Escludendo un titolo che ho letto l’altro ieri in cronaca, era da un pezzo che non c’erano rapine così eclatanti in città, nel cuore del quadrilatero. Parte tranquilla, oddio per quanto una rapina possa essere tranquilla, ma insomma, i commessi della gioielleria stanno collaborando e tutto va secondo i piani. Se non fosse che il proprietario, uno di quelli che più abitudinari non si può, mentre rientra dalla pausa caffè, nota qualcosa di strano dalla vetrina.L’attivazione dell’allarme e le sirene in arrivo, fanno sì che tutto si complichi e la rapina diventa una strage, automobilisti coinvolti, feriti morti. Insomma un disastro. Nel frattempo…
Il nostro Radeschi sta facendo uno “scambio” insieme al Danese (e se non vi ricordate chi è è solo perchè non avete letto i precedenti, vergogna). Uno scambio (non ho messo le virgolette a caso), che provocherà in lui una serie di pensieri che implicherebbero dei cambiamenti sostanziali nella sua vita, pensieri da alternare alla solita attività di hacker a supporto della polizia. Nel frattempo ricomincia anche a fare il boss della sua creatura, MilanoNera, lascia la casa alla cugina ninfomane e come sempre, gliene capitano di tutti i colori.
Roversi non delude, la scrittura è sempre piacevole, non troppo ricercata ma pulita, senza voli pindarici. A mio parere una certezza quando hai voglia di leggere un thriller che alterna momenti tosti con l’indagine vera e propria, quando hai voglia di un romanzo in cui ti accomodi e l’autore ti porta in giro fino alla meta, facendoti rilassare divertire e star bene. Non manca nemmeno una piccola parte di riflessione, su come ci si possa ingannare sulla gente, sugli amici su tutto, se ci si ferma solo all’apparenza, ma senza fare la morale a nessuno. Ancora una volta, bravo Roversi
Categoria: Antidoti
E finalmente torna Settembre (portandoci 12 rose)
Avete letto tutte le raccolte di Sellerio? Se sì (a meno che non siate fra quei disgraziati che saltano i racconti), avete già incontrato la dottoressa Settembre. Quarantaduenne assistente sociale nel centro storico di Napoli. Fra l’altro ex moglie di Claudio (lo ha lasciato lei per la cronaca) che di lavoro fa il magistrato, per cui, oggi per un motivo, domani per un altro, si incontrano spesso e se non c’è necessità reale, uno dei due la crea. La Nostra Mina, che all’anagrafe fa Gelsomina, è tornata dopo la separazione, a vivere con mamma Concetta. Ecco, perdonatemi ma io due o tre parole su questa donna le devo spendere. Credo che si posa definire una sorta di monito di Dio al mondo: “occhio che l’inferno esiste”. Un martello pneumatico in sedia a rotelle, preposta ad umiliare la figlia, che non dimentichiamolo ha commesso due errori, ha sposato il magistrato, che non è ricco, e poi si è anche separata. Il Concetta life style, prevede infatti che una donna non lavori e sposi un ricco che la mantenga. Mi taccio su come tratta le badanti, che secondo lei fanno quel lavoro solo perchè la Merlin ha chiuso le case a suo tempo. Ovviamente quel geniaccio di deGio ne ha fatto un personaggio diabolicamente divertente. Oltre alla mamma, Mina ha anche un problema fisico, piuttosto grosso, però non ve ne parlo, perchè se non l’avete ancora conosciuta è giusto che lo scopriate da soli. Sappiate che nel mazzo di rose che ci ha confezionato, l’autore ha messo anche, un ginecologo bello come Robert Redford, al punto che i trans, sostengono di avere la vaginite, un anziano portiere convinto, del tutto immotivatamente, di avere il fascino di Redford, ma che per Mina, o meglio per il suo problema, farebbe follie, le amiche pazzarielle che fra una nuova french manicure e un aperitivo, accettano allegramente di aiutare Settembre nel salvataggio della mamma e della ragazzina, per quanto possa essere pericoloso.
