

Perché a noi, che siano gialli o no, piace che qualche risata ce la strappino
Lo so, sono orrendamente ferma da un sacco di tempo con i consigli le recensioni le ricettine e quant’altro, il fatto è che l’articolo sulla ricca Milano, ha fatto sì che chi di dovere si mettesse in moto e a onor del vero, ci sono tante persone da ringraziare. A giorni credo sarà finita la bonifica e lo farò pubblicamente. Nel frattempo vi lascio giù qualche consiglino di lettura. Ne ho in canna circa un quintale in canna, quindi nei prossimi giorni, tenterò di rimettermi in pari.
Partiamo da una riedizione, che poi non so nemmeno se sia corretto come termine, però, se prima di giovedì andate in edicola, insieme a Sorrisi e canzoni TV del 19 settembre, trovate L’ultima mano di burraco di Serena Venditto. Confesso che quando è uscito nel 2019, mi era sfuggito. A prescindere dal fatto che i 5 di via Atri, li adoro, sono una giocatrice incallita del suddetto gioco, ragion per cui mi sono fiondata nel romanzo. Non conoscete i 5? Ok, riassunto breve. In via Atri a Napoli – che è in centro – vivono 4 adulti, non studenti squattrinati che dividono l’appartamento, bensì: Malù, un’archeologa che per inciso è la proprietaria di casa, la sua amica traduttrice anglo italiana Ariel e il di lei fidanzato (ma con stanze separate) Samuel detto Magnum sardo nigeriano – per inciso gran figo -e Kobe un pianista giapponese, il quinto elemento è il gatto nero di Malù Mycroft e il nome dovrebbe già dirvi tutto. Per una serie di ragioni che scoprirete leggendo, sono spesso tutti coinvolti in indagini di polizia. Tutti nel senso che indaga anche il gatto? Se mai ne avete avuto uno, sapete che la risposta è: Eccome! Serena Venditto ha imparato a meraviglia (e di suo ha un bel talento), le regole della scuola napoletana del giallo – sento qualcuno dire ma che è? De Giovanni De Silva Perna , giusto qualche giorno fa de Crescenzo e chiedo scusa a chi sto involontariamente escludendo – mescolare il crime il noir, la vita insomma e la leggerezza calviniana con cui solo i napoletani sanno vivere, anche la morte, strappando a tempi determinati e perfetti, anche delle grosse risate. A dirla tutta, è anche molto più efficace di tanti concionamenti e prediche contro il razzismo, che male non fa.
Il secondo romanzo che vi segnalo, è già fuori a qualche mese ed è il secondo romanzo di Janice Hallett, l’autrice inglese che ha inventato un modo decisamente nuovo – se l’hanno fatto prima è stato a mia insaputa – di scrivere gialli. I libri si compongono non di dialoghi e descrizioni ma di mail messaggi WA sms (pochi), articoli di giornali e rapporti di polizia. L’esordio è stato con L’assassino è tra le righe che oltre ad avermi spiazzata per la forma, mi è anche piaciuto molto, questo forse un filino meno – ma se lo consiglio evidentemente il filino è proprio sottile – probabilmente perché la storia è un bel po’ più complessa – però, superato l’impatto iniziale (ho passato ore a chiedermi e cercare sul web)mi sono resa conto che non c’erano riferimenti a fatti realmente accaduti e a quel punto c’ero dentro con tutte le scarpe, ragione per cui Il misterioso caso degli angeli di Alperton, entra di diritto nella pagina dei consigli. Non vi riassumo la trama, ma tanto non lo faccio mai, un po’ per non guastarvi il piacere della lettura, un po’ perché scoprire quale sia il filo da seguire, secondo me è proprio parte del divertimento.


a Carlomagno. Notevole giallo ambientato fra l’Isola che poi così isolata non è, la morte della matriarca Mina Scotto De Falco, è strettamente legata alla morte di Patrizia, un femminiello noto per la sua bellezza e dolcezza. Il commissario Baricco ha il suo bel da fare per collegare le cose, anche perché deve dimostrare in primis una sua intuizione – l’omicidio di Mina è di competenza dei carabinieri di Ischia – e arginare allo stesso tempo le intemperanze di Annaluce Savino, una giornalista che vede lontano e non si fa scrupolo di usare ogni mezzo per stare sul pezzo, d’altra parte, fortuna ha voluto che fosse ospite dell’albergo nel momento in cui si è consumata la tragedia. Vabbè, della trama vi ho già detto fin troppo, vorrei invece interessarvi a conoscere se già non la conoscete, l’autrice. Si sente la mano e la curiosità della giornalista, il mestiere di scrivere non si improvvisa, salvo rarissimi casi, ma credetemi che son proprio rari, ma Piera dimostra che il mestiere ce l’ha eccome. Ha anche una buona fantasia, perché incastrare una trama complessa come questa, tenendo perfettamente uniti tutti i fili, non è facile. Il personaggio di Baricco, commissario torinese trapiantato a Napoli (alla sua terza indagine) è piacevole, tenebroso quel tanto che basta, testardo il giusto, belloccio senza essere strafigo. Quindi mi direte, perché dovremmo leggerlo? Eh, va letto perché la Carlomagno ama profondamente quello che fa e l’amore che ci mette si sente, perché conosce a fondo la città e la racconta senza esagerazioni alla Saviano, con un amore distaccato ma profondo, mettendone in luce le ombre che solo chi ci vive o ci ha vissuto può conoscere. La delinquenza che scende a patti con l’autorità in un do ut des che tutto sommato rispecchia la realtà, i bordelli di femminielli dove si tiene viva la tradizione della tombolata e tante altre piccole grandi cose.
Se Saviano racconta una città brutta e pericolosa, le “paranze” e le “stese” che affliggono Napoli, se
Se ne son dette di ogni su questo libriccino (diminutivo affettuoso) composto in gran parte da foto di scena, un sacco di stronzate anche, se mi scusate il francesismo. Come di ogni fiction o film che si comandi, anche de
Normalmente i libri di deGio mezzo scrittore (vedi profilo FB) e io aggiungo mezzo poeta, li divoro in meno di 24 ore, lo faccio perché ho paura. In che senso vi chiederete, paura che possa non aver centrato il bersaglio, che per una congiunzione astrale – credo a questo punto impossibile – possa non piacermi. Quindi niente dicevo, ogni nuovo libro lo divoro con il cuore in gola e poi quando mi rendo conto che non si sa come, ogni libro è più bello del 