NON SI FINISCE MAI DI IMPARARE E GRAZIE A DIO, NON MANCANO I MAESTRI
“Dove eravamo rimasti?” Parto non a caso da questa frase. Non leggevamo dell’Alligatore da parecchi anni, almeno 5 ma più probabilmente sono 8.
Lo ritroviamo con il cuore spezzato, come quello del Vecchio Rossini ed entrambi sanno che le ferite diventeranno cicatrici e ogni tanto faranno male. Li ritroviamo che hanno venduto l’appartamento di Padova e comprato una cascina sui colli Euganei, Max ci vive stabilmente, Buratti ci è tornato come un gatto va in una cuccia nascosta a leccarsi le ferite e Rossini lo stesso.
Ognuno a modo suo, con il salame il pane e il vino che Max sta bene attento a non fare mai mancare, e forse – libera interpretazione – anche questo fa parte dell’essere la Memoria cose che riportano a un passato per alcuni mi rendo conto solo iconico. Ma un fuoco, pane salame e un bicchiere di vino, sono il passato che non morirà mai anche per chi non lo ha vissuto.
Oh, ci sono delle bombe tali in questo romanzo che tante cose, passano un po’ in sordina. Ma sono quelle (credo) per cui Massimo Carlotto scrive.
Perché questo è il noir all’origine, il racconto del sociale che sottotraccia macina la legge, denuncia sociale, quello in cui la trama è collaterale, serve a raccontare altro e in questo Carlotto è davvero un maestro. Se per la gran parte, gli autori di genere e fidatevi che in Italia abbiamo un parterre che resto del mondo spostati, la trama nel corso degli anni, è diventata la parte centrale dei romanzi, per Carlotto no. Lo è per forza, per chi compra i libri e per chi li pubblica, ma non per tutti.
Massimo è sostanzialmente un giornalista d’inchiesta, solo che anziché sui giornali le sue inchieste diventano libri. Non sono inchieste che fanno rumore alla tv le sue, ma riguardano fatti e costumi che a nostra insaputa, influiscono sulle nostre vite.
Riguardano capire la differenza fra legge e Giustizia, che in soldoni vuol dire dormi una vita su una branda oppure hai la coscienza morta, che puzza e marcendo infetta tutto quello che c’è intorno.
Riguardano gli invisibili, quelli involontari, che avrebbero diritto alla dignità, nonostante la vita li abbia messi nella casella dei disperati – dove intendo letteralmente senza speranza – a cui viene negata.
Quelli la cui esistenza ha valore solo per la famiglia e spesso neppure per quella.
Quelli, quelle, che erano figlie mogli madri e diventano carne più o meno fresca da vendere sul bordo di una strada o sui divanetti di un night. E tutti quelli che se ci pensate vi vengono in mente.
Riguardano anche quelli che hanno facce ben visibili, apparentemente pulite, ricchi pseudo ricchi, a cui non manca niente, nemmeno un milione di euro a cui aggiungere un 15% da usare e non dovranno rinunciare a nulla se non forse, a cambiare la macchina una volta in meno.
Quelli che dormono su materassi ben imbottiti in case belle calde d’inverno e fresche d’estate. Quelli che non si sporcano le mani, perché i soldi che maneggiano e con cui comprano anche le vite degli altri, passa da particolari lavanderie – banche cinesi – che gli tolgono la patina sporca e li trasformano in denaro onestamente guadagnato.
Riguardano le conseguenze delle inutili e stupide guerre, che stravolgono le vite della gente, e fanno sì che chi non muore sotto le bombe o i colpi dei cecchini, vada a morire nell’invisibilità, o nelle mani di chi sui morti e sui vivi che quelle guerre producono e lasciano.
Di quella mafia che ormai non vediamo più – se mai l’abbiamo vista – che controlla lo spaccio, sia droga armi vite.
Ecco che allora diventa importante che ci siano uomini come l’Alligatore, come Rossini, come Max “la memoria”, che sì, sono fuori dalle regole, agiscono seguendo un codice morale che è lontano dalle leggi, che adottano un Codice che non è lo stesso dei tribunali.
No, non sto invitando nessuno a farsi giustizia in proprio, quello lasciamo che lo facciano loro, ma impariamo la “lezione” del maestro.
Costi quel che costi, impariamo a guardare quello che ci sta intorno, a farci delle domande, a non accettare passivamente perché non ci tocca. Non è vero, possono e toccano tutti
Davvero quello che vediamo è la realtà? Davvero possiamo continuare a guardare solo dentro il confine del nostro orto? È giusto così o è il momento di vedere quello che per esempio la GdF, sembra non vedere o che le FFOO non fanno (sicuramente con scopi “nobili” alla lunga, ma deleteri nell’immediato)?
Poi ci sarebbe il tema dell’invecchiamento, quello a differenza del riciclaggio tocca tutti i fortunati – gli altri muoiono giovani – e il tema del sociale torna al privato, al personale.
La cascina che hanno comprato i tre, diventa Casa, una parola che ha poco a vedere con muri e porte, ma tanto con il sentirsi al sicuro. Non giudicati, né per come siamo né per come agiamo.
Casa è dove qualcuno ti ama, è anche litigare, non si diventa tutti uguali, ma si impara a convivere con le differenze.
Capite quanta roba c’è in 300 pagine e spicci e perché diventa complicato parlarne?
Rimane solo una cosa sensata da fare: prendere il libro, cercare su Spotify la colonna sonora che l’Alligatore stesso, per mano di Carlotto, ha indicato come accompagnamento, avere vicino una bottiglia o una tazza di quello che più ci piace o conforta e accomodarsi su una poltrona comoda, sul letto sul divano e abbandonarsi al piacere della lettura.
Tanto piove, dove dovete andare?
PS né Carlotto né Einaudi hanno pagato per questo entusiasmo dovuto solo ed esclusivamente alle emozioni che mi sono rimaste dop la lettura. Quindi aggiungo un sincero grazie a entrambi.
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