LA CATTIVA STRADA

Paola Barbato, scrittrice di thriller e romanzi per ragazzi e sceneggiatrice di fumetti – tra i quali è doveroso ricordare il mitico Dylan Dog -, è tornata in libreria quest’estate con il suo nuovo romanzo La cattiva strada.

Chi legge le sue opere dall’esordio sa che ci troviamo davanti una scrittrice che sorprende sempre, sia nei romanzi che nei graphic novel, perché le sue trame sono sempre originali e con finali mai banali e scontati. Pensiamo ad esempio a uno dei primissimi libri di Paola, ‘Il filo rosso’, in cui l’autrice utilizza un punto di vista inusuale nella maggior parte dei libri che leggiamo, ovvero quello dell’assassino. Oppure, in tempi più recenti, la graphic novel in 4 volumi ’10 ottobre’, in cui viene immaginato un mondo fatto di persone con una vera e propria ‘data di scadenza’. Oltrepassata quella moriranno. O ancora un’altra graphic novel recente, scritta con il compagno Bussola e disegnata dallo stesso Bussola in collaborazione con l’amico Pilliu, ovvero ‘Bacteria’ in cui si immagina la nascita di quattro bambini portatori sani di alcune tra le più mortali malattie al fine di portare morte in territori nemici.

E anche con La cattiva strada non si è smentita regalando al lettore una storia claustrofobica e adrenalinica come lei sa fare ma con due particolarità: l’ambientazione esclusiva in autostrada, lungo la A1 e una storia narrata secondo due punti di vista che sembrano due poli opposti ma che alla fine la stessa storia raccontano.

Protagonista di questa vicenda è Giouscia Gambelli, un ragazzo trentenne che non è mai maturato del tutto. Non chiede nulla dalla vita, non ha mire particolarmente ambiziose per il suo futuro ma tutto sommato è contento perché è un bravo corriere, anche se non sa esattamente di cosa. Lavora per un privato che gli commissiona dei trasporti notturni con il suo furgoncino con l’ordine di non guardare mai all’interno dei pacchi che trasporta. E lui lo fa, stando ben attento a non essere mai alterato dall’alcool, rispettando i limiti di velocità, cercando di non farsi notare. Solo qualche piccolo strappo alla regola: fa delle tappe negli autogrill lungo il percorso dove ha stretto una sorta di amicizia con alcune persone che ci lavorano.

Ma una notte le cose non vanno come dovrebbero andare. Dalla scatola che sta trasportando esce del liquido, la scatola è rovinata e bagnata e quindi decide di sostituirla. Ma per farlo deve vedere il contenuto. E da li iniziano i guai. Ma non solo per lui ma anche per le persone che loro malgrado vengono coinvolte in questa rocambolesca avventura. Giosciua capisce di essere diventato un testimone scomodo e soprattutto si accorge che chi lo ha ingaggiato è li vicino pronto ad eliminarlo e l’unica cosa che può fare è fuggire ma forse il luogo più sicuro è proprio l’autostrada che sta percorrendo…

Autostrada che ho percorso pure io andando quest’estate in vacanza dove ho potuto vedere gli autogrill menzionati nel libro e rendermi conto che determinate situazioni, in particolari orari, che durante la lettura mi sembravano piuttosto irrealistiche sono invece assolutamente possibili. Non voglio spoilerare ma provate a pensare di attraversare a piedi di notte un’autostrada come la A1! Ecco, percorrendo proprio quel pezzo sono stata presa da alcuni brividi interni rivivendo la scena letta pochi giorni prima.

La cattiva strada è sicuramente un thriller ad alta tensione, con personaggi ottimamente delineati, che acquistano spessore man mano che procediamo con la lettura e con un finale a dir poco sorprendente. Ma è anche un romanzo di crescita personale, un passaggio dall’innocenza alla responsabilità, al rendersi conto come un’azione che commettiamo possa incidere sulla vita di altre persone. E di come il male sia ovunque, anche dove mai potremo immaginare.

