PIOGGIA PER I BASTARDI DI PIZZOFALCONE

Tre anni, un ritorno un po’ a sorpresa dal passato e qualche problemino personale, hanno fatto sì che ci mancasse per due volte,  l’appuntamento annuale con i Bastardi, per fortuna appena apri il libro e leggi le prime parole, succede come quando per un po’non senti o non vedi un amico, il tempo di esaurire l’abbraccio, sedersi e il discorso riprende esattamente da dove lo avevi interrotto.

Li ritroviamo uguali eppure cambiati, invecchiano crescono affrontano nuovi dolori emozioni e cose della vita, come noi, giorno dopo giorno. L’omicidio di un notissimo e vecchissimo penalista, che come spesso accade scuote le alte sfere, fa sì che i Bastardi scoprano inaspettatamente di essere ancora a rischio chiusura. Nonostante gli anni, i successi ottenuti dalla squadra e l’avvenuta “redenzione” dai peccati, non sono ancora poliziotti come gli altri per i colleghi e i superiori, sono e restano sorvegliati speciali , perché quel commissariato, fa gola a tanti.

Non c’è perdono per loro, non c’è cura per le loro lesioni, il passato è una ferita aperta che sotto la superficie non cicatrizza mai, puoi solo dividere la tua pena se ne sei capace e se hai la fortuna di avere vicino persone che possono capire. Questa consapevolezza, applicata al lavoro da Palma, li mescola, fa si che non esista un partner fisso e siano quindi (piacevolmente) costretti a un confronto continuo che alla fine – nello specifico hanno 48 ore – risolvano casi che con le normali procedure, probabilmente farebbero arrestare degli innocenti.

Ma la pioggia? Perché non è vero che a Napoli non piove mai e quando piove per giorni di fila, ora violentemente ora facendo credere di avere smesso per poi riprendere con più vigore, fa degli strani scherzi, ti obbliga a correre per cercare un riparo e quando lo hai trovato a volte scopri che sarebbe stato meglio di no, ti confonde, si confonde con le lacrime, con lo sgocciolio di un rubinetto che perde, crea illusioni visive che ti costringono a guardarti dentro. A volte fa si che anche chi è abituato a bagnarsi, cerchi quel riparo in qualcuno.

Le sottotrame, come sempre alternano momenti terribili a momenti in cui, se non fossi in un romanzo, potresti diventare il colpevole. Se state pensando che mi riferisca ad Aragona (come vittima) ebbene sì, e momenti di assoluto divertimento, per il quale dobbiamo ringraziare Viky, l’enfant terrible figlia della Martinelli e molto molto più saggia della mamma.

Chi ne ha voglia, chi legge per andare oltre il proprio campo visivo, trova spunti per guardare le cose con altri occhi, per capire che spesso le cose sono molto diverse da quello che appaiono. La somma di tutte queste cose, fa in modo che ogni romanzo di de Giovanni contenga tanti mondi quanti ne vogliamo trovare, lasciandoci con il desiderio e la speranza, che da qui al prossimo, non ci siano intoppi.

Fiori

Per i Bastardi di Pizzofalcone

A Napoli succede, fra i vicoli le scese e le scalinate improvvisamente ti trovi davanti un paesaggio che mozza il fiato o una chiesa di una bellezza che incanta, quel che succede è più tutto. Più colorato più chiassoso più profumato e più disperato. Così è Pizzofalcone, un groviglio di ricchezza e povertà, di allegria e di dolore. Esageratamente primavera anche nell’alba di aprile, in cui Savio Niola, viene trovato Massacrato appena oltre la soglia del suo chioschetto liberty, in ferro battuto e vetro da dove ogni mattina, nonostante i settantaquattro anni, tirava fuori i suoi fiori e le sue piante, pronti ad essere venduti a chiunque abbia qualcosa da dire, un perdono da chiedere, un amore da dichiarare, un’amicizia da ribadire e perfino un addio da suggellare. Eppure Savio era amato da tutti, aiutava chiunque avesse bisogno, fosse con le parole con i gesti con la comprensione. Lo ribadisce anche Ciro Durante, l’amico che tutte le mattine lo incontrava lì, gli faceva compagnia mentre Savio metteva fuori le piante, parlavano o forse no, quando si è amici da una vita non c’è bisogno di tante parole. Ma di questo, di come evolve l’indagine, lascio che vi dicano gli altri blogger. Quando finisco di leggere Maurizio ho il privilegio di poterlo chiamare e dire quel che ne penso, stavolta non avevo parole. Lui vuole sapere se il giallo regge, ma quello regge sempre, è il resto che mi ha lasciata fra le pagine per un pezzo. Ho scoperto il significato dei fiori, sentito la poesia, la bellezza e il dolore che emana l’amore, quello felice quello travagliato quello taciuto e quello manifesto. Quanto possano sorprenderci le persone (ok i personaggi) che credevamo di conoscere e quelli che stiamo conoscendo poco a poco. Quanto qualcuno possa scatenare nel giro di pochi minuti, raptus omicidi e risate di cuore e quanto ci si possa sbagliare nel “giudicare” qualcuno. Al di là di questo comunque, la potenza narrativa di una poesia messa in prosa, è al momento irraggiungibile ed è quello che fa de Giovanni, mette su carta le emozioni le paure le gioie segrete. Ci sono anche un paio di “colpi di scena” che scateneranno discussioni infinite, ma si sa che non sempre i lettori sono d’accordo su tutto, di una cosa però sono certa, non guarderete più un anemone, una rosa, un geranio o un ciclamino.    “Tu lo sai, perché te l’ho detto tante volte: ogni fiore racconta una storia. A volte sono storie di una parola sola, altre invece sono piú lunghe. Dipende dal fiore”. In questo, che forse a parte il prossimo, è al primo posto della mia classifica, ho trovato più poesia più bellezza più dolore e più amore che in tutti i precedenti.  Io lo sapevo che non sarei riuscita ad evitare la banalità, che inevitabilmente sminuisce la profondità della scrittura di de Giovanni. Ci ho provato, ma credetemi è davvero una poesia in prosa.