Oh, cosa volete che vi dica, io quando trovo un autore, in questo caso un’autrice, che regge al secondo romanzo e migliora al terzo, ho degli attimi di godimento. Mi rendo conto che ci sono fior di professionisti – direttori di collana editor correttori di bozze eccetera – che vivisezionano un romanzo prima che arrivi a noi, ma sono un po’ megalomane e quando dico che qualcuno farà strada e questo poi accade, eh bè, me la tiro, mi autoincenso e come dice un tizio in tv, mi stimo e mi incoraggio, ecco.
Sei giorni fa è tornata in libreria Cristina Cassar Scalia, e con lei ovviamente, Vanina Guarrasi vicequestore aggiunto alla Mobile di Catania, alla Omicidi per la precisione. Ma la sua sete di vendetta? Giustizia? Non è placata e quindi ha chiesto e ottenuto di partecipare ad un’operazione della Catturandi di Palermo, arresto a cui tra l’altro il mafioso latitante è riuscito a sfuggire. Potrebbe fermarsi ancora se solo lo volesse, per la gioia del suo ex collega Manzo, ma da Catania la avvisano che hanno un morto ammazzato e lei tutto sommato, Paolo incluso, non ha troppa voglia di restare a Palermo. Il morto che ha la doppia cittadinanza italiana e americana, ed è nato a Cuba, possiede una casa a La Salita dei saponari si rivela essere un bel personaggino (d’altra parte si sa, non è che le brave persone vengono ammazzate tutti i giorni) e il caso molto più complicato di quanto ci si potesse aspettare. La Scalia ha imparato dai migliori, oltre naturalmente ad avere talento (lo so mi ripeto, ma a chi lo ha, è d’obbligo riconoscerlo); la lezione che ha magnificamente incamerato è quella di equilibrare la trama gialla, che ovviamente non solo deve essere impeccabile, ma possibilmente essere anche intrigante e complessa, con l’evoluzione dei personaggi, non solo del/della protagonista, ma anche dei comprimari. Last but not least, cogliere dai lettori chi sono i personaggi più amati e dar loro sempre maggior spazio senza toglierlo agli altri. In questa coda di pandemia, dove i viaggi sono ancora un po’ penalizzati, reagalatevi un soggiorno sotto la Montagna, che con la sua imponenza e i suoi risvegli improvvisi, è una bellezza
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E finalmente torna Settembre (portandoci 12 rose)
Avete letto tutte le raccolte di Sellerio? Se sì (a meno che non siate fra quei disgraziati che saltano i racconti), avete già incontrato la dottoressa Settembre. Quarantaduenne assistente sociale nel centro storico di Napoli. Fra l’altro ex moglie di Claudio (lo ha lasciato lei per la cronaca) che di lavoro fa il magistrato, per cui, oggi per un motivo, domani per un altro, si incontrano spesso e se non c’è necessità reale, uno dei due la crea. La Nostra Mina, che all’anagrafe fa Gelsomina, è tornata dopo la separazione, a vivere con mamma Concetta. Ecco, perdonatemi ma io due o tre parole su questa donna le devo spendere. Credo che si posa definire una sorta di monito di Dio al mondo: “occhio che l’inferno esiste”. Un martello pneumatico in sedia a rotelle, preposta ad umiliare la figlia, che non dimentichiamolo ha commesso due errori, ha sposato il magistrato, che non è ricco, e poi si è anche separata. Il Concetta life style, prevede infatti che una donna non lavori e sposi un ricco che la mantenga. Mi taccio su come tratta le badanti, che secondo lei fanno quel lavoro solo perchè la Merlin ha chiuso le case a suo tempo. Ovviamente quel geniaccio di deGio ne ha fatto un personaggio diabolicamente divertente. Oltre alla mamma, Mina ha anche un problema fisico, piuttosto grosso, però non ve ne parlo, perchè se non l’avete ancora conosciuta è giusto che lo scopriate da soli. Sappiate che nel mazzo di rose che ci ha confezionato, l’autore ha messo anche, un ginecologo bello come Robert Redford, al punto che i trans, sostengono di avere la vaginite, un anziano portiere convinto, del tutto immotivatamente, di avere il fascino di Redford, ma che per Mina, o meglio per il suo problema, farebbe follie, le amiche pazzarielle che fra una nuova french manicure e un aperitivo, accettano allegramente di aiutare Settembre nel salvataggio della mamma e della ragazzina, per quanto possa essere pericoloso.
Potrei parlarvi del giallo, che stavolta tocca Mina molto da vicino, oppure del “caso” di cui si deve/vuole occupare come assistente sociale, che proprio privo di rischi non è, potrei raccontarvi delle 12 rose, ma no, non derogo alla regola, vi dico solo ordinatelo andate precipitatevi in libreria (ce lo trovate dal 29). Se poi avete ancora un po’ di magone per i saluti di luglio, Settembre, con un gran bel giallo e molte risate, vi risolleverà il morale, senza se e senza ma. A seguire (non so esattamente quando), la recensione vera su Mangialibri
Con Le colpe della notte, diamo il benvenuto anche a Silvia Sbaraglia
Ad essere onesta le aspettative per questo romanzo erano tutt’altro che alte. È però bastata la lettura del primo capitolo a farmi ricredere. Lanzetta per me è stata una rivelazione, come autore e come genere, essendo io poco amante del thriller.
