
Edizioni Le Assassine continua nella sua costante e ascendente ricerca di autrici e romanzi, contemporanee e non, senza sbagliarne una. Nello specifico parliamo di un’autrice finalmente non nordica (mi perdonerete ma io di paesaggi banchi freddi e desolati, per quanto bellissimi mi sono un po’ stufata). Nella collana Oltreconfine, troviamo Scelte sbagliate di Susan Hernàndez, autrice Catalana ( di cui spero di trovare tradotti gli altri romanzi). Siamo oltre il noir siamo oltre il giallo psicologico. La storia relativamente e apparentemente semplice di due coppie o forse di quattro persone, due fratelli il cui nome nel piccolo centro della Catalogna dove vivono, è sinonimo di ricchezza di benessere di potere. Sono i Badia. Eredi del salumificio che sostiene quasi tutta l’economia del paese. Àxel è stato dichiarato affetto da un disturbo psicotico, dovuto all’abuso di alcol e droghe e dal quel momento praticamente ripudiato dal padre che sposta ogni aspettativa sul fratello più giovane Rai, accettando di tenere il figlio maggiore in azienda a fare qualcosa di poco impegnativo, togliendogli ogni responsabilità e buona parte dell’eredità. I due sono sposati con due amiche, super Carla, la donna perfetta, professionista affermata elegante sempre impeccabile, moglie e madre di Joel, ha “incastrato” Rai nel modo più banale, restando incinta, Àxel ha spostato Lisa, amica di super Carla. I due non hanno figli, per scelta di Lisa, e non sono riusciti a mantenere una vita normale se non benestante. La voglia di rivincita, di “vendetta” di rivalsa sulla vita fa sì che venga fatta la prima scelta sbagliata, e a volte il prezzo da pagare è altissimo.
Perché lo consiglio caldamente? Perché è scritto bene, tradotto bene, perché descrive un mondo che nonostante tutte le speranze di no, esiste. Perché Rai super Carla Àxel o Lisa, potremmo essere noi e Joel nostro figlio. Perché uscire dalla confort zone degli autori che conosciamo e amiamo è utile. Perché dovreste leggerlo? Perché sapete di potervi fidare di quello che consiglio (spero), se così non fosse non si capisce cosa facciate qui.







“La morte della vecchia però esclude che l’assassino sia lei stessa, non è più fra i sospettati”… “la sua morte non la scagiona nemmeno dall’essere l’assassina di sé stessa”. Il dialogo virgolettato è solo uno dei tanti che si svolgono fra i convenuti a casa della signora Maria Carrer, di anni 82 evidentemente deceduta per motivi naturali, che giace nella cassa – che come da titolo ha la particolarità di essere refrigerata e permettere di vedere il volto della defunta – in attesa dell’ultimo saluto nel salotto di casa sua. Il particolare che fra la ventina di presenti in attesa di entrare, ci sia solo un parente lontano, che peraltro la defunta non vedeva da anni, è la cosa meno surreale che Recami si è inventato nel mettere insieme questo quarto volume delle Commedie nere. Un compito non facile quello che si è dato lo scrittore fiorentino, i morti perlopiù ammazzati – e garantisco che non sono pochi – diventano leggeri come palloncini, volano via tranquilli senza lasciare nel lettore la benché minima pena. Ci sta, non per nulla sono commedie, ma il surrealismo delle storie e dei dialoghi, se la gioca alla pari con Whodehouse, con Oscar Wlide e Woody Allen. Credete che stia esagerando? No affatto, 
Un inverno particolarmente freddo, insolito a Napoli, permette a Mina (Gelsomina all’anagrafe), di camuffare ancora più del solito il suo esuberante e imbarazzante – per lei – Problema n° 2. Per chi non avesse letto il precedente – vergogna e 5 minuti in ginocchio sui ceci – l’assistente sociale, che viene da un quartiere bene ma lavora nel consultorio più scalcagnato di Napoli, nei Quartieri con quel che ne consegue, ha un fisico che inspiegabilmente resiste alla forza di gravità e al passare del tempo, nonché una quinta abbondante, il problema n° 2 appunto. Il fascinoso ginecologo che la affianca al consultorio DomenicoChiamamiMimmo, palesemente cotto di lei ma che Mina sappia fidanzatissimo, continua a turbarla, ma la turba molto di più la richiesta di aiuto di una madre che le si rivolge chiedendo aiuto. Nè Mina nè la donna sanno se e cosa sia possibile fare,qualcosa va fatto e Mina non esita a superare il turbamento e coinvolgerlo in qualunque cosa le venga in mente di fare per aiutare questa donna.
A volte tornano, a me per fortuna è tornata la voglia di leggere, dopo un periodo in cui non riuscivo a concentrarmi. Ve lo avevo messo nei consigli stando sulla fiducia di lettori con la L maiuscola, adesso la Tripaldi e i suoi Gli scomparsi – pubblicato da
Riccardino – Sellerio – lo trovate in due versioni, singola oppure con anche la prima versione, cambia solo la lingua (il vigatese inventato da Camilleri che si è evoluto nel corso degli anni). La soluzione che il maestro si è inventato per concludere la serie (pronto da anni), è effettivamente ottima anche se non nuova, ma evidentemente come ha funzionato nel passato, continua ad essere efficace. C’è nel romanzo la freschezza che ultimamente (mi perdonerete ma le opinioni sono personali), aveva un po’ lasciato il posto a una stanchezza – di autore e personaggio – per chi ha amato Montalbano assolutamente imperdibile, e per chi non lo conosce o non lo ama, l’occasione per dargli una chance, magari partendo dall’inizio.
Un Lansdale fuori dalla serie di Hap e Leo, uno di quelli che ti bevi come una bibita fresca sotto l’ombrellone. Anche in Una cadillac rosso fuoco – Einaudi – la scrittura del texano è sempre piacevole e scorrevole, le storie – questa non fa eccezione – sono più o meno leggere più o meno incasinate, non si sa mai dove andrà a parare. Non mancano, sia pure toccati da lontano, i temi cari a Lansdale e una velata denuncia sociale. Come sempre un autore che va letto.
Ultimo ma non meno accattivante romanzo da mettere in valigia o nel reader, è l’esordio di Alessia Tripaldi, Gli scomparsi – Rizzoli – un thriller psicologico che vede protagonista nientepopodimeno che un discendente del discusso Lombroso. Il focus si capisce che indirizza alle scomparse dei minori, a volte ritrovati a volte per sempre, partendo dal ritrovamento di un ragazzino e di un cadavere che lui indica come il padre. Ottimo lavoro e ottimo thriller.
Che alla fine chi segue il blog potrebbe anche dire: “ma possibile che non ti capiti mai una ciofeca in mano?” Capita capita, però faccio recensioni ormai da più di dieci anni, ho imparato a scindere quello che è il mio gusto personale da quello che un libro racconta, e se ci avete fatto caso, qualche volta mi è capitato di sconsigliare anziché consigliare.
Variazioni sul noir, così si intitola la raccolta di racconti di Massimo Carlotto pubblicata da