A CASA CON LOUISE PENNY

Louise Penny scrittrice canadese, ha dato vita a un personaggio che secondo me, resterà nella storia a lungo, non diventerà famoso come Maigret, non tormentato e maledetto come Hole, non usa le cellule grigie come Poirot, se proprio dovessi trovare un commissario a cui si avvicina direi Adambsberg. Anzi la parte concreta di Adamsberg. Armand Gamache non cammina sulle nuvole, non ha intuizioni folli, ma ascolta istinto e cuore.

È un uomo solido, un poliziotto che è diventato “leggenda” a capo della Omicidi della Sureté canadese.

Si è guadagnato il rispetto e l’affetto dei suoi uomini con la sua normalità e caparbietà, nel non accontentarsi mai della spiegazione più semplice, nel non disdegnare nessun suggerimento. Sa che come ha detto Shakespeare, “ci sono più cose in cielo e in terra…”, sa che tutto ha una spiegazione, anche le cose più orribili che ha dovuto affrontare e continua a incontrare.

Ma la sua caratteristica migliore, quella che forse lo ha fatto diventare così amato, è che non giudica nessuno, prende il buono delle persone quando c’è e sa che per contro esiste il male, esistono persone cattive, lo ha accettato, fa parte della vita. È un uomo tranquillo Gamache, tutto di un pezzo ma mai rigido, che trova il conforto nelle cose più banali, l’amore per e della moglie, dei figli, il cane, gli amici con cui ridere, il buon cibo e il buon bere. Un uomo normale, lontanissimo dai supereroi eppure micidiale nel trovare i colpevoli.

Il più crudele dei mesi è il terzo volume della saga – dal 2005 a oggi sono 19 romanzi – purtroppo, ne avevo già parlato, per qualche ragione ignota ai più, la pubblicazione in Italia è stata quasi un una tantum, 2 romanzi – fino a quando Einaudi l’ha riproposta. Ahinoi, non tutti sono stati tradotti (ancora) e quindi negli anni scorsi sono usciti random.

Adesso pare che la scelta sia quella di pubblicarli in ordine cronologico e ben venga se permettete, anche rileggersi quelli già usciti per seguire meglio il filo.

Alla terza indagine, Gamache non vive ancora a Three Pine, minuscolo paesino sulla cui nascita e soprattutto sui tre enormi pini circolano numerose ipotesi e leggende, ma al di là di ciò che vi è accaduto, la gente gli piace, si sente fra amici alloggiando nel B&B gestito da Gabri e Olivier, parla con il piccolo gruppo di abitanti, la poetessa apparentemente feroce Ruth Zardo, i Morrow, artisti di fama, Myrna, la gigantesca psicologa libraia e non solo.

Leggere la Penny è consolatorio, gli orrori che riesce a descrivere, e credetemi è davvero brava, non fanno che esaltare la sensazione di calore, di abbraccio di casa che raccontano le cene, i piccoli riti, le case il paesaggio ma soprattutto le persone. È pacificante, perché ti aiuta a credere ancora nella gente, nei rapporti interpersonali, indipendentemente dagli screzi, dalle antipatie e simpatie personali.

Mettersi seduti comodi, con un libro in cui si racconta di Gamache, ti porta letteralmente in un altro mondo e in tempo diverso, un mondo di cui, omicidi a parte,  io rimpiango gli odori i colori e l’umanità.

