzare, ma come privato cittadino nulla gli vieta di “incontrare” per caso il signor Novailloz, lontano da occhi indiscreti e da telecamere, per spiegargli che no, picchiare la moglie non è affatto una bella cosa. Se gli sia entrato in testa, nessuno lo saprà mai perché qualcuno quella stessa notte, lo ammazza. L’indagine è più ramificata di quello che sembra all’inizio, il questore è convinto che centri l’ELP Rocco è sicuro che no. Ma sappiamo, son anche un po’ stufa di dirlo eh, che il nostro, inteso come Manzini, pensa ed elabora delle trame gialle perfette, quindi non ne parliamo. Quello che mi va di condividere invece è il sottile cambiamento di Schiavone. Se ne Le ossa parlano, abbiamo visto un uomo in cui la tristezza, la rabbia, lo schifo nei confronti di una certa umanità era (a buona ragione) a livelli altissimi, qui io l’ho sentito se non pacificato, almeno in via di. Il suo inconscio, sotto forma di Marina, continua a pungolarlo perché ricominci a vivere, perché in qualche modo faccia pace con quel che è stato. La ferita che porta il nome di Sebastiano c’è, ovvio, condivisa con Furio e Brizio ci metterà chissà quanto per rimarginarsi, ammesso che lo faccia e comunque farà male per sempre. Con Caterina stanno riprendendo le misure per vedere se si può essere di nuovo amici e sta cercando di capire se e cosa prova per Sandra.  Sullo sfondo, al di là della oggettiva bravura dell’autore, ci sono i “messaggi” che forse non volutamente, ci danno qualcosa su cui riflettere. Perché forse Schiavone e la sua combriccola, sono davvero la rappresentazione più fedele possibile di quello che siamo o che dovremmo essere tutti. E allora ben venga il lasciarsi avvolgere dal dolore fino ad esaurirlo, ben venga prendere in coraggio a piene mani e dire al mondo “io sono questo” se vi piace bene altrimenti bene lo stesso (Deruta). Si intoni l’alleluja quando si comprende che l’amore è una forza vitale quando non ti schiaccia, se lo fa si trovino forza e coraggio per allontanarlo (D’intino). Si applauda a chi accompagna i figli, frutto dei propri lombi e non, nella ricerca del proprio essere adulti, lasciando che paghino se sbagliano e comunque sostenendoli nelle loro idee. E sia benedetto il cielo (sì lo so la pòesia mi sta prendendo la mano) che ci mette sula strada persone come Manzini, con quel cuore e quel cervello, e un mucchio di cani cattivissimi.

L’importanza di “sti cazzi” – Antonio Manzini docet

Ammettiamolo, quelli che sostengono l’esistenza di una differenza sostanziale fra nord e sud, in fondo hanno ragione. Ce lo spiega Antonio Manzini nella sua ultima fatica (e non la chiamo fatica a caso ma ne parliamo poi); alzi la mano chi, vivendo a nord di Firenze, davanti a qualcosa di speciale, un gol spettacolare una vincita milionaria o che ne so, non ha esclamato “sti cazzi”. Tutti; e alzi la mano chi essendo di Roma o comunque laziale, non ha provato l’impulso omicida. Tutta ‘sta premessa per dire che quando ho finito Pulvis et umbra, ho esclamato “me cojoni” (che è l’espressione giusta per indicare meraviglia stupore e ammirazione). Dopo 7/7/2007 non avevo idea di cosa potesse inventarsi, mi aspettavo un romanzo bello, perché Manzini è uno di quelli che entrerà nella Storia, volendo potrei farvi i nomi degli altri scrittori che verranno studiati ma li sapete, certamente non mi aspettavo una botta del genere. In questi casi l’unica cosa che ti auguri è che non ci sia niente di autobiografico, ma è evidente che anche l’autore come tutti noi, ha provato almeno una volta sulla sua pelle quello che racconta. Si è inventato una storia che è cattivissima e allo stesso tempo di una dolcezza indescrivibile, ha messo a nudo quell’anima che credevamo di avere visto nel romanzo precedente. Le persone (e badate che non uso personaggi ma persone), cambiano, cambiano perché accadono delle cose, perché invecchiano, perché le ferite si rimarginano, perché arrivati ad un certo punto bisogna prendere coscienza di sé. Ecco, Manzini ci mostra un uomo che prende coscienza di sé stesso controvoglia, perché altri, che poi altri non sono perché sono parte di lui, gli sbattono in faccia la realtà. Sbatte violentemente il suo già ciancicato faccione contro le macerie che lasciano i tradimenti, capire chi tradisce chi, è una ulteriore prova della bravura dell’autore, la polvere che sollevano le macerie rende difficile vedere le cose come stanno. E’ amaro, è intriso di dolore, per questo parlavo di fatica, allo stesso tempo è pieno d’amore, amore a tutto tondo, quello che Dante diceva move il sole eccetera. Insomma Me cojoni per davero. Per concludere una citazione che capirà chi ha letto il libro, con gli altri ci si rilegge poi. “Lupa Pappa Lupa No” La quarta parola, la più importante, scopritela voi.