Gli ultimi giorni di luce di Billie Scott

“Molte persone usano l’arte come un rifugio. Se trasformi una cosa che ti ferisce in qualcosa di bello che gli altri possono capire, non stai aiutando solo te stesso, ma anche gli altri. Non hai bisogno che ti dica quanto è crudele il mondo. E quanto può essere avvilente la vita di tutti i giorni. Ma se tu, attraversandolo e creando qualcosa di nuovo, non importano le circostanze…aggiungi alla realtà qualcosa che prima non c’era… Questo è incredibile!

Quale è la tua paura più grande? Sicuramente la mia, fra le tante ovviamente, è quella di perdere la vista.

E’ proprio ciò che succede alla protagonista di questo nuovo graphic novel edito da Feltrinelli Comics ‘Gli ultimi giorni di luce di Billie Scott’ , opera prima della fumettista britannica Zoe Thorogood.

Ma andiamo con ordine. Billie Scott è una pittrice solitaria -ha chiuso con amici e famigliari – e vive barricata in una stanza, dedita esclusivamente alla pittura. Un giorno le arriva una lettera in cui una galleria le comunica di essere stata selezionata per una mostra personale dove potrà esporre dieci dipinti. E’ finalmente arrivato il suo momento! E quindi decide di uscire di casa per trarre ispirazione ma ecco che il destino le si mette contro: subisce un’aggressione e nel giro di pochi giorni scopre che è destinata a rimanere cieca entro due settimane.

Da qui prendono il via tutta una serie di avvenimenti che porteranno Billie in giro per Londra alla ricerca di dieci soggetti da ritrarre. Incontrerà molti personaggi durante questo viaggio che le apriranno gli occhi come non mai. Si tratta di molte persone alla deriva ma dotati di tanto ottimismo e forza di volontà che le insegneranno a non arrendersi mai. Tra i vari personaggi che Billie incontra nel suo viaggio spiccano su tutti Iris e Rachel, due ragazze conosciute in momenti diversi e che segneranno profondamente la sua vita.

Per quanto riguarda la parte grafica il graphic novel ha un disegno pulito, reale, riempito di colori caldi e freddi a tratti vivi a tratti spenti ma che creano uno sfondo ideale ad apprezzare ancor di più la trama.

“Dentro ciascuno di noi c’è una mappa, complessa e incompleta di quello che siamo, eravamo e saremo. Questo viaggio assurdo ci accomuna tutti , così rendiamocelo più facile gli uni con gli altri”

PRATO ALL’INGLESE

Frédéric Dard è noto ai più per la famosa serie del commissario Sanantonio – 184 volumi – con cui raggiunse il successo ma dagli anni ’40, scrisse più di 300 romanzi tra serie e fuoriserie, alcuni dei veri e propri gioielli noir, che Rizzoli sta proponendo nella collana NeroRizzoli. In Prato all’inglese Jean-Marie Valaise, un rappresentante di calcolatori in vacanza a Juan les Pins si imbatte a causa di uno strano
equivoco in Marjorie Faulks, una donna inglese all’apparenza piuttosto triste. Pure lei è in vacanza da sola e complici il senso di libertà, i bicchieri di champagne e l’inevitabile fascino della Costa Azzurra in cui tutto sembra poter accadere, si invaghiscono l’una dell’altra. Tutto in una notte, perché Marjorie deve ripartire il giorno dopo; si lasciano con la promessa di scriversi. Un paio di giorni e Jean-Marie riceve in albergo una lettera appassionata con cui Marjorie lo invita a raggiungerla senza indugi a Edimburgo, cosa che lui decide di fare partendo immediatamente, spinto anche dalla sua ex, forse, Nicole che lo ha inaspettatamente raggiunto. Arrivato fortunosamente, a causa di uno sciopero non previsto, nella capitale scozzese, la donna che sognava lo stesse aspettando, sembra non essere mai esistita, non si presenta all’appuntamento e sembra non essere in nessun albergo bed & breakfast o casa privata. Valaise non capisce o non vuole credere a quello che sta vivendo e si ritrova in situazioni via via più allucinanti, fino ad entrare in un incubo e scoprire di essere parte di un piano a dir poco machiavellico. Anche in questo romanzo, come i precedenti pubblicati da Rizzoli (Il montacarichiI bastardi vanno all’infernoGli scellerati) l’autore basa
la storia su uno schema ben preciso e principalmente su due personaggi ottimamente caratterizzati, creando un intreccio surreale e folle ma che
alla fine ha una logica più che reale.
Un noir molto scorrevole, arricchito dalle ottime descrizioni paesaggistiche che trasportano il lettore, ci si ritrova a passare dal sole e la spensieratezza quasi irreale della Costa Azzurra al freddo e piovoso clima scozzese, girovagando insieme al protagonista dal centro alla periferia di Edimburgo, in un gioco sempre più folle.
Lo consiglio sicuramente ai lettori di Georges Simenon e di Artur Conan Doyle da cui l’autore sembra aver trovato ispirazione per la realizzazione dei
contesti e per la caratterizzazione dei personaggi investigativi.

