L’UOMO DAGLI OCCHI TRISTI

La recensione vera e propriamente detta, la leggerete su Mangialibri, però per dire tutto quello che c’è ne L’uomo dagli occhi tristi, bisognerebbe scrivere un papiro, un altro libro. C’è il talento, ormai più che conclamato di Piergiorgio nell’ideare la trama “gialla”, ma c’è anche tutta la sensibilità di un uomo che ha imparato, se è vero che le donne vengono da Venere e gli uomini da Marte, non solo il venusiano, ma anche il non detto. Con una straziante semplicità, racconta di madri, dell’amore che una madre può provare e del dolore che questo amore può provocare se viene distrutto. Parla di amicizia, quella che cresce con il tempo, che si perde nei malintesi, nelle omissioni e poi è capace di chiedere scusa, di mostrarsi in tutta la sua potenza. Non parla, non racconta non descrive, ci fa vivere, quella che è in alcuni casi è la normalità e in altri diventa una condizione che può mettere a rischio la vita stessa. E ancora l’amore per la sua terra, un racconto che alterna la bellezza e i tentativi (che paiono eterni), di trasformarla in moneta sonante, stuprandola e poi mettendola in vendita. Ci sono anche cose solo accennate, poche frasi qui è lì, nelle quali se ci soffermiamo un minimo, vediamo tutto il potenziale distruttivo dell’amore malato, quello che rasenta la follia. È tanta roba vero? Non è neanche tutta. Ogni volta che finisco un romanzo di Pulixi, penso che abbia dato il massimo e regolarmente, al romanzo successivo, vengo clamorosamente smentita. Tratteggia personaggi da amare incondizionatamente o da odiare senza mezze misure, poi come un sarto farebbe con un abito su misura, ti fa intravedere un qualcosa di nascosto, che ti scombina tutto e ti fa intravedere la possibilità di una redenzione sempre possibile. Viene solo voglia di ringraziare i maestri che hanno visto quel talento in erba – per chi se lo chiedesse, sì, parlo di Carlotto – gli editori che hanno deciso di puntare su di lui, chi lo ha cresciuto con tanta sensibilità e chi gli sta accanto. Pulixi è la conferma che in questi anni, una cosa di cui possiamo andare fieri in Italia, sono gli autori cosiddetti di genere. Genere speciale.

SCENDE LA TEMPERATURA, TORNA LA VOSTRA BLOGGER SCONDIZIONATA

Ahimè, fra il caldo – che lo sapete, per me è come la kriptonite per Superman – la malattia di uno dei mici e la frenesia del lavoro pre chiusura, è un po’ che non posto, vediamo di rimediare, che tanto per leggere c’è sempre tempo e le belle storie, fortunatamente non scadono.

 Oggi vi parlo di due romanzi, ma in realtà di due donne. Così simili e così diverse.

Il pappagallo muto – Rizzoli- è la nuova storia in cui Sara Morozzi, ex agente dei Servizi, a suo sentire, diventa responsabile del pericolo gravissimo che coinvolge una delle persone più importanti della sua vita. Lo Spy Story, genere poco rappresentato in Italia negli ultimi anni, come il noir, racconta quello che non vediamo ma condiziona le vite di tutti. Storie che sono perfette nella costruzione di de Giovanni e maledettamente molto più che veritiere.                      Distinguiamo i piani di lettura, il primo che riguarda ovviamente la storia, sembra in alcuni punti – come i precedenti e come tutte le storie del Genere – impossibile. Esagerazioni letterarie, invenzioni e invece no. Sono storie assolutamente plausibili per chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la cronaca. La rappresentazione esatta di una realtà che a vari livelli è impensabile ma esiste. La dimostrazione dell’effetto farfalla, quello per cui un gesto qualunque, anche apparentemente innocuo come un saluto, possa cambiare svariati destini, anche lontanissimi. Prendetelo per quello che è, un romanzo, ma siate consapevoli che quel mondo esiste eccome. Ci sono mille domande da farsi e molte resteranno per il momento senza risposta, ma è bene porsele. Oppure leggetelo senza farvi domande e godetevi solo la meravigliosa scrittura di Maurizio.