Potrei parlarvi del giallo, che stavolta tocca Mina molto da vicino, oppure del “caso” di cui si deve/vuole occupare come assistente sociale, che proprio privo di rischi non è, potrei raccontarvi delle 12 rose, ma no, non derogo alla regola, vi dico solo ordinatelo andate precipitatevi in libreria (ce lo trovate dal 29). Se poi avete ancora un po’ di magone per i saluti di luglio, Settembre, con un gran bel giallo e molte risate, vi risolleverà il morale, senza se e senza ma. A seguire (non so esattamente quando), la recensione vera su Mangialibri
Non è di maggio
Ho letto un romanzo che forse non vedrà mai la luce, e se così fosse, sarebbe un gran dispiacere, perchè confermerebbe che per l’editoria in Italia, c’è poca poca speranza, che l’apparenza vale sempre più della sostanza, che non è vero che quando si sbaglia basta scusarsi. Sarebbe anche la triste dimostrazione, che se sei nessuno ma ti pompano abbastanza, il mondo piccolo della letteratura, si schiererà dalla tua parte, indipendentemente dal tuo reale valore.
Quello di cui vi accenno è un romanzo che spazia nel tempo e nei luoghi, senza praticamente uscire dai pochi km quadrati che conta Procida.
Un romanzo di amori, finiti e spezzati dal destino o dall’incapacità umana, amori che vanno oltre l’umano, come quello di una madre per un figlio autistico. Amori incomprensibili che sono colla fra due anime perse in altri universi. Amori che si spostano da chi non c’è più a chi c’è ancora e capisce l’importanza di quell’amore senza parole.
Un romanzo di rancori che si trascinano per anni e come un seme o una croce piantata sulla sabbia, resistono e alla fine diventano altro, girano nell’universo attraversando muri che non vediamo, spostandosi nel tempo e nello spazio come dicevo prima, mescolando la magia e la realtà con quello che oggi sappiamo essere la fisica quantistica, cosa di cui ai tempi di Marquez (che per inciso ha “inventato” il realismo magico) non si conosceva. Bambini indaco e autistici con i loro mondi che sono altro da noi, ma non per questo sono meno reali.
Non so se ci siano addetti ai lavori fra i frequentatori di questo blog, non so se qualcuno avrà il coraggio di tirare fuori le palle e decidere di pubblicarlo, il rischio è che un tot di Nomi, non li faccio perchè sono pur sempre una signora, facciano fronte compatto, in nome di qualcosa che serve solo a fare rumore, a ricordare al mondo che esisti e una volta hai scritto una cosa bella, tentando di far dimenticare che poi l’impresa non ti è più riuscita. Se l’autore mi dirà che posso scrivere chi è, lo farò, o può palesarsi tranquillamente, qui o sulla pagina Fb o su tw. Io ve l’ho detto, spero davvero che per una volta il buonsenso abbia la meglio, che un bel romanzo, davvero molto bello, possa essere goduto dai lettori, indipendentemente dalle cazzate che può aver fatto chi l’ha scritto. Chiudo ricordandovi che Cesare Battisti (il delinquente) è pubblicato da Feltrinelli.
Patrizia De Bicke
Pubblicato la prima volta nel 2008, viene riproposto da Tea dopo 11 anni,questo romanzo di Patrizia Debicke Van der Noot. Come in altri Romanzi la Debicke si diverte a fare della Storia, una storia, in questo caso raccontando le vicende di Giovanni de Medici, richiamato a Firenze (che fra l’altro è la città natale dell’autrice) dal Cardinale Federico per aiutarlo nella conduzione del Granducato, dopo la morte di Francesco I. La famiglia de Medici di materiale agli scrittori e agli appassionati, ne ha fornito a iosa e la signora ha attinto a piene mani, restituendoci ambientazioni che possiamo solo immaginare, abiti ritratti e descrizioni che calano il lettore dentro un periodo storico denso di intrighi, di macchinazioni ma soprattutto in cui la morale era decisamente diversa da quella a cui siamo abituati. La Debicke unisce la sua fantasia e la sua conoscenza, lo studio e l’amore per la Storia, coniugandole in romanzi che sono avvincenti e piacevoli, letture per tutte le stagioni. Se vi era sfuggito a suo tempo, beh, io non perderei l’occasione di rimediare.