“Dal pudore che aveva, si intuiva la profondità del suo dolore. La vera disperazione non ha il coraggio di esprimersi. Chi si confida dimostra di avere ancora qualche riserva di energia. Mentre Marjorie era arrivata al capolinea. Ero entrato nella sua esistenza….”


ANATOMIA DI UNO SCANDALO

Uscito nel 2018 ‘Anatomia di uno scandalo’ di Sarah Vaughan torna nelle librerie con una nuova copertina in omaggio all’omonima serie tv tratta dal romanzo con protagonisti Sienna Miller, Rupert Friend, Naomi Scott e Michelle Dockery. Serie tv che tutto sommato è piuttosto fedele al romanzo, a parte qualche piccolo stravolgimento sicuramente operato per dare più suspense alla storia.

Ci troviamo a Londra. James Whitehouse, uomo di potere, attraente, di buona famiglia, sposato con figli viene accusato di violenza sessuale da una sua assistente, Olivia Lytton. La moglie Sophie è convinta della sua innocenza e decide di stargli accanto anche se, pian piano inizia a vacillare, complice l’abile lavoro di Kate Woodcroft, avvocato dell’accusa. Ma c’è un passato in grado di spiegare molte cose e quindi, tramite dei flashback, le vicende si spostano ad Oxford, ai tempi dell’università dove James e Sophie si sono conosciuti, alle vicende che li hanno visti coinvolti, ai segreti da custodire, alle persone conosciute e dimenticate.

Ho letto prima il libro e poi curiosa di vedere come alcune vicende e soprattutto alcune emozioni fossero state trasportate sul piccolo schermo, ho deciso di vedere la miniserie prodotta da Netflix.

Perché l’argomento è veramente scottante.

E porta a riflessioni anche molto profonde. Lo stupro. Quando può essere veramente definito tale? La fiducia. Fino a dove arriva la fiducia nel partner, ancora di più se accusato di un terribile crimine? Il tradimento. Per quale motivo siamo disposti o meno ad accettarlo?

Queste sono solo alcune delle domande che mi facevo mentre leggevo il libro perché in realtà si viene attirati nella psicologia dei personaggi come non troppo spesso accade e le domande si sommano una su l’altra. E da non sottovalutare inoltre quella che è una vera e propria denuncia dei privilegi di chi ha potere, del comportamento della società e delle istituzioni di fronte a certe eventi.

BEDELIA

‘Vi innamorerete di una stronza’ ci avvisa Leo Ortolani in quarta di copertina del suo graphic novel ‘Bedelia’ pubblicato da Bao Publishing.