Cristian è un adolescente con un’ossessione per i videogiochi e la vita in rete, ossessione che spesso è causa di litigi con il padre, un commissario di polizia. Proprio dopo un litigio particolarmente furioso, l’uomo compie qualcosa di devastante. Al suo rientro in casa, Cristian si trova davanti ad una scena sconvolgente. I suoi genitori morti in seguito ad un omicidio suicidio. Il ragazzo, comprensibilmente preda di attacchi di panico, viene inviato in una casa famiglia a Castellaccio, gestita da Flavio, uno psichiatra specializzato nel lavoro con i ragazzi. Nell’ambiente “protetto” in Cilento, Cristian impara cos’è l’amicizia, e come si possano creare legami forti con persone sconosciute. Con loro capirà cosa voglia dire non sentirsi fuori luogo, troppo diverso per essere accettato e di come sia possibile vivere una vita fuori dal mondo di internet, lontano da uno schermo che filtri il suo vero essere. Con loro che si immergerà nell’irrisolto, troverà la sconvolgente verità sulla morte dei genitori e sarà coinvolto in un caso di scomparsa che nonostante gli anni pesa ancora sugli animi di tutti. Un caso che vede coinvolto Flavio e i suoi due amici, Damiano e Stefano.
Lanzetta intreccia rendendole un unicum, due storie già singolarmente intricate e allo stesso tempo intrecciate tra di loro. Le colpe della notte è, inaspettatamente, il terzo volume di una trilogia (al link gli altri titoli). Non ci si accorge di questa “dipendenza” perché l’autore riesce a mostrare chiaramente il passato dei tre amici di Castellaccio, Flavio, Damiano e Stefano, palesandoci anche il vecchio caso, che riesce a integrare perfettamente con la nuova vicenda, quella di Cristian e dei suoi, di amici, creando anche una certa simmetria con il passato. Il tutto dando solo qualche indizio sulle vicende passate che invogliano ma non obbligano il lettore, a leggere i romanzi precedenti. La capacità di Antonio Lanzetta è proprio questa: ti sa dare e togliere, senza lasciarti mai con l’amaro in bocca.
Tra flash-back, colpi di scena, immedesimazione, feeling con i personaggi, descrizioni da brividi e un alto tasso di adrenalina, ti rapisce e ti restituisce al mondo completamente cambiato. Per chi ha voglia di brividi, ma anche di speranza e fiducia, è il romanzo perfetto per passare questa estate e sopravvivere a questo caldo.
Articolo di Silvia Sbaraglia
Sangue e limonata
Hap Collins e Leonard Pine, avremmo mai immaginato che c’è stato un tempo in cui non esisteva questa coppia? Eppure per i loro primi diciassette anni di vita sono cresciuti l’uno senza l’altro, Collins in una famiglia molto modesta, bianca (in un periodo in cui esserlo faceva la differenza), etero e democratico. Pine, nella stessa città, nero (e qui la differenza si subiva), omosessuale e conservatore. Eppure a causa di un combattimento clandestino (più o meno), pur così apparentemente diversi i due ragazzi si scoprono uguali. Hanno gli stessi principi e se fra loro si pigliano per il culo senza pietà, intanto danno vita ad un’amicizia che li porta a diventare grandi insieme, e a fare muro contro tutte le discriminazioni e le ingiustizie. Giustappunto questo ci racconta Lansdale, facendo rievocare ai due soci le innumerevoli avventure che li hanno visti coinvolti stringere sempre di più il legame fra loro. Un bel modo per conoscerli in situazioni diverse, quasi sempre guai comunque, anche prima che decidessero di cercarli per mestiere. L’ironia che ormai sappiamo essere il modo di Lansdale per sbeffeggiare quello che a quanto pare, continua ad essere un problema nella testa di troppa gente.Non solo in Texas.
Da Mosca all’Alto Adige o viceversa
Ancora un consiglio doppio, perchè siamo onesti, chi ama leggere ama anche variare genere trovare cose nuove e soprattutto avere tanti libri.
Il primo consiglio è un romanzo strano, la recensione la trovate su Mangialibri, se comunque avete letto e amato Bulgakov Gogol e arrivo ad accostargli anche Kafka perchè sono una donna esagerata, non fatevi scappare Il violista di Orlov. Una storia che va oltre il fantasy arriverei a definirlo onirico e visionario, la vita di un uomo con qualcosa in più (è per metà figlio di un demone) che però usa i poteri in modo del tutto diverso da come ci si aspetterebbe. A me è piaciuto davvero tanto, l’unica avvertenza è di non fissarvi sui nomi dei millemila personaggi che circondano Danilov, fra nomi cognomi patronimici soprannomi, potreste perdervi (a me fino ad un certo punto è successo).