E usiamo anche la categoria – I sassolini nella scarpa
Probabilmente mi perderò un tot di gente che legge quel che scrivo relativamente ai libri, spero di no, perchè sarebbe una sconfitta. Non a livello di like che tanto non ci sono lo stesso, ma personale, perchè vorrebbe dire che ho sbagliato a valutare chi mi segue, come persone intelligenti e che sanno andare oltre. Non stupitevi della precisazione, in due (vabbè, di due mi sono accorta, sia pure in ritardo), mi hanno bannata per le mie esternazioni “politiche”. una cosa che secondo me, neanche all’asilo mariuccia. Transeat. Sto seguendo la diretta dal senato. Tanto di cappello alla Casellati, poche volte ho visto trattare così fermamente tutti, senza mai perdere la cortesia. Mi dispiace molto che Conte vada a rimettere le sue dimissioni, è stato (e spero possa cambiare idea), uno dei pochi presidenti del consiglio che ha agito, almeno per quello che abbiamo potuto vedere, correttamente e rispettosamente, certo, a mio avviso, il palliatone pubblico a Salvini se lo poteva risparmiare, così come si poteva risparmiare, sempre secondo me, di prendersi tutto il merito per aver evitato le procedure d’infrazione e di quelle poche altre cose (definitive e non salvo intese), che sono state fatte. Se, e qui entriamo proprio solo nell’opinione, i ministri dei 5stelle, avessero lavorato un pochino meglio, avremmo accordi sicuri, parlo di Toninelli Di Maio e Trenta, anzichè accordi che salteranno per mancata intesa.
Vabbè, nel complesso però non ho di che lamentarmi troppo. Passiamo a Salvini, se ce la fate a mettere da parte le cazzate, tipo il cuore immacolato o le braccia allargate a fare il bersaglio e la parte comizio, ha detto molto francamente che ha aperto la crisi perchè si è rotto i coglioni. Di dover combattere per ogni quisquilia per ogni cosa media e non parliamo delle cose grosse. Si è rotto i coglioni di essere insultato (e a onor del vero lui non ha insultato nessuno). Ho perso gran parte dell’intervento di Renzi, la diretta fb andava e veniva e sono arrivata a casa solo per l’ultima parte, mi è sembrato anche quello un comizio elettorale, ma siccome mi è antipatico (non lo reggo), mi astengo. Non so cosa deciderà Mattarella, ovviamente, aspetto come tutti. Aspetterò esternando il meno possibile perchè non sopporto più le tifoserie da stadio, da ultrà. Non ne posso più di gente che non sa discutere senza posizioni estreme. Non so cosa accadrà, ma certamente auspico qualcosa che sappia riportare prima ancora della stabilità, prima ancora di tutto, al dialogo, inteso come confronto civile, senza bisogno di insulti e possibilmente con qualche idea che possa essere attuata. Ecco, i sassi li ho tolti, non tutti, ma sono troppi e rischierei di sbugiardare tutto quello che ho scritto e a cui cerco di attenermi.
Solo un’altra considerazione su cose dell’ultimo minuto. Vorrei rassicurare tutti che il Mimmo Lucano ha fior di avvocati che provvederanno se non lo hanno già fatto e non c’è una sola ragione al mondo per cui venga negato, a chiedere che possa andare da suo padre.
Nel caso ve lo stiate chiedendo, sì sono una che adesso è di destra (facciamo centro destra), che quando, ragazzina ben lontana dal poter votare, andò ad ascoltare Alessandro Natta, ve lo ricordate? Pianse. Piansi perchè capii che il comunismo, quello che avevo respirato in casa fin dalla culla, quello che si fondeva col socialismo ma sempre nell’interesse del popolo. La notte del sorpasso ero davanti alla tv, come tutti quelli di sinistra, che ormai di comunisti ce n’erano pochi e anche lì ho pianto, perchè pensavo che fosse la volta buona. Adesso voto Salvini, vedete voi come mi ha ridotto il PD. Ah, se siete arrivati fino a qui, magari vi interessa sapere che non sono razzista, non sono omofoba, non sono forcaiola e non sono neanche un po’ fascita.
La ragazza e la notte – Peccato Mortale (continuano spot i consigli brevi)
Era un po’ che non leggevo Musso, mi è sempre piaciuto quel tanto di soprannaturale che mette nei romanzi. Sorpresa sorpresa (almeno per me), questa volta ha scritto un giallo che è proprio solo un giallo, fra l’altro in cui la trama regge perfettamente. Un delitto vecchio di venticinque anni, per il quale il colpevole viene ricattato. Parrebbe una partenza banale e invece fra colpi di scena altri delitti di cui non si sapeva nulla ma sono collegati, colpevoli che in realtà forse non lo sono e innocenti che ne han fatte più di Carlo in Francia, ti tiene lì, curioso di capire cosa cavolo sia effettivamente successo in quella notte di tempesta. Che poi, ma vi verrebbe mai in mente di collegare la Costa Azzurra ad una bufera (o quasi) di neve, freddo e pioggia? A me no. Insomma, leggetevillo perchè è quel che ci vuole in spiaggia o in piscina, per un pomeriggio di tranquillo relax (poi nel caso mi dite come funziona sta cosa della tensione che rilassa).
Tutto un altro discorso invece per chi decidesse (con un po’ di ritardo sull’uscita, ma è bello anche così), di leggere Peccato mortale di Carlo Lucarelli, qui si entra in un posto brutto, in quell’Italia che viene invasa dai tedeschi dopo che Badoglio ha firmato l’armistizio, quando non ci sono più alleati e tutti sono nemici di tutti. Ma questo è solo il contorno, la storia vera è incentrata su un’indagine del commissario De Luca. Un’indagine spostata all’indietro nel tempo, pregressa rispetto ai romanzi precedenti, oltre che sul caso delittuoso, è un piccolo faro che si accende su De Luca stesso, sulle sue dinamiche di pensiero e sulle circostanze della sua vita. Un personaggio particolare, abbastanza indifferente alla politica, si adegua a quello che accade a volte navigando sull’onda a volte andando pericolosamente vicino a farsi male. Io sono un poliziotto, fascismo o no io devo fare il mio lavoro, costi quel che costi. Molto piacevole, anche per chi come me (e come Teresa Batista), è stanca di guerra.
La straniera
“Claudia Durastanti per me è e continua a essere una sorpresa”. Da questa frase, di Angelo Guglielmi, la mia attenzione per questo libro rosso, con una donna appoggiata con la testa al muro, si è trasformata in acceso interesse.