E si, Bedelia è un personaggio che se inizialmente appare particolarmente odioso forse perché ricorda chi nella vita ci ha fatto soffrire poi invece ti accorgi che ti entra dentro, non te ne vuoi separare finito di leggere questo ‘romanzo a fumetti’ , come lo definisce l’autore, e ci si rimugina su, si parteggia per lei, si pensa a quali altri finali fossero possibili. Bedelia fa la modella, è una modella, il suo corpo – poco – coperto dalla lingerie Segreti, è su tutti i cartelloni pubblicitari della città. Il corpo di una dea con praticamente tutto il mondo, in particolare modo la parte maschile, ai suoi piedi. E’ egoista ed egocentrica, non si cura degli altri, è totalmente insensibile ai rapporti umani, compresi quelli con la madre e l’ex fidanzato. Ma il giorno in cui gli anche gli dei vengono tirati giù dal piedistallo è sempre arrivato e Bedelia non fa eccezione: Segreti ha deciso di sostituirla con una nuova modella, bellissima ma soprattutto molto più giovane, dell’età che aveva lei quando intraprese la carriera. Affiancata da un nuovo angelo custode, Gaudio, vediamo Bedelia cercare di combattere contro questa scelta ma soprattutto assistiamo al suo lento cambiamento, fino a capire quale sia la sua sorprendente ma forse inevitabile scelta. Non vi voglio raccontare molto di più di questo perché nel romanzo a fumetti ci sono delle piccole particolarità che è veramente un piacere scoprire leggendolo e osservando i disegni, in particolar modo i rapporti personali di Bedelia con la madre e con Aldo, l’ex fidanzato, già protagonista di ‘Venerdi 12’, un altro graphic novel dello stesso autore. Leo Ortolani ci regala una storia dai disegni tipici a cui ci ha abituati, questi volti disegnati in modo da assomigliare a musi di scimmia dagli occhi particolarmente espressivi, senza mai far mancare il suo consolidato tratto umoristico, che permette dei piccoli stacchi quando la storia sembra prendere una piega troppo seria.

Un romanzo a fumetti divertente ed intrigante con un pizzico di malinconia.

LA SVEDESE

“Sulla strada non c’era più il ferreo controllo di una volta, quando quelli della Magliana s’erano presi Roma. Non erano più i tempi di Romanzo criminale.
Ora tutti facevano un po’ come gli pareva, bastava non pestarsi i piedi. Bastava sapersi muovere un po’ in rete e si potevano comprare barili di «Gina»
e tirarci su dei bei soldini”.

Sono passati vent’anni dall’uscita di ‘Romanzo Criminale’ di Giancarlo De Cataldo e tante cose sono cambiate, soprattutto in ambito tecnologico, e così come tutti noi, anche la malavita romana e non, si è adeguata a questa evoluzione.

Sharon (che ha optato per un più esotico Sharo) è una ragazza giovane, ha solo ventitré anni, vive nella periferia romana con la madre invalida, – il padre è morto – e si accontenta di vari lavoretti, tutti onesti, per sopravvivere, e
cercare di rendere la vita della madre meno dura e per quanto
possibile, accantonare un po’ di soldi per riuscire a scappare al più presto da quella periferia che le va stretta per avere, pur senza pretese
esagerate, quello che si merita.
E l’occasione le si presenta una sera quando, a causa di un incidente col monopattino, scopre che il suo fidanzato fa il pusher e per non lasciarlo nei guai, porta a termine la consegna che avrebbe dovuto fare lui e si imbatte in un aristocratico annoiato che affascinandola e in qualche modo prendendola sotto la sua protezione, scardina i suoi principi e passo dopo passo la trascina in qualcosa che non aveva preventivato, fino a far sparire Sharo e creare ‘la svedese’. Una criminale che le cupole vogliono morta.

Ambientato nel periodo di inizio pandemia il nuovo romanzo di De Cataldo si concentra sulla lotta tra le bande per avere il monopolio dello spaccio entrando nel tessuto sociale e culturale che in ambito criminale unisce la periferia al centro della capitale. Non sono solo le bande romane a contendersi il potere. Ci sono le ‘ndrine calabresi e gli albanesi, ognuna con diverse culture, usanze e tradizioni, che De Cataldo sottolinea con l’uso sapiente dei dialoghi dialettali e i tanti modi di dire, in primis il romanesco.