Col secondo suggerimento torniamo in Italia, grave lacuna della sottoscritta che si era persa Luca D’Andrea, ho rimediato leggendo Il respiro del sangue, ottimo giallo con un protagonista, Tony Carcano, che ha una storia mediamente triste ma niente di troppo drammatico, che gli ha dato la spinta per diventare uno scrittore, che essendo cresciuto in quartiere difficile di Bolzano (avreste detto che anche lì ce n’è uno?), si è fatto crescere le palle ma senza bisogno di esporle, ha fatto maturare il suo senso dell’umorismo senza farlo diventare troppo invadente e dulcis in fundo, gira con un san bernardo da 110 kg. Racconta D’Andera di strane cose, di quella “magia” che spesso si trova in montagna, a cui troppo spesso si ispira la gente per fare delle realissime cose brutte.
Malvaldi – Ghammouri
Un corso di scrittura all’interno del carcere di Pisa e il buon vecchio Malvaldi, ti scova del talento in un uomo che da lì, non potrà uscire per molti anni, sta scontando la pena per un omicidio e conscio del peso di quanto commesso, ha messo a frutto il tempo, scrivendo un libro, Vengo dal sud oltre l’orizzonte (di cui lo stesso Malvaldi ha scritto la prefazione), e ha contribuito a questo nuovo romanzo. Fatta questa doverosa premessa passiamo a parlare di questa nuova fatica, Il vento in scatola (in libreria dal 9 maggio). Salim Salah, brillantemente laureato in economia, arriva dalla Tunisia in Italia e lo conosciamo come ispettore di volo ENAC. Un bel salto eh, non si capisce neanche quanto conveniente poi, cioè, facendo trading rischi anche di fare dei bei soldini – anche se a onor del vero, la finanza islamica si basa su principi un tantinello diversi da quelli che conosciamo, ma tant’è. Che poi a rifletterci, chissà se lo spiegassimo che so, all’Arabia saudita? Pensaci Malvaldi vah -Torniamo a bomba che se mi distraggo è finita, come diavolo è successo un cambiamento così radicale (che comprende peraltro anche un nome nuovo di zecca)? E niente, si vede che studiare Leonardo per il romanzo precedente, l’avete letto tutti vero? All’uomo di Vecchiano gli si sono lubrificate ulteriormente le già diaboliche cellule grige, perchè, state sulla fiducia fino a quando non lo avrete letto, ha messo insieme una trama micidiale. Un giallo (perchè noi lo sappiamo che è un giallo), senza morto e che si svolge all’interno di un carcere. Poi così, per inciso, il fatto che il nostro tenga o abbia tenuto, dei corsi di scrittura in carcere, fa pensare che la scelta della location non sia casuale e che sempre per le celluline di poirottiana memoria, abbia capito che quel che racconti sorridendo o facendo sorridere, sedimenta meglio nella testa e nel cuore. Se come mi capita spesso di dire, a qualche autore mi abbandono fiduciosa nella poesia che troverò, a qualche altro con la soddisfazione di lasciarmi stupire, a Malvaldi mi abbandono felice al rincoglionimento. Pascolo felice dalla prima all’ultima riga, capendo qualcosa qua e là, sapendo con certezza che il risultato finale mi lascerà satolla e soddisfatta. Esce stamattina ve l’ho detto, hop hop via in libreria
Una storia molto calda a Palm desert – Don Winslow
Mea culpa mea culpa mea culpa, nella pigna delle cose da leggere (che ormai ha raggiunto altezze vertiginose), stazionava già da qualche mese Don Winslow, Palm desert per la precisione, il terzo romanzo della serie dedicata a Neal Carey. Ora siccome non sono del tutto decerebrata, riconosco la grandezza di Winslow, la sua scrittura e l’approfondimento toccano vette altissime in molti romanzi, specialmente quelli sui narcos (trilogia di
Art Keller). Purtroppo è un argomento quello che io personalmente trovo noioso, o angosciante se volete, sta di fatto che non lo amo. Detto ciò, devo riconoscere la mia ignoranza e ammettere che, timorosa di trovare la stessa atmosfera, non avevo letto gli altri romanzi dell’autore e qui torno al mea culpa mea grandissima culpa. Mi sono divertita tantissimo, una scrittura che mi ha ricordato i miei amati autori tipo Malvaldi Savatteri o il deGio di Gelsomina per capirci. La storia nello specifico è parecchio surreale (come del resto il pregresso di Carey), il detective viene incaricato di ritrovare un arzillo vecchietto che è scomparso e riportarlo a casa, pare la cosa più semplice del mondo no? No, non se il vecchietto è un comico ebreo cercato (all’insaputa del povero Neal), da un suo vicino di casa tedesco, con cui evidentemente non corre esattamente buon sangue. Io per parte mia adesso provvederò ad acquistare i precedenti e perchè no, a conoscere gli altri personaggi. Voi che fate?
