TORNANO I LIBRI SOTTO L’ALBERO

Ho disertato BookCity quest’anno, per tante ragioni personali, ma una gran spinta a non sfidare pioggia vento e freddo, è che diventare scema a rincorrere gli eventi, con la possibilità concreta di non entrare dopo ore di coda, di ascoltare gli autori parlare di libri che non ho ancora letto e se li ho letti non poter fare eventuali domande e per finire salutare al volo gli autori (quelli che conosci o addirittura amici), perché giustamente hanno davanti centinaia di persone per autografi e foto, anche no.

Sto disertando un po’ anche la lettura, cioè, leggo un pochino meno del solito, ma sempre abbastanza da poter “consigliare” cosa, a chi, per chi i regali li fa in forma libresca.

Fra ottobre e novembre sono usciti una caterva di libri, tutta roba succosa e attesa. A partire da de Giovanni di cui vi ho già parlato, sono arrivati in libreria, in ordine sparso

Donato Carrisi con LA BUGIA DELL’ORCHIDEA – Uno stand alone, non c’è Marcus non c’è Mila non c’è Gerber, una storia tutta nuova. Non nutro dubbi sulla capacità di Donato di tirare fuori dal cilindro dei conigli che sono dei gioielli, penso per esempio a L’educazione delle farfalle, mi sento di consigliarlo senza se e senza ma. A chi? Bè, ovviamente a chi ama la sua particolare scrittura, nello specifico a chi è disponibile a lasciarsi sorprendere, perché si è spinto parecchio in là. Ecco direi che è perfetto anche per chi ama Musso  King e Koontz.

Cristina Cassa Scalia con MANDORLA AMARA – Dopo l’esordio di un personaggio nuovo, Scipione Macchiavelli, con notevole successo va detto, ritorna con una nuova indagine per Vanina Guarrasi. Scossa per le ultime vicende con Paolo Malfitano, storico amore che mai messo in dubbio, subisce colpi e contraccolpi a causa del lavoro, si trova ad affrontare la “bellezza” di sette morti in contemporanea, trovati casualmente dall’amica Giuli che voleva godersi un paio di giorni alle Eolie sulla sua barca nuova e invece si imbatte in una barca alla deriva. A bordo, le sette persone che non possono più far nulla. Richiamata a Catania con un inaspettata puntata alle Eolie parzialmente orbata di Patanè, solo parzialmente e per un tempo limitato, Vanina se la cava comunque egregiamente e sebbene non navighi mai in acque tranquille, è come pacificata, Meno “incattivita” (se così si può definire il personaggio), si gode il ritrovato rapporto con la sorella, con l’uomo che le ha fatto da padre con discrezione e scopre che in fondo, per quanto pesanti possano essere il suo lavoro e conseguentemente la sua vita, forse c’è modo di viverla godendone un po’. A chi regalarlo, a chi ami i gialli belli, con trame credibili e sviluppate realisticamente, a chi ama Vanina, va da sé, Ottimo per chi vuole sentirsi in Sicilia, profumi e colori annessi, senza muoversi dal divano. Senza dimenticare mai che sebbene sia parte di una serie, si può leggere tranquillamente come primo incontro con l’autrice.

Dan Brown con L’ULTIMO SEGRETO –   Riassumere le trame di Dan Brown è sempre un’impresa, Langdon divide il palco, o le pagine con la fidanzata, anche lei scrittrice e scienziata. Il tema è oltremodo affascinante, la coscienza. L’ambientazione è a Praga, città piena di Storia e perfetta per i segreti che tali dovrebbero restare. Davvero bello, 700 pagine che alternano nel lettore stati d’ansia, adrenalina a mille e riflessioni (ammesso che lo si voglia). Come quello di Carrisi in alcuni moment rasenta l’impossibile, o meglio l’impensabile, che sia impossibile è tutto da dimostrare. Da regalare a chi lo tiene in libreria senza leggerlo, a chi ama le storie incasinate con quel filino di supereroe che diverte o a chi ama prendere spunti per pensare, divertendosi un po’.