Poi c’è Sara, sola anche in mezzo agli altri, poche persone nella sua vita, pochi amori pochi amici, perché lei vive i sentimenti in maniera totalizzante. Ama o odia al 100%. Il resto è indifferenza. O quantomeno sepolto talmente in profondità da sembrare inesistente. Una cosa la muove, il “trionfo” della giustizia. Ho conosciuto una persona come Sara – un po’ meno rigida e che per fortuna non era un agente o ex agente dei Servizi – ma come lei ha pagato ogni scelta fatta in nome del suo rigore morale. Un personaggio pubblico che ancora oggi manca da morire, non solo a me.  E per quanto sembri presuntuoso, la sento così simile a me da essere forse il personaggio che più amo fra quelli di deGio. Sara è un ideale, forse quello che tutti vorremmo riuscire ad essere, senza tempo, senza età, capace di tutto in nome di qualcosa di superiore.

L’altra donna è nuova di zecca nel panorama letterario italiano, non altrettanto la sua “mamma”, Barbara Perna, magistrato in attività, che dopo averci divertito con le storie di Annabella Abbondante, ci presenta l’avvocato Lia Carotenuto, protagonista di Se tu non ridi più – Bompiani – La trama in questo caso, si lega profondamente con la protagonista. Per ragioni che si scoprono poco a poco nel corso della lettura, ha lasciato la professione legale, dedicandosi all’insegnamento, è ancora “segretamente” iscritta all’ordine e molto meno segretamente riconosciuta come uno dei migliori avvocati in circolazione. Per aiutare un’amica tornerà a indossare la toga, sebbene le costi moltissimo. Una donna che ha in comune con Sara il rigore e una dolcezza che pochi intimi le conoscono, oltre a un dolore grosso che custodisce gelosamente. La Perna conosce bene l’ambiente di cui scrive ed è palese, ha un talento per la scrittura che è altrettanto impossibile non riconoscerle, che affianca a una profonda umanità. Mai giudicante, cosa non facile visto l’argomento e lo svolgimento della vicenda, era facile cadere in uno stereotipo, ma accogliente, capace di rapportarsi distinguendo l’affetto dagli obblighi che impone la legge, passando sopra se stessa opponendo solo un debole tentativo di autoprotezione, capace però anche di tornare sulle sue decisioni, facendo sanguinare una ferita che sembra chiusa, ma certamente non è guarita. Non un romanzo semplice, è il classico pugno nello stomaco che non ti aspetti, non a caso il titolo, in chi abbia dimestichezza coi classici, fa suonare un campanello, eppure una lettura che secondo me sarebbe davvero imperdonabile farsi mancare, per la storia, per la scrittura e per il personaggio che senza farsene accorgere, vi entrerà nel cuore.

ANCHE SENZA MONTEROSSI…

Uno strano romanzo, che non fa altro, oltre a “divertire” chi lo legge, che rafforzare la consapevolezza che il buon Robecchi, oltre ad essere un autore estremamente ironico, colto e talentuoso, scrive dei gran bei romanzi, ache quando esce dalla comfort zone di Monterossi e amici.

La vicenda dei giorni nostri è una scusa, stavolta non per parlare di qualche male della società, di qualche profonda magagna collettiva come si confà ai noir, bensì per rendere omaggio a un grande giallista del recente passato. Augusto De Angeli. Nato alla fine dell’800 e morto “misteriosamente” durante il fascismo.

Se nel 2018 un altro illustre scrittore (termine più che mai riduttivo), tale Luca Crovi – sì cari sono ironica , dico sempre che da grande voglio fare Luca Crovi – ha scritto un giallo riportando in vita il commissario De Vincenzi, Robecchi si concentra su De Angeli – il suo creatore – sulla sua controversa fine, morì infatti a seguito di un pestaggio poco dopo essere uscito di prigione, dove era stato incarcerato con l’accusa di antifascismo.

Due piccioni con una fava sostanzialmente, anzi tre. Un ottimo romanzo con implicazioni storiche, un doveroso (sempre e da parte di chiunque) a un autore troppo poco ricordato e al suo personaggio. Il tutto condito con un giallo che coinvolge il protagonista, famoso e quasi anziano regista ormai assunto al ruolo di Maestro, nelle indagini per l’omicidio dell’ex proprietaria della dependance in cui vive.

