



Poi arrivano il libri eh, questo è solo un modo per amplificare il GRAZIE
Torno dal Salone, con gli occhi pieni, le cose belle superano ampiamente le cose brutte, quindi va ancora bene così.
Sