A DUE A DUE (FINCHÈ DIVENTAN DISPARI)

Fino a qualche tempo fa, come un po’ tutti quelli che tengono un blog, tendevo a recensire – consigliare, i libri appena usciti. Poi son capitata su dei gruppi nei social e ho scoperto che tanta, tantissima gente, vive i libri in maniera normale e non compulsiva, cioè li legge anche dopo ANNI. Sono rimasta un po’ così, però effettivamente, lo faccio anch’io (con l’esclusione dei miei autori del cuore e lo sono sia Cristina Cassar Scalia che Piergiorgio Pulixi, che ho letto appena usciti), quindi insomma, si parla di libri, poco per chi li ha letti, anche se un confronto fra lettori è sempre una buona cosa, di più per chi li leggerà, magari invogliato da qualcosa che scrivo. La banda dei carusi è la xesima (perdo i conti) storia di Vanina Guarrasi, è uscito a giugno, dopo che l’autrice ha voluto regalarci un viaggetto nel passato, quello in cui il vicequestore è arrivata da Palermo a Catania e si “presenta” alla squadra risolvendo il caso de Il re del gelato. Però torniamo ai carusi, sono i ragazzi(ni) uno di questi, per cui l’unica carriera possibile sembrava essere nella cupola delinquenziale, era riuscito a cambiare un destino che sembrava scritto e riscattarsi, con l’aiuto di don Rosario Limoli, che a San Cristoforo, quartiere difficile di Catania, è un punto di riferimento proprio per chi vuole togliersi dalla strada, per quei carusi che decidono di cambiare vita. Thomas era uno dei suoi ragazzi e viene trovato ucciso nell’unica spiaggia sabbiosa della città. L’imperativo, quello che va oltre il dovere, diventa prendere chi l’ha ucciso. È il desiderio di tutti i coinvolti, perché sanno che Vanina lo conosceva quel ragazzo, era un successo anche suo che non fosse più un delinquente nonostante la famiglia, che a dispetto del suo intorno vedesse un futuro pulito. Che La Cassar Scalia sappia scrivere è ormai assodato, calibra perfettamente le storie personali dei protagonisti e la trama gialla, ha una prosa immediata che inframmezza con espressioni frasi e parole in catanese, si è inventata le catanesate di Vanina, scorribande cultural popolari che la allontanano dal suo essere profondamente palermitana. Quello che mi preme dire è che, ovviamente a parere mio, questo è il migliore di tutta la serie, sia per la trama gialla, sia per le sottotrame. Forse per l’empatia che si sente più che negli altri, per il coinvolgimento più della squadra del medico legale del PM, dei coinvolti a vario titolo, reso perfettamente omogeneo, forse perchè i protagonisti sono poco più che bambini. Insomma, se è vero che le serie sarebbe meglio iniziarle dall’inizio, è altrettanto vero che leggendo questo e recuperando in seguito i precedenti, l’innamoramento per il vicequestore, è immediato e garantito.

Stella di mare, quella che garantiva ai marinai di mantenere la rotta, quella che è diventata una canzone meravigliosa di Lucio Dalla è anche Stella, una giovane donna di una bellezza straordinaria, un viso e un corpo che se fosse nata in una grande città, sarebbe stata reclutata da giornali e casa di moda che se la sarebbero contesa a suon di centinaia di migliaia di euro. Purtroppo Stella è nata a Cagliari e nello specifico a Sant’Elia, che corrisponde a un Quarto Oggiaro a uno Scampia (specifichiamo anche, nell’immaginario collettivo o nella narrazione giornalistica, chè nella realtà sono piene di persone per bene). Sua madre è tutto tranne una madre, suo padre è stato allontanato e ha un fratellino disabile. La sua roccia è la nonna, che io reputo un personaggio fondamentale nel computo totale del romanzo. Stella lo sa di essere bellissima, è anche una tosta, una a cui non si mettono i piedi in testa, ma non saprà mai se i suoi sogni sarebbero diventati realtà, perché qualcuno la uccide, brutalmente, con la ferocia dell’amore che diventa odio. Che le storie di Piergiorgio siano toste, ma toste vere, lo sa bene chi ne abbia letta anche solo una, ma anche lui , sempre per quano mi riguarda, qui si è superato. Se ne L’isola delle anime ci ha profondamente toccati con la descrizione di quella Sardegna dell’interno, di quelle antiche tradizioni che ancora oggi son vive, qui ci porta nella Cagliari moderna, in mezzo alla desolazione che viene da povertà droga e delinquenza che ne consegue. E qui torna in primo piano la nonna, Tzia Rosaria, che incarna la tradizione, i detti popolari, la saggezza antica che tace, che si affida ai proverbi, che subordina tutto al suo sentire volto a quella che per lei è giustizia. Pulixi lascia a briglia quasi sciolta tutti i personaggi, Croce Rais la Pontecorvo ma soprattutto Strega, si concentrano sul caso certo, e ribadisco che quanto riesce ad essere noir lui, pochi, ma cominciano a squarciarsi quei veli che in qualche modo li proteggono. Comincia a intravederei quadro che si materializzerà la visione completa e questo fa sì che leggerlo diventi quasi una dipendenza. E però, diciamolo, queste sono dipendenze belle, ma belle assai.

Tre passi per un delitto

Che alla fine chi segue il blog potrebbe anche dire: “ma possibile che non ti capiti mai una ciofeca in mano?” Capita capita, però faccio recensioni ormai da più di dieci anni, ho imparato a scindere quello che è il mio gusto personale da quello che un libro racconta, e se ci avete fatto caso, qualche volta mi è capitato di sconsigliare anziché consigliare.
Qui mi tocca dirvi andate a comprarlo alla velocità della luce, non vi perdete assolutamente questo esperimento perché sarebbe quello il vero delitto.
Un giallo “normale”, in realtà con il giusto colpo di scena, forse intuibile da quelli che fanno le gare ma non per chi si limita a leggere e godersi un romanzo perfetto. La cosa davvero fantastica è che non distingui quello che ha scritto uno da quello che ha scritto l’altro. Non so esattamente come l’abbiano studiata, certamente non come facevano i (per me) mitici F&L, nel senso che i “capitoli” sono tre, uno ciascuno e ogni autore da voce ad uno dei personaggi. L’armonia che sono riusciti a creare è qualcosa di simile a quello che può fare un grande direttore d’orchestra, ma i direttori sono tre e tre gli spartiti che rendono memorabile il pezzo.
Il protagonista è una carogna o forse no, alla fine sono convinta che in molti penseranno di assomigliargli, così come molte, ma senza dirlo, penseranno o vorrebbero avere l’aplomb della moglie.
Uno che si considera migliore di chiunque e non si fa scrupolo a dirlo e ribadirlo rivolgendosi anche e soprattutto al lettore. Figlio di nobili economicamente caduti in disgrazia a causa del gioco d’azzardo, decide di riscattare in qualche modo il nome che porta e riabbinare la nobiltà alla ricchezza. Per portare a compimento il progetto però sono necessari i soldi e dove trovarli se non sposandoli? Marco Valerio Guerra, è tanto abile da trovare la persona giusta da sposare, Anna Carla Santucci (che però si sente ed è a pieno titolo una Guerra), una tosta quanto e più di lui – perché le anime gemelle si annusano e si riconoscono – almeno fino a quando il marito, alla tenera età di settantun’anni, la chiama piangendo e chiedendole supporto morale per la fine di un amore. Ma è solo un attimo, tutto sommato decide la donna, se davvero ha bisogno di lei, può salire in macchina e raggiungerla.
La narrazione a tre voci è perfetta, del commissario Brandi, di Marco Valerio e Anna Carla. E scusate se mi ripeto, le tre versioni si armonizzano come strumenti musicali che non ti permettono di distinguerli fondendosi perfettamente. Tanto di cappello a De Cataldo de Giovanni e Casar Scalia (in rigoroso ordine di apparizione).

Cristina Cassar Scalia ci accompagna a La salita dei saponari

Oh, cosa volete che vi dica, io quando trovo un autore, in questo caso un’autrice, che regge al secondo romanzo e migliora al terzo, ho degli attimi di godimento. Mi rendo conto che ci sono fior di professionisti – direttori di collana editor correttori di bozze eccetera – che vivisezionano un romanzo prima che arrivi a noi, ma sono un po’ megalomane e quando dico che qualcuno farà strada e questo poi accade, eh bè, me la tiro, mi autoincenso e come dice un tizio in tv, mi stimo e mi incoraggio, ecco.
Sei giorni fa è tornata in libreria Cristina Cassar Scalia, e con lei ovviamente, Vanina Guarrasi vicequestore aggiunto alla Mobile di Catania, alla Omicidi per la precisione. Ma la sua sete di vendetta? Giustizia? Non è placata e quindi ha chiesto e ottenuto di partecipare ad un’operazione della Catturandi di Palermo, arresto a cui tra l’altro il mafioso latitante è riuscito a sfuggire. Potrebbe fermarsi ancora se solo lo volesse, per la gioia del suo ex collega Manzo, ma da Catania la avvisano che hanno un morto ammazzato e lei tutto sommato, Paolo incluso, non ha troppa voglia di restare a Palermo. Il morto che ha la doppia cittadinanza italiana e americana, ed è nato a Cuba, possiede una casa a La Salita dei saponari si rivela essere un bel personaggino (d’altra parte si sa, non è che le brave persone vengono ammazzate tutti i giorni) e il caso molto più complicato di quanto ci si potesse aspettare. La Scalia ha imparato dai migliori, oltre naturalmente ad avere talento (lo so mi ripeto, ma a chi lo ha, è d’obbligo riconoscerlo); la lezione che ha magnificamente incamerato è quella di equilibrare la trama gialla, che ovviamente non solo deve essere impeccabile, ma possibilmente essere anche intrigante e complessa, con l’evoluzione dei personaggi, non solo del/della protagonista, ma anche dei comprimari. Last but not least, cogliere dai lettori chi sono i personaggi più amati e dar loro sempre maggior spazio senza toglierlo agli altri. In questa coda di pandemia, dove i viaggi sono ancora un po’ penalizzati, reagalatevi un soggiorno sotto la Montagna, che con la sua imponenza e i suoi risvegli improvvisi, è una bellezza