Quello che mi fa amare Robecchi, come altri autori ma lui lo fa con un suo stile che mi piace moltissimo, è come riesca a rappresentare i ceti sociali più poveri, con rispetto e senza pietismo, non è facile per niente e come irrida il fascismo e il crapone, ridicolizzandoli, senza astio manifesto, ma preciso come un bisturi.

Fatti due conti, non perdetevelo, vuoi perché è un bel giallo, vuoi perché riporta in luce un autore troppo spesso sottovalutato, facendo lezioni di Storia che non sembrano lezioni, vuoi perché scrive di sociologia senza farlo sembrare. In alternativa, potete anche leggerlo solo perché un bel romanzo andrebbe sempre letto.

L’AMORE…IL PIÙ DOLCE E AMARO DEI MISTERI

Oggi un consiglio di lettura, l’autore è il giornalista Giovanni Grasso consigliere del PdR per la stampa e la comunicazione (cliccando sul link, si capisce anche “l’autorevolezza” con cui ha saputo trattare alcuni argomenti) . In L’amore non lo vede nessuno, edito da Rizzoli nella collana Narrative, analizza attraverso un “perverso” gioco delle parti le innumerevoli forme che l’amore fra un uomo e una donna può prendere.

Federica, giovane rampante, disinibita anzichenò, dopo la morte della madre, che ha annichilito il padre e inevitabilmente trasformato gli equilibri familiari, si trasferisce a Milano a lavorare presso una prestigiosa casa d’aste, è ricca, o almeno lo sembra per la vita che conduce.
Viaggi una bella casa gioielli cene e serate, ma davvero col suo stipendio può permettersi tutto questo? Era felice? Era, perché mentre sta tornado al paesino, in una delle rare visite, ha un incidente in cui muore.
Quando qualcuno di così vicino come una sorella, muore improvvisamente, le domande si affastellano nella mente di chi rimane, si crede sempre di avere di avere tempo, ma non è mai così. La presenza di un misterioso uomo, che in qualche modo dimostra di aver avuto con Federica una relazione – di cui nessuno sa nulla – fa scattare nella sorella Silvia, la necessità di sapere.

La sapienza dell’autore sta nel trasformare la legittima curiosità di una donna, nei confronti della sorella e della sua vita, in una specie di giallo in cui la ricerca non è quella del colpevole ma diventa pagina dopo pagina, la caccia a quesiti universali e altrettanto universalmente senza risposta.
Un romanzo che porta il lettore a porsi domande su tanti temi, sull’etica sul significato di determinati avvenimenti e lo fa con una scrittura lenta ma accattivante, colta, con riferimenti alla religione alla Storia e soprattutto all’essere umano con al centro le mille declinazioni dell’amore appunto e dello stesso esere umani, senza far mancare lo “sfioraramento” di argomenti purtroppo attualissimi che scuotono le coscienze.

PER UN’ORA D’AMORE

Da oggi in libreria, io vi consiglio caldamente di fiondarvi in libreria.
Cos’è? Il nuovo romanzo di Piergiorgio Pulixi.
Se con Stella di mare ci ha dato l’ennesimo colpo al cuore, con Per un’ora d’amore ariva il colpo di grazia.
Individuare chi sia il vero protagonista del romanzo è impossibile, ad ognuno di loro, perssonaggio fisso o no, è riservata un’attenzione speciale.

Mani stanche di lavoro, mani che una figia pulisce amorevolmente, prima di riceverne una carezza.
Mani che il lavoro ha consumato per dare un futuro.
Mani che quel futuro lo devono prendere e portare avanti, anche se ormai sono vecchie e stanche ma che non mollano, perché sono le mani di un padre, di un nonno.
Sono mani che sentono quel futuro scivolare via sul sangue innocente che è stato versato.
Prima di mollare la presa però, le mani di quel vecchio, vogliono la verità, quella che si è smesso di cercare perché quello che è successo ieri, oggi è già passato remoto e non ci sono più colpevoli da cercare.
Quello che succede oggi e probabilmente si ripeterà domani ha preso il sopravvento.