COSE BELLE E UN BAGNO DI UMILTÀ

Oh e dire che pensavo di essere aggiornatissima, abbastanza aggiornata insomma e invece… A Cesenatico noir c’era uno scrittore di cui non avevo mai sentito parlare (e questo è il bagno di umiltà, sta a vedere che non sono onniscente. Ohibò). Marco De Franchi, ma mai eh, non l’ho mai visto taggato o visto il suo nome nei vari festival gialli e noir, nei ringraziamenti, nelle bacheche degli scrittori, niente, buio di qua e di là dalla siepe. Vabbè, il personaggio mi piace e il libro non sembra affatto male, quindi una volta a casa vado on line e prendo l’ebook – che qui ormai lo spazio è davvero finito – e giacché il romanzo che è stato presentato era il secondo, decido che tanto vale partire dal primo. Finisco quello che stavo leggendo (la recensione la troverete su Mangialibri, Eraldo Baldini, mica pizza e fichi) e inizio a leggere La condanna dei viventi, siamo sulle 600 pagine ma in due giorni secchi lo finisco. SBAM. Ma quanto tempo era che non leggevo un giallo giallo. Proprio un classicone, con le indagini fatte come dio comanda, nel senso tecnico cioè, proprio come le fanno polizia e carabinieri, ripartendo da capo indizio dopo indizio se del caso, ribaltando tutto l’acquisito, sbattendo il muso su false piste e intuizioni sbagliate e le frustrazioni di chi deve sottostare alle decisioni di alcuni che non hanno mai visto altro che una scrivania e pensano solo a carriera e burocrazia, spesso intralciando chi si sporcale mani.

Prima di sedermi e parlarvene ci ho pensato un po’, mi sono fatte le domande che sempre bisognerebbe porsi quando si tiene un blog che parla di libri (in prevalenza) e/o si fanno recensioni. Perché mi ha così entusiasmata? Cos’ha di diverso dai romanzi di autori ben più famosi, non me ne vorrà spero l’autore, ben più celebrati. Stai rivedendo le tue convinzioni? Perché chiedendoti da quanto non leggevi un romanzo così, ti contraddici.

No, ognuno dei famosi a cui pensavo, non serve che vi faccia i nomi vero? Ha delle caratteristiche ben precise, che siano la scrittura le ambientazioni le caratteristiche dei personaggi, le trame o l’insieme di queste cose. Sono quasi tutti autori di romanzi seriali, i cui protagonisti hanno un posto ben saldo nel cuore dei lettori e nel gotha della scrittura, leggere ognuno dei loro nuovi romanzi, significa ritrovare una nicchia in cui stiamo comodissimi, come su un materasso in memory foam. Leggere/scoprire un autore nuovo è un’esperienza diversa, come provare un abito nuovo, che nello specifico (il romanzo), ho scoperto essere tagliato come se fosse su misura.

De Franchi anche se nella scrittura bazzica da un bel po’, è tecnicamente un esordiente, quindi trovare un romanzo ineccepibile in ogni suo aspetto, per ogni appassionato di thriller, è una goduria non da poco.

L’idea di partenza non è nuova, mi vengono in mente almeno tre romanzi e altrettanti film che più o meno partono dalla stessa base, degli omicidi che mettono in scena opere d’arte famose, quello che invece è nuovo è l’approccio investigativo, intanto perché da professionista, la descrizione delle procedure di prima mano ha un qualcosa di diverso (senza nulla togliere a chi si serve di esperti consulenti, ma è un fatto acclarato). Poi il racconto vero e proprio, la frustrazione nello scoprire di aver seguito una pista sbagliata, di essersi lasciati depistare, la tenacia nel ripartire da zero e l’incuria quando non peggio delle cosiddette mele marce.

L’altra cosa “nuova” che ho trovato particolarmente confortante, è come sia riuscito a calibrare la parte investigativa e il tema che evidentemente De Franchi voleva trattare – come conferma lui stesso – ossia la malattia mentale che certamente non è materia facile, soprattutto per la precisione nell’inserire sindromi decisamente non comuni. Non aspettatevi niente di leggero, i capitoli si susseguono incalzando la lettura e le scene splatter (lo so, sembra l’ennesima contraddizione ma non lo è) sono scritte con delicatezza, forse inevitabile per chi i morti amazzati, li ha visti davvero. (De Franchi è stato un poliziotto e come commissario capo è stato in forza allo SCO). Boh, probabilmente molti hanno già avuto modo di leggerlo, se così non è stato, non precludetevi l’occasione di scoprire un talento davvero notevole, come al solito, accetto scommesse sul fatto che poi mi ringrazierete.