DI SARDEGNA IN SARDEGNA

Oggi vi accompagno in Sardegna, anzi nella Sardegna di inizio secolo scorso, in quella di oggi vi ci porto fra qualche giorno, per farlo mi faccio aiutare da un autore che amo e che di quella terra è figlio (devoto oserei), pur avendo anche ascendenze continentali).

Nella Cagliari del 1905 è ambientato IL MISFATTO DELLA TONNARA di Francesco Frisco Abate. La protagonista è Clara Simon, la prima giornalista investigativa donna per di più italo cinese, alla sua terza apparizione, più agguerrita che mai e resa più forte dall’immenso dolore di vedersi spegnere la speranza mai sopita di poter conoscere almeno il padre, (la madre è morta dandola alla luce) militare in missione all’estero di cui – all’inizio del romanzo – le viene comunicata la morte in battaglia. Resta che Clara è stata cresciuta dal nonno, un ricco imprenditore navale – status che per inciso le ha agevolato non poco la vita – che le ha dato oltre a tutto l’affetto che ha potuto, l’agio di non dover lavorare per crescere in un tempo in cui era sorte comune, una casa di prestigio, un nome che tutti in città rispettano, il diritto di studiare e scegliere cosa fare. È un personaggio di cui ci si innamora facile, giovane bella determinata e tosta, molto tosta. La trama del romanzo, in cui c’è ovviamente un colpevole da assicurare alla giustizia per aver ridotto in fin di vita una maestra, una suffragetta che sta in prima linea perché le donne abbiano finalmente il diritto di voto (che è poi di fondo il riconoscimento primario di un uguaglianza fra sessi), si srotola, come i precedenti del resto, sulla figura di questa giovane donna che non scende in piazza, ma combatte la sua personale battaglia per ottenere lo stesso risultato, conquistandosi giorno per giorno il rispetto e sempre maggiori riconoscimenti sulle pagine e soprattutto in redazione, fra le autorità, oltreché della gente. Per esplicita ammissione dell’autore, Clara è liberamente ispirata dalle donne della famiglia Abate, che di poco si discostano dal personaggio. Femministe ante litteram, donne che quando i diritti non c’erano, se li sono presi. Insieme al collega e amico svizzero Fassbinder, al carabiniere Saporito, con cui sta inesorabilmente sviluppandosi una storia d’amore, Clara si muove in una città del tutto inaspettata al lettore che approcci il personaggio per la prima volta. Una città che stupisce, piena di commerci università teatri, attività di tutti i tipi, cosmopolita, dove si intrecciano provenienze da tutto il mondo, dove il fermento culturale è palpabile pur convivendo con un’altra città, quella dei lavoratori poveri perché sfruttati, ma che stanno cominciando a dar vita a movimenti sindacali che arriveranno lontano. Abate, oltre all’amore per la sua terra e per il suo lavoro – è giornalista dell’Unione Sarda e Clara scrive su L’Unione – mette, in questo romanzo in particolare, una serie di temi, più che mai attuali, su cui lasciare che l’inconscio rifletta mentre il conscio si gode una gran bella storia. Ma bella vera.

A DUE A DUE (FINCHÈ DIVENTAN DISPARI)

Fino a qualche tempo fa, come un po’ tutti quelli che tengono un blog, tendevo a recensire – consigliare, i libri appena usciti. Poi son capitata su dei gruppi nei social e ho scoperto che tanta, tantissima gente, vive i libri in maniera normale e non compulsiva, cioè li legge anche dopo ANNI. Sono rimasta un po’ così, però effettivamente, lo faccio anch’io (con l’esclusione dei miei autori del cuore e lo sono sia Cristina Cassar Scalia che Piergiorgio Pulixi, che ho letto appena usciti), quindi insomma, si parla di libri, poco per chi li ha letti, anche se un confronto fra lettori è sempre una buona cosa, di più per chi li leggerà, magari invogliato da qualcosa che scrivo. La banda dei carusi è la xesima (perdo i conti) storia di Vanina Guarrasi, è uscito a giugno, dopo che l’autrice ha voluto regalarci un viaggetto nel passato, quello in cui il vicequestore è arrivata da Palermo a Catania e si “presenta” alla squadra risolvendo il caso de Il re del gelato. Però torniamo ai carusi, sono i ragazzi(ni) uno di questi, per cui l’unica carriera possibile sembrava essere nella cupola delinquenziale, era riuscito a cambiare un destino che sembrava scritto e riscattarsi, con l’aiuto di don Rosario Limoli, che a San Cristoforo, quartiere difficile di Catania, è un punto di riferimento proprio per chi vuole togliersi dalla strada, per quei carusi che decidono di cambiare vita. Thomas era uno dei suoi ragazzi e viene trovato ucciso nell’unica spiaggia sabbiosa della città. L’imperativo, quello che va oltre il dovere, diventa prendere chi l’ha ucciso. È il desiderio di tutti i coinvolti, perché sanno che Vanina lo conosceva quel ragazzo, era un successo anche suo che non fosse più un delinquente nonostante la famiglia, che a dispetto del suo intorno vedesse un futuro pulito. Che La Cassar Scalia sappia scrivere è ormai assodato, calibra perfettamente le storie personali dei protagonisti e la trama gialla, ha una prosa immediata che inframmezza con espressioni frasi e parole in catanese, si è inventata le catanesate di Vanina, scorribande cultural popolari che la allontanano dal suo essere profondamente palermitana. Quello che mi preme dire è che, ovviamente a parere mio, questo è il migliore di tutta la serie, sia per la trama gialla, sia per le sottotrame. Forse per l’empatia che si sente più che negli altri, per il coinvolgimento più della squadra del medico legale del PM, dei coinvolti a vario titolo, reso perfettamente omogeneo, forse perchè i protagonisti sono poco più che bambini. Insomma, se è vero che le serie sarebbe meglio iniziarle dall’inizio, è altrettanto vero che leggendo questo e recuperando in seguito i precedenti, l’innamoramento per il vicequestore, è immediato e garantito.