Per fortuna (anche nostra di lettori), c’è qualcuno che il tempo e la voglia di cercare una risposta lo trova.
Pavan porta il caso all’attenzione di Strega che nonostante tutto ci si applicherà con il solito cuore. Pulixi come un prestigiatore, tira fuori dal cilindro aspetti dei suoi uomini e donne che forse potevamo immaginare ma erano sottotraccia, li spoglia di ogni difesa e ce li propone in un gioco di specchi che cambia la prospettiva da cui li guardiamo.

Affronta come sempre temi profondi, il femminicidio e le vittime collaterali, perché i nomi delle vittime ce li ricordiamo per un po’, ma i nomi dei loro figli e parenti spesso nemmeno li sappiamo, ma ci sono e devono avere giustizia come i morti. Le debolezze, quelle che nessuno deve vedere, quelle che ci massacrano senza che nessuno se ne accorga, quando chiudiamo gli occhi e il sonno non riesce ad arrivare, quelle che ci impediscono di essere in pace con noi stessi. Le ossessioni che nascondiamo accuratamente e sono comemagma pronto a bruciare e distruggere quello che trovano sul loro cammino.

Un romanzo in cui molti veli vengono squarciati, imperdibile.

COSE BELLE IN ARRIVO

L’8 marzo, in concomitanza alla festa della donna, uscirà per Rizzoli Lizard, SHE’S A WOMAN – “Storie di coraggio, orgoglio, amore e (dis)onore di 33 regine della musica” di Enzo Guaitamacchi, laureato in economia in realtà ha dedicato tutta la vita alla musica, a 360°, ha scritto libri ha prodotto e scritto dischi, oltre a fare il direttore artistico, insomma diciamo (per chi non lo conoscesse) è uno che i titoli per parlare e scrivere di musica li ha. 33 voci che hanno, ognuna a modo suo, cambiato la storia della musica. Alla prefazione di Gianna Nannini, seguono le vite, musicali e personali con aneddoti racconti e particolari, che forse non tutti conoscono. Le ha idealmente divise in 5 sezioni rappresentate da quello che è stato il fil rouge del loro lavoro. Ecco allora Il Coraggio e l’emancipazione, l’impegno politico, l’amore e il sesso, le violenze e i soprusi e l’orgoglio culturale. Alcuni dei nomi, tanto per capire di cosa parliamo: Joni Mitchell Patti Smith Noa Miriam Makeba, Etta James Nina Simone. Corredato da splendide foto e per ogni protagonista, da 2 QRcode che portano alle canzoni per avere un’esperienza completa. Un libro da non perdere per chi ama la musica, sia per la varietà dei personaggi che per l’accuratezza dei racconti (scremati da bufale e leggende metropolitane), ma anche da chi si limita ad ascoltarla, perchè la musica è vita e non la si conosce mai abbastanza. Qui per il preorder https://www.rizzolilibri.it/libri/shes-a-woman/. Per chi lo volesse, l’8 marzo alle 18, in Sala Lab alla Triennale, l’auore ne parlerà con Andrea Mirò e Brunella Moschetti, moderati da Federica Lodi (ingresso libero fino a esaurimento posti).

il 20 febbraio, per Einaudi Stile Libero, torna anche l’avvovato Guerrieri. Ne L’orizzonte della notte per la prima volta, dopo aver assistito alla liturgia dell’uscira di corte presidente avvocati pubblico, decide di attendendere la sentenza senza uscire. Nota tante piccole cose che durante il processo, non si vedono, sfuggono all’attenzione. Una scritta incisa sul legno di un banco, il colore sbiadito e incerto delle pareti, sono particolari che lasciano alla mente il tempo di spaziare e i pensieri come le ciliege o le perle di una collana si susseguono legandosi uno all’altro. La naturale introversione di Guerrieri, lo portano a un’ autoanalisi a rivedere mentalmente tutto, a fare i conti ancora una volta, con i pugni presi e quelli dati.