Una delle figure più interessanti è quella del Principe, questo aristocratico più vecchio di Sharo, ricco, raffinato, colto e spregiudicato. Completamente disinteressato a qualsiasi tipo di avventura sentimentale, oltre a dare l’input all’avvio dell’ascesa ai vertici della carriera criminale di Sharo, diventa per lei anche un punto di riferimento culturale iniziandola alla conoscenza e alla bellezza dell’arte e della mitologia come metafore di vita.
Il rapporto tra i due fa da traino a tutta la storia per la particolarità della relazione, per la differenza di età e di ceto sociale, per le cose non dette e le “lezioni” che l’uomo impartisce.
Una relazione che porta a interrogarsi, a cercare di capire il rapporto che si è instaurato e dove porterà.

Ci si chiede anche cosa sia che spinge la giovane Sharo, onesta e per bene, a decidere di cogliere un’occasione particolare, contraria a ogni suo
principio. È un diamante grezzo Sharon, che il Principe spinge a valorizzarsi, studiando e rischiando fino a farsi un nome e una “posizione” nel mondo criminale, tanto che inizia ad essere vista con sospetto prima e con rispetto poi, dai suoi collaboratori e dalle bande rivali.
Ma ovviamente non è finita qui.
In questo romanzo De Cataldo ci mostra i rapporti stretti tra potere e malavita, il disagio giovanile, l’espandersi delle nuove droghe, i cambiamenti di atteggiamento a fronte di determinate situazioni.

SCIROCCO

IL VENTO DELLE EMOZIONI

Ad un anno dalla sua comparsa nelle fumetterie e librerie, Scirocco di Giulio Macaione (Bao Publishing), festeggia il primo compleanno con la vittoria del torneo Letterario di Robinson delle Graphic Novel in cui vengono chiamati a votare e recensire lettori forti e circoli di lettori di tutta Italia.

Un ottimo riconoscimento per quello che definirei un graphic novel o fumetto che dir si voglia, generazionale perché racconta di una famiglia, composta da Mia, un’adolescente che lotta per poter vivere la sua più grande passione, la danza; Gianni, il padre di Mia, che per troppo tempo non ha amato e ora di fronte ad una possibile nuova relazione ha paura; e infine Elsa, la nonna, che si trova di fronte ad una scelta importante sul come affrontare una malattia. È proprio Elsa il personaggio cardine in questa storia, che dà il via a tutte le vicende raccontate e conseguentemente porta a galla le emozioni e gli stati d’animo dei protagonisti.

Le scelte grafiche sono decisamente interessanti ed estremamente accurate, a partire dal disegno tipicamente europeo che è chiaro e realistico a cui l’autore ha unito due bicromie che caratterizzano le diverse ambientazioni, siciliana e veneziana usandole anche per sottolineare le emozioni dei protagonisti. L’azzurro che delinea la prima parte, quella veneziana, una sorta di graduale inizio in cui conosciamo i protagonisti ma anche sinonimo della malinconia di Elsa, sfocia in un tenue lilla per l’epilogo di tutte le vicende, con il passaggio al più acceso e caldo giallo per la Sicilia, un colore più deciso ed evocativo della terra d’origine, che ricorda il sole, il paesello natio, il primo amore e la gioia di vivere.

Una storia di passioni, amore, dolore ma anche di speranza, determinazione e coraggio. Non entro troppo in dettaglio nella trama per evitare spoiler perché rischierei di non rendere il giusto merito alle vicende, che se al primo impatto possono dare l’impressione di cose già viste, grazie alle scelte grafiche di cui parlavo prima, prendono una strada diversa, diventando uniche e speciali. Diventando un inno alla libertà di scegliere, un inno alla vita.

GATTI NERI E VICOLI BUI

In occasione del suo 20° anniversario di Homo Scrivens, nata come compagnia italiana di scrittura e da dieci anni casa editrice, ha pubblicato l’antologia di racconti Gatti neri e vicoli bui presentata in anteprima nazionale in occasione del SalTo2 Tre racconti per tre autori noir : Maurizio De Giovanni, Francesco Pinto e Serena Venditto.