Stella di mare, quella che garantiva ai marinai di mantenere la rotta, quella che è diventata una canzone meravigliosa di Lucio Dalla è anche Stella, una giovane donna di una bellezza straordinaria, un viso e un corpo che se fosse nata in una grande città, sarebbe stata reclutata da giornali e casa di moda che se la sarebbero contesa a suon di centinaia di migliaia di euro. Purtroppo Stella è nata a Cagliari e nello specifico a Sant’Elia, che corrisponde a un Quarto Oggiaro a uno Scampia (specifichiamo anche, nell’immaginario collettivo o nella narrazione giornalistica, chè nella realtà sono piene di persone per bene). Sua madre è tutto tranne una madre, suo padre è stato allontanato e ha un fratellino disabile. La sua roccia è la nonna, che io reputo un personaggio fondamentale nel computo totale del romanzo. Stella lo sa di essere bellissima, è anche una tosta, una a cui non si mettono i piedi in testa, ma non saprà mai se i suoi sogni sarebbero diventati realtà, perché qualcuno la uccide, brutalmente, con la ferocia dell’amore che diventa odio. Che le storie di Piergiorgio siano toste, ma toste vere, lo sa bene chi ne abbia letta anche solo una, ma anche lui , sempre per quano mi riguarda, qui si è superato. Se ne L’isola delle anime ci ha profondamente toccati con la descrizione di quella Sardegna dell’interno, di quelle antiche tradizioni che ancora oggi son vive, qui ci porta nella Cagliari moderna, in mezzo alla desolazione che viene da povertà droga e delinquenza che ne consegue. E qui torna in primo piano la nonna, Tzia Rosaria, che incarna la tradizione, i detti popolari, la saggezza antica che tace, che si affida ai proverbi, che subordina tutto al suo sentire volto a quella che per lei è giustizia. Pulixi lascia a briglia quasi sciolta tutti i personaggi, Croce Rais la Pontecorvo ma soprattutto Strega, si concentrano sul caso certo, e ribadisco che quanto riesce ad essere noir lui, pochi, ma cominciano a squarciarsi quei veli che in qualche modo li proteggono. Comincia a intravederei quadro che si materializzerà la visione completa e questo fa sì che leggerlo diventi quasi una dipendenza. E però, diciamolo, queste sono dipendenze belle, ma belle assai.

DI SARDEGNA IN SARDEGNA

Oggi andiamo nella Cagliari del 1905, a breve torneremo in quella attuale

È nella Cagliari del 1905 infatti, che si svolge IL MISFATTO DELLA TONNARA di Francesco Frisco Abate. La protagonista è Clara Simon, prima giornalista investigativa in Italia, donna per di più italo cinese, alla sua terza apparizione. Più agguerrita che mai e paradossalmente resa più forte dall’immenso dolore di vedersi spegnere la speranza mai sopita di poter conoscere almeno il padre, (la madre è morta dandola alla luce) militare in missione all’estero di cui – all’inizio del romanzo – le viene comunicata la morte in battaglia. Resta che Clara è stata cresciuta dal nonno, un ricco imprenditore navale – status che per inciso le ha agevolato non poco la vita – che le ha dato oltre a tutto l’affetto che ha potuto, l’agio di non dover lavorare per crescere in un tempo in cui era sorte comune, una casa di prestigio, un nome che tutti in città rispettano, il diritto di studiare e scegliere cosa fare. È un personaggio di cui ci si innamora facile, giovane bella determinata e tosta, molto tosta. Il romanzo, in cui c’è ovviamente un colpevole da assicurare alla giustizia per aver ridotto in fin di vita una maestra, una suffragetta che sta in prima linea perché le donne abbiano finalmente il diritto di voto (che è poi di fondo il riconoscimento primario di un uguaglianza fra sessi), si srotola, come i precedenti del resto, sulla figura di questa giovane donna che non scende in piazza, ma combatte la sua personale battaglia per ottenere lo stesso risultato, conquistandosi giorno per giorno il rispetto e sempre maggiori riconoscimenti sulle pagine e soprattutto in redazione, fra le autorità, oltreché della gente. Per esplicita ammissione dell’autore, Clara è liberamente ispirata dalle donne della famiglia Abate, che poco si discostano dal personaggio. Femministe ante litteram, donne che quando i diritti non c’erano, se li sono presi. Insieme al collega e amico svizzero Fassbinder, al carabiniere Saporito, con cui sta inesorabilmente sviluppandosi una storia d’amore, Clara si muove in una città del tutto inaspettata al lettore che approcci il personaggio per la prima volta. Una città che stupisce, piena di commerci università teatri, attività di tutti i tipi, cosmopolita, dove si intrecciano provenienze da tutto il mondo, dove il fermento culturale è palpabile pur convivendo con un’altra città, quella dei lavoratori poveri perché sfruttati, ma che stanno cominciando a dar vita a movimenti sindacali che arriveranno lontano. Abate, oltre all’amore per la sua terra e per il suo lavoro – è giornalista dell’Unione Sarda e Clara scrive su L’Unione – mette, in questo romanzo in particolare, una serie di temi, più che mai attuali, su cui lasciare che l’inconscio rifletta mentre il conscio si gode una gran bella storia. Ma bella vera.