Due giorni dopo, il 22, in librera trovate il nuovo romanzo firmato da Pierluigi Porazzi e Claudio Chiaverotti, un noir con sorpresa, una sfida per i lettori confezionata con la solita maestria e se mi posso permetere, un pizzichino di bastardaggine. Protagonista de Il re delle fate d’autunno, in libreria per Mursia, è una profiler spedita per “punizione” da Torino alla questura di Udine, si trova ad indagare sull’omicidio di una ragazzina, lasciata nuda nella posizione dell’uomo vitruviano, sulla piazza di un minuscolo paese (immaginario), dove tutto sembra ruotare intorno al “mostro” la fabbrica che come accade nella realtà, garantisce la vita ma forse anche la morte.La “bastardaggine” non ve la svelo, ma per chi ama il thriller, fidatevi che vale la pena scoprirla.

PROSEGUIAMO COI CONSIGLI?

Cosa manca per rendere perfetta questa immagine (reperita in rete)? Un libro pronto per essere letto. Per ovvie ragioni in questo blog, non riesco materialmente a segnalarvi e/o recensire tutte le nuove uscite nell’immediato, ma come si dice, finché non lo hai letto un libro rimane nuovo e poi, siccome non hanno data di scadenza, è bello anche scoprire qualcosa che magari ci era sfuggito o prendere in mano qualcosa che ci aveva lasciati perplessi e ci eravamo ripromessi di riguardare ma ci siamo dimenticati.

ANDREA VITALI lo associamo immediatamente a Bellano e al periodo fascista, quelle storie buffe di gente di lago, ma già da qualche anno ci propone cose diverse, storie nere o vagamente surreali che smuovono qualcosa di profondo. GENITORI CERCASI di surreale ha molto se non moltissimo ma è una denuncia fortissima rispetto al rapporto genitori figli, all’indifferenza inconsapevole di molti genitori e alle conseguenze. Naturalmente la scrittura leggera e impeccabile di Vitali lo rende amaramente divertente e molto più che godibile.

CRISTINA RAVA invece ci riporta fra Liguria e Piemonte con le “avventure” di Ardelia Spinola, medico legale che ormai abbiamo imparato ad apprezzare e del suo fidanzato Rebaudengo. La Spinola ha la capacità quasi magica di farsi coinvolgere nelle indagini che riguardano i suoi pazienti, stavolta però non dipende da lei. La tegola che le cade in testa è di quelle che stendono e ti fanno mettere in dubbio tutto quello che è stato e hai fatto, come dice il titolo è proprio IL SALE SULLA FERITA. Di bello, cioè che piace a me, come ho già avuto modo di dire, è che nei suoi personaggi (della Rava of course), ci si può se non identificare personalmente, trovarci i vicini di casa, almeno apparentemente. Comunque sia, se la metto nei consigli è perché vale il tempo che le si dedica, ma tutto eh.

Per finire gioco facile, SARAH SAVIOLI con I SELVATICI è andata oltre toccando due temi di quelli grossi, uno è quello sull’accoglienza di migranti e rifugiati e conseguentemente il razzismo che volenti o nolenti (anche lasciando da parte le posizioni estreme) è un tema che purtroppo riguarda tutti, ma è bella la storia che racconta, in bilico fra disperazione e speranza, con la giusta critica verso gli estremismi con solo un filino di retorica che però non le contesto perché lei quell’empatia lì, la prova davvero. L’altro tema è quello della natura e secondo me per come ha fatto rapportare Annarella con la stessa, stavolta ha davvero superato se stessa.

PRATO ALL’INGLESE

Frédéric Dard è noto ai più per la famosa serie del commissario Sanantonio – 184 volumi – con cui raggiunse il successo ma dagli anni ’40, scrisse più di 300 romanzi tra serie e fuoriserie, alcuni dei veri e propri gioielli noir, che Rizzoli sta proponendo nella collana NeroRizzoli. In Prato all’inglese Jean-Marie Valaise, un rappresentante di calcolatori in vacanza a Juan les Pins si imbatte a causa di uno strano
equivoco in Marjorie Faulks, una donna inglese all’apparenza piuttosto triste. Pure lei è in vacanza da sola e complici il senso di libertà, i bicchieri di champagne e l’inevitabile fascino della Costa Azzurra in cui tutto sembra poter accadere, si invaghiscono l’una dell’altra. Tutto in una notte, perché Marjorie deve ripartire il giorno dopo; si lasciano con la promessa di scriversi. Un paio di giorni e Jean-Marie riceve in albergo una lettera appassionata con cui Marjorie lo invita a raggiungerla senza indugi a Edimburgo, cosa che lui decide di fare partendo immediatamente, spinto anche dalla sua ex, forse, Nicole che lo ha inaspettatamente raggiunto. Arrivato fortunosamente, a causa di uno sciopero non previsto, nella capitale scozzese, la donna che sognava lo stesse aspettando, sembra non essere mai esistita, non si presenta all’appuntamento e sembra non essere in nessun albergo bed & breakfast o casa privata. Valaise non capisce o non vuole credere a quello che sta vivendo e si ritrova in situazioni via via più allucinanti, fino ad entrare in un incubo e scoprire di essere parte di un piano a dir poco machiavellico. Anche in questo romanzo, come i precedenti pubblicati da Rizzoli (Il montacarichiI bastardi vanno all’infernoGli scellerati) l’autore basa
la storia su uno schema ben preciso e principalmente su due personaggi ottimamente caratterizzati, creando un intreccio surreale e folle ma che
alla fine ha una logica più che reale.
Un noir molto scorrevole, arricchito dalle ottime descrizioni paesaggistiche che trasportano il lettore, ci si ritrova a passare dal sole e la spensieratezza quasi irreale della Costa Azzurra al freddo e piovoso clima scozzese, girovagando insieme al protagonista dal centro alla periferia di Edimburgo, in un gioco sempre più folle.
Lo consiglio sicuramente ai lettori di Georges Simenon e di Artur Conan Doyle da cui l’autore sembra aver trovato ispirazione per la realizzazione dei
contesti e per la caratterizzazione dei personaggi investigativi.

“Dal pudore che aveva, si intuiva la profondità del suo dolore. La vera disperazione non ha il coraggio di esprimersi. Chi si confida dimostra di avere ancora qualche riserva di energia. Mentre Marjorie era arrivata al capolinea. Ero entrato nella sua esistenza….”


E verrà un altro inverno

di Massimo Carlotto

Negli anni ho imparato che quando prendo in mano un suo romanzo posso aspettarmi di tutto, soprattutto quando non scrive di crimine organizzato o con i personaggi seriali che tanto amiamo. Così è stato con La signora del martedì e quest’ultimo non ha fatto eccezione.                                                                                                                                                 Finita la lettura, devo sempre lasciar decantare almeno un paio di giorni, poi mi  lascio colpire, uno dopo l’altro, dai colpi potentissimi che sferra e dal senso di “sgomento” nel riconoscere la vita.                                                                         Un romanzo con dei picchi di crudeltà altissimi nella loro apparente banalità. Un desolante quadro che “spiega” molte cose su come tutto, nonostante apparentemente sia in perpetuo movimento chiamato   progresso, in realtà resti sempre uguale a se stesso, l’essere umano in particolare. Ambientato in una cittadina, centro di una valle, una qualsiasi nel nord Italia, dove gli abitanti guardano con compiacimento alle interminabili file di Tir che significano lavoro e soldi per la Valle. Gente semplice, che nonostante gli anni siano passati anche lì, continua imperterrita a dividersi in due categorie. I “normali” e i maggiorenti, convivono pacificamente ovvio, ma non si mischiano, come olio e acqua le loro vite scorrono su binari ben definiti, incontrandosi incrociandosi, ma che educatamente si girano attorno, non si mischiano. Carlotto, come credo quasi sempre, ha preso spunto da un fatto realmente accaduto, ha raccontato una storia di mediocrità ma non quella della maggior parte dell’uomo medio, che si limita ad ambire senza agire; no, qui si agisce –  in nome di due o tre principi sacri validi per maggiorenti e no; “fra di noi ci si aiuta” (dove noi sono gli appartenenti alla comunità da cui i “foresti” per quanto buoni o ricchi e generosi, sono comunque guardati con sospetto). Per raggiungere i propri scopi ci si autoassolve qualunque cosa si faccia e non si perde la faccia dichiarando i propri fallimenti che non si devono venire a sapere.  Queste le basi da cui prende l’abbrivio la storia. Il foresto, lo straniero – forse l’unico pulito – che diventa la vittima sacrificabile è Bruno Manera, un vedovo ricco immobiliarista che ha avuto l’ardire di sposare in seconde nozze la figlia di uno dei maggiorenti, lo ha fatto per amore al contrario di lei che dopo un po’ si accorge di non amarlo e intreccia una relazione con una sua vecchia fiamma. Bruno comincia a diventare bersaglio di atti vandalici e aggressioni, fino appunto all’ultima che lo ucciderà. Il come il chi e il perché sono il ritratto della cittadina, dei suoi abitanti, dalle reazioni di ognuno e da come ciascuno mette in secondo piano qualunque remora, anche l’umana pietà pensando a come approfittare della situazione per fare un passo avanti nei propri progetti. Di come il compiere reati sia diventato più semplice non tanto per la relativa facilità con cui si sfugge alla legge, quanto perché diventa una strada equiparata. Il crimine qui è un modo come un altro per elevarsi sulla scala economica e sociale, l’appiattimento culturale  o la mancata “evoluzione” (tipica dei luoghi chiusi), porta anche a quello morale e etico. Gli ostacoli, veri o presunti che siano, vanno eliminati senza lasciare traccia nemmeno sulla coscienza. I personaggi sono come sempre spettacolari nella semplicità con cui l’autore li descrive. Spiccano con ferocia le donne, il vero motore che tiene in piedi il presente, lasciando agli uomini l’illusione di essere le parti attive. L’ennesimo romanzo da non perdere, un noir purissimo che non può che affascinare e trovarsi un comodo posto fra quelli che resteranno.