LA GRAZIA DELL’INVERNO

di LOUISE PENNY

Facciamo una premessa, Einaudi, la casa editrice che ha avuto il colpo di genio assoluto di pubblicare in Italia la Penny, ha spiegato da qualche parte (che naturalmente non ricordo ma il succo c’è) il perché non siano pubblicati e tradotti nell’ordine di uscita.                             Quindi, se non l’avete ancora incontrata, partite dal primo della serie che è Natura morta e poi proseguite con La grazia dell’inverno. Potreste chiedervi/mi perché mai dovrei?   Primo perché scrive deliziosamente ed è tradotta magistralmente, capite che già questo sarebbe un buon motivo, poi ha inventato (forse) questo paesino minuscolo, in Quebec, probabilmente a pochi km da Pikax (poi vi dico che Paese è) e Armand Gamache, capo della sûreté du Québec con tutto il cucuzzaro.                                                                                          Il cucuzzaro è composto dal gruppo eterogeneo che di più non saprei immaginare che compone Three Pines e pur essendo così diversi fra loro, hanno creato un’armonia bellissima. La moglie di Gamache, Reine Marie, un’archivista dolce e arguta. I loro figli e il suo vice, i futuri vicini gli agenti, eccetera eccetera. La trama è folle, pazzesca e incredibile ma assolutamente perfetta, poi  le atmosfere le interazioni, insomma tutto. Le vicende narrate hanno un seguito temporale che non è indispensabile seguire, ma a ragion veduta, per le implicazioni che hanno nel complesso, se non avete letto quelli già pubblicati, lasciateli sullo scaffale e seguite l’ordine deciso dall’autrice. Conoscete Lilian Jackson Brown? Se non la conoscete andate a cercare i suoi romanzi perché dopo amerete ancora di più la Penny.

                                                                                                                     È lei che per prima (vale per me ovviamente), mi ha portata ai confini col Canada, nella contea di Moose dove appunto si trova Pickax, dove i delitti più orrendi sono nascosti dal bianco della neve, dove il freddo (meteorologico e non) viene attenuato dal calore dei sentimenti. Dove anche nella modernità dei tempi, restano fondamentali i sentimenti.                                                                                                                                       Reine Marie con il suo accogliere, mi fa pensare alla moglie di Magreit, alla contrapposizione del fuori e del dentro casa, non solo casa Gamache, il male resta fuori e quello che è dentro le persone, come se fosse una magia, viene eliminato e purificato dall’amore, familiare o amicale che sia.                                                                                                           Un’autrice che vale tutto il tempo che le si dedica, che soddisfa i giallofili puri con le trame, e gli amanti dei romanzi tout court. Lontanissima dalla freddezza del giallo cosiddetto nordico, sebbene il Canada non sia esattamente al sud del mondo, ti porta nell’abisso (nello specifico davvero profondo) dei sentimenti umani e poi ti rassicura senza mai essere melensa.                                                   Una di quelle scrittrici che vorresti leggere e rileggere fra un libro e l’altro.