Maurizio De Giovanni in un Pomeriggio al Gambrinus fa incontrare alcuni personaggi di ogni serie, coinvolgendoli nel caso di un gioielliere rapinato. La particolarità è che ognuno dei presenti porta il suo contributo con le caratteristiche proprie dei romanzi a cui appartiene, che sono ben diverse, omaggiando anche la famosa caffetteria in cui ricordiamo, per uno scherzo fattogli dai colleghi, è nato tutto. Emozione, sorpresa ed ironia si fondono in questo piacevole ed originalissimo breve racconto regalandoci una lettura piacevolmente insolita.

Nel secondo racconto That’s Amore di Francesco Pinto, veniamo invece catapultati nella Napoli anni 60, ai tempi delle basi americane. La vicenda si svolge prevalentemente nella cittadella militare Nato dove il pianista Sam Caputo si trova coinvolto nell’indagine sul delitto di un ufficiale americano. Special Guest Peppino di Capri e un sottofondo musicale da brividi. Non manca ovviamente l’ironia unica di questo bravissimo autore.

E infine nell’ultimo racconto, La lunga notte dell’ingegner Bentivoglio di Serena Venditto, che agli appassionati richiamerà la compianta Lilian Jackson Brown, veniamo accolti dal mitico gattone Mycroft, già protagonista di altre avventure, che assieme agli abitanti di Via Atri, contribuisce con i suoi miagolii e le sue movenze a fare luce su un efferato tentato omicidio. Un racconto geniale nella sua composizione e soluzione e decisamente adatto agli amanti dei nostri amici felini.

CITÉ

Forse non tutti sanno che Massimo Carlotto, oltre che autore di Noir che non serve certo presentare, scrive anche soggetti per fumetti – che tecnicamente si chiamano Graphic novel – si tratta di veri e propri romanzi brevi illustrati. Dalla collaborazione con Irene Carbone nasce la graphic novel Citè, pubblicata da Round Robin Editrice nella collana Tempesta curata da Mirko Zilahy.
Cité è la Marsiglia di oggi del Mediterraneo, è il porto è il carcere delle Baumettes è il luogo delle bande del Milieu, dei nuovi boss del crimine, dei killer, degli spacciatori. E’ il luogo dove i cattivi sono cattivi…ma i buoni forse sono anche peggio.
Protagonista di Cité è B.B. ovvero Bernadette Bourdet, commissario che i lettori hanno già incontrato in Respiro corto, che si trova ad indagare sull’omicidio di un agente spagnolo avvenuto nella suite di un albergo di lusso.
B.B è un commissario decisamente carismatico; è ribelle brutta lesbica e combatte il male con il male. Non amata dalla malavita e malvista dai piani alti della Polizia, ma è brava, risolve i casi evita disordini e riesce mantenere una specie di pace.
Anche in questo caso si avvarà dell’aiuto di un boss della malavita, una vecchia conoscenza…( E basta così perché qui non facciamo spoiler e non vogliamo togliere il piacere di godersi l’intrigo della trama e le atmosfere che caratterizzano questo graphic novel).
Atmosfere rese benissimo da Irene Carbone, grazie alla scelta di colori particolari per dare maggior effetto alle ambientazioni e all’anima dei personaggi.
Come ha spiegato durante la presentazione al SalTo22, ha scelto di utilizzare delle palette ‘disturbanti’, in particolar modo il rosso (che indica tendenzialmente i cattivi con il male, la violenza, la morte) e il verde acido (per indicare i buoni o ‘i meno cattivi’, le loro azioni al limite della morale e della legalità) e soprattutto nella prima parte del volume, un utilizzo sapiente dell’arancione che rimanda alla morte, quasi a voler mettere in primo piano i personaggi.
Cité è un graphic novel che merita di essere letto, per scoprire una Marsiglia diversa da quella che siamo stati abituati a leggere, un personaggio particolare e una trama degna del miglior Carlotto e per godere dell’abilità illustrativa di Irene di cui prossimamente sentirete parlare ancora.