Consigli per le strenne da consegnare alle renne

Come per tutti il 2020 è stato particolare anche per coleichelegge, la concentrazione è stata spesso latitante, ma il Natale a quanto pare se ne frega dei colori dei negozi aperti – chiusi – metà e metà. Se ne sbatte allegramente delle difficoltà di movimento e fra qualche giorno arriverà, puntuale come sempre. Allora qui di seguito, compatibilmente con le nuove impostazioni del blog ( che ancora non mi sono del tutto chiare), vi lascio qualche consiglio per un pensiero da portare o inviare. Consigli libreschi naturalmente. Di qualcuno vi ho già parlato di altri no, ma siccome so che vi fidate (o almeno ci conto se passate di qua), procedo. Ah non sono tutte novità eh, perché un buon libro, il libro giusto, arriva nelle mani del lettore esattamente nel momento in cui deve arrivare. Domani altri consigli

Per chi ama sorridere anche se legge un giallo e non diventa matto per le cose sanguinose mi pare perfetto Come la grandine – Gino Vignali è il quarto che racconta i casi strani che accadono a Rimini, non quella delle feste d’estate, ma quella d’autunno è inverno, quando gli stereotipi si frantumano nella nebbia e nella neve. (Solferino)

Un classicone di fine anno per chi lo ama già da tempo e per chi (ma esiste?) non lo conosce Io sono l’abisso – Donato Carrisi un romanzo decisamente diverso dai soliti, meno pauroso ma in perfetto stile Carrisi, sembra tutto chiarissimo e invece…Invece poi quando arrivi alla fine, ti cambia tutta la prospettiva e ti resta dentro quel pensiero che ogni tanto riemerge facendoti correre un brivido lungo la schiena. (Longanesi)

Per la zia che non si rassegna alle cose che cambiano, per chi ama il passato che tiene il passo col presente, cercate Tra bandiere rosse e acquasantiere – Orietta Berti una sorprendente autobiografia di una donna che dal decenni è amata per la sua voce e la sua aria tenera e un po’ vaga, che invece si rivela una potente manager di sé stessa, capace di veleggiare fra le contraddizioni della vita senza perdere mai un briciolo di lucidità. (Rizzoli)

Per l’amica che ama la leggerezza senza stupidità, per chi vuole la prova che le coincidenze non esistono, le storie d’amore che assomigliano molto più alla realtà che a quelle dei romanzi Via della magnolie – Stefania Bertola un romanzo che ti porta via per qualche ora regalando relax e buonumore. (Einaudi)