UNA SPECIE DI FOLLIA

Louise Penny

Ogni tanto sembra che ne siamo fuori, poi arrivano le news dalla Cina o da Dio sa dove e tutto quello che hanno lasciato nella psiche umana il covid19 i lockdown i negozi chiusi  l’incertezza i morti, torna tutto insieme e ci colpisce all’improvviso. Non è ancora tutto tornato alla normalità, ci si prova ma qualcosa di quella paura è ancora in circolo. Non più sotto forma di isolamento negozi chiusi mascherine e distanziamenti, ma di ipotesi, su come affrontare il futuro con quell’eredità sulle spalle e la consapevolezza che potrebe accadere di nuovo. A Tree Pines, come in tutto il resto del mondo cattolico, festoni luci presepi alberi addobbati, cibi tradizionali e riunioni conviviali, tentano di rendere il Natale come prima, e Gamache si sta godendo la famiglia quando gli viene chiesto di garantire la sicurezza ad una conferenza un po’ particolare, una controversa esperta di statistica, la terrà proprio lì n quel paesino minuscolo e nemmeno segnato sulle carte geografiche. A parte la stranezza della cosa in sé, è il personaggio che fa temere, a buona ragione scopriremo, l’ispettore capo che possano verificarsi quantomeno dei disordini. La donna, riconosciuta eminente scienziata, a seguito dei suoi studi post emergenza, ha elaborato delle teorie che definire divisive è davvero poco. Come accade per ogni cosa che divide, le fazioni pro e contro sono un rischio. Giacché Louise Penny scrive dei gialli e il protagonista è un poliziotto, va da sé che ci son degli omicidi da risolvere ma direi che in questo volume sono davvero l’ultima cosa da cercare e a cui prestare attenzione. Perché la vera protagonista del romanzo è una teoria assai vecchia ma che evidentemente viene periodicamente cancellata dalla memoria salvo altrettanto periodicamente, tornare a sconvolgere degli equilibri che sembrano stabili. Nell’apparentemente lontano 1933, in Germania si studiò e ahimè si applicò agli esseri umani quello che definito dai pastori Ausmarzen, indicava una pratica tremenda. L’eliminazione dei soggetti deboli, malati o comunque non abili a una vita produttiva.  La Penny con il suo innegabile talento narrativo, ci mette di fronte a quello che razionalmente ci rifiutiamo di accettare. Le risorse, alimentari energetiche mediche, sono insufficienti per una popolazione sempre più numerosa in cui la percentuale di soggetti bisognosi di protezione, che diventano di fatto un costo, aumenta proporzionalmente. Forse l’unica voce che ha avuto il coraggio, perché di questo si tratta, di affrontare un tema tanto delicato e che tocca nervi scoperti in tanti di noi se non in tutti. Perché siamo umani e se razionalmente, umanamente appunto, siamo portati ad essere solidali, laddove il diritto dell’altro rischia, anche solo idealmente, di mettere a rischio il nostro, in molti il “mors tua vita mea”, prende il sopravvento sull’umanità. Ad aumentare la percezione dell’inevitabile dicotomia che coinvolge tutti credo, c’è la presenza della nipotina di Gamache, affetta dalla sindrome di down a rappresentare quei soggetti fragili che tanto hanno pagato durante la pandemia, forse inevitabilmente o forse no e a quell'”Andrà tutto bene” che ci ha dato forza, sottovoce dovremo o dovremmo aggiungere se.

NATURA MORTA

Louise Penny

Non sono così addentro ai meccanismi editoriali da sapere come funzionano gli acquisti delle Case Editrici per quanto riguarda gli autori stranieri, ma devo dire che mi incuriosiscono molto. Perché mai di Louise Penny, il primo (cronologicamente parlando) è stato pubblicato in Italia per ultimo? Mah, misteri insondabili dei diritti e dell’editoria.

No perché noi che l’abbiamo letta abbiamo legato inevitabilmente Gamache a Three Pines, e invece no, in Natura morta scopriamo che lì, in quel minuscolo paesino, il nostro ispettore capo della Suretè du Quebec ci è arrivato per un omicidio, sull’indagine ovviamente non vi dico nulla se non che la vittima era una colonna portante di quella piccola comunità e i suoi amici sono gli stessi che poi abbiamo imparato a conoscere. Oh per carità potrei essermi distratta io, ma non ricordo in quale romanzo i coniugi Gamache hanno lasciato la città per trasferirsi a Three Pines. Ciò detto, ma quanto sono belli ‘sti romanzi, qualcuno di più qualcuno di meno com’è ovvio che sia, ma in generale non saprei dire. Personalmente ho amato tantissimo I diavoli sono qui e Un uomo migliore, ma mi sono piaciuti tutti.

Se non l’avete ancora incontrata, procuratevi questo che è l’inizio di tutto e poi vi fate un giro su wiki e procedete in ordine cronologico (nel caso aspettando che siano tradotti o prendeteli in lingua originale mentre aspettate). Se invece l’avete già incontrata, bè, andate avanti seguendo la pubblicazione, la goduria è comunque garantita, sia a Montreal che fra i boschi intorno a Three Pines.  Un’immersione nei colori nelle atmosfere ovattate, nei rapporti umani pieni di bellezza, che dal momento che parliamo di gialli, mi rendo conto sembra un controsenso, ma leggete e poi mi saprete dire.