La storia inizia col racconto dell’incontro dei suoi genitori. Genitori un po’ anomali, sia per carattere, soprattutto perchè sono sordi. È così che la Durastanti ci introduce nella sua vita, raccontandoci e facendoci capire cosa significhi essere un CODA (in inglese child of deaf adult) e di come il dialogo non cambi solo per i mezzi utilizzati, ma anche, e soprattutto per la dimensione vitale, differente in ogni più piccola parte. A questa situazione, già precaria di per sé, si aggiunge la condizione di povertà in cui la famiglia vive. Condizione affrontata con un peso quasi nullo da una madre che fa delle folli spese la gioia della sua giornata. Poi c’è il distacco dall’Italia, la migrazione (sia pur temporanea e relativamente breve ), per Claudia infatti, a differenza di quanto accade normalmente, l’America diventa il posto da rimpiangere, quello dove si sono lasciati gli affetti.E’ tra un racconto e un altro, tra una stravaganza e un’altra, che si snoda la vita della scrittrice: un’infanzia irregolare e incerta in ogni dettaglio, un’adolescenza in solitudine, per approdare infine, prima a Roma per gli studi universitari e poi a Londra, dove scoprirà che la parola straniero non è brutta come aveva sempre creduto, specialmente se non viene imposta. È quindi un romanzo autobiografico, ma le capacità espressive della Durastanti fanno sì che il libro possa essere considerato almeno in parte, un saggio. Questo perché affronta tematiche sociali e lo fa senza essere didascalica, portandoci con leggerezza nella sua vita. La prima di queste tematiche è senza dubbio quella della disabilità. Costretta conviverci fin dalla tenera età, la scrittrice analizza come lo Stato e la società stessa si rapportano ad un problema spesso ignorato. A questo si intreccia il linguaggio nella sua interezza, che collega l’altro tema del romanzo ossia la migrazione. “La straniera” è un romanzo che ha tutto: le stravaganze l’avventura e la riflessione. La sua scrittura sa trasmetterti ogni sentimento e ogni critica con leggerezza, senza sforzo. Quello che in qualche punto risulta farraginoso, è dovuto solo alla sua voglia di raccontarsi. Anche quando vorresti fermarti, per stanchezza o doveri, non riesci ad abbandonarne la lettura. Ti chiama, come il pifferaio magico con i topini. Ti strappa risate, lacrime e riflessione.
Lo consiglio a chi ha voglia di perdersi, a chi ha voglia di essere rapito dalle parole.
Articolo di Silvia Sbaraglia
Con Le colpe della notte, diamo il benvenuto anche a Silvia Sbaraglia
Ad essere onesta le aspettative per questo romanzo erano tutt’altro che alte. È però bastata la lettura del primo capitolo a farmi ricredere. Lanzetta per me è stata una rivelazione, come autore e come genere, essendo io poco amante del thriller.
Cristian è un adolescente con un’ossessione per i videogiochi e la vita in rete, ossessione che spesso è causa di litigi con il padre, un commissario di polizia. Proprio dopo un litigio particolarmente furioso, l’uomo compie qualcosa di devastante. Al suo rientro in casa, Cristian si trova davanti ad una scena sconvolgente. I suoi genitori morti in seguito ad un omicidio suicidio. Il ragazzo, comprensibilmente preda di attacchi di panico, viene inviato in una casa famiglia a Castellaccio, gestita da Flavio, uno psichiatra specializzato nel lavoro con i ragazzi. Nell’ambiente “protetto” in Cilento, Cristian impara cos’è l’amicizia, e come si possano creare legami forti con persone sconosciute. Con loro capirà cosa voglia dire non sentirsi fuori luogo, troppo diverso per essere accettato e di come sia possibile vivere una vita fuori dal mondo di internet, lontano da uno schermo che filtri il suo vero essere. Con loro che si immergerà nell’irrisolto, troverà la sconvolgente verità sulla morte dei genitori e sarà coinvolto in un caso di scomparsa che nonostante gli anni pesa ancora sugli animi di tutti. Un caso che vede coinvolto Flavio e i suoi due amici, Damiano e Stefano.
Lanzetta intreccia rendendole un unicum, due storie già singolarmente intricate e allo stesso tempo intrecciate tra di loro. Le colpe della notte è, inaspettatamente, il terzo volume di una trilogia (al link gli altri titoli). Non ci si accorge di questa “dipendenza” perché l’autore riesce a mostrare chiaramente il passato dei tre amici di Castellaccio, Flavio, Damiano e Stefano, palesandoci anche il vecchio caso, che riesce a integrare perfettamente con la nuova vicenda, quella di Cristian e dei suoi, di amici, creando anche una certa simmetria con il passato. Il tutto dando solo qualche indizio sulle vicende passate che invogliano ma non obbligano il lettore, a leggere i romanzi precedenti. La capacità di Antonio Lanzetta è proprio questa: ti sa dare e togliere, senza lasciarti mai con l’amaro in bocca.
Tra flash-back, colpi di scena, immedesimazione, feeling con i personaggi, descrizioni da brividi e un alto tasso di adrenalina, ti rapisce e ti restituisce al mondo completamente cambiato. Per chi ha voglia di brividi, ma anche di speranza e fiducia, è il romanzo perfetto per passare questa estate e sopravvivere a questo caldo.
Articolo di Silvia Sbaraglia
Echi del silenzio – Tornano Le assassine a portarci in giro per il mondo
Le Assassine continuano a portarci cose nuove da leggere, e dicendo nuove intendo autrici che normalmente non troviamo in vetrina nelle librerie fra i best sellers (cosa che naturalmente ci auguriamo per questa casa editrice). L’autrice di Echi del silenzio, Chuan Guat Eng è malese di origine cinese così come lo è la protagonista del suo romanzo. Possiamo definirlo giallo o meglio crime story, solo per il fatto che vi si narra di due omicidi, ma in realtà è molto di più. Una saga familiare in piena regola, che però suona del tutto nuova a chi non abbia familiarità con una cultura che sia pur miscelata con quella europea, è lontanissima dalla nostra. Una storia lunga quasi una vita, che coinvolge la protagonista portandola a scoprire legami familiari che mai avrebbe potuto immaginare, amori, lealtà incomprensibili ai più. Un vecchio omicidio che forse è legato ad un uno più recente, sospetti che modificano le prospettive di vita. Una scrittura che definirei classica, che fa quasi pensare più che ad un romanzo, ad una biografia familiare, una saga che parte da lontano, attraversa gli anni della guerra, dell’invasione giapponese fino a tempi più recenti, ricordi e racconti intrecciati sull’onda di cercare la soluzione di quel mistero doppio. Non è un libro da leggere per rilassarsi (oddio dipende poi sempre da come vi rilassate), è un romanzo che richiede tempo per essere assaporato, non vi sarà salire l’adrenalina, ma con qualche sapiente parola o idea lasciata cadere qua e là, riaccende la suspense al momento giusto. Cosa rara, o almeno a me è capitato di rado, per la soluzione, bisogna arrivare proprio alla fine. Buona lettura
Sangue e limonata
Hap Collins e Leonard Pine, avremmo mai immaginato che c’è stato un tempo in cui non esisteva questa coppia? Eppure per i loro primi diciassette anni di vita sono cresciuti l’uno senza l’altro, Collins in una famiglia molto modesta, bianca (in un periodo in cui esserlo faceva la differenza), etero e democratico. Pine, nella stessa città, nero (e qui la differenza si subiva), omosessuale e conservatore. Eppure a causa di un combattimento clandestino (più o meno), pur così apparentemente diversi i due ragazzi si scoprono uguali. Hanno gli stessi principi e se fra loro si pigliano per il culo senza pietà, intanto danno vita ad un’amicizia che li porta a diventare grandi insieme, e a fare muro contro tutte le discriminazioni e le ingiustizie. Giustappunto questo ci racconta Lansdale, facendo rievocare ai due soci le innumerevoli avventure che li hanno visti coinvolti stringere sempre di più il legame fra loro. Un bel modo per conoscerli in situazioni diverse, quasi sempre guai comunque, anche prima che decidessero di cercarli per mestiere. L’ironia che ormai sappiamo essere il modo di Lansdale per sbeffeggiare quello che a quanto pare, continua ad essere un problema nella testa di troppa gente.Non solo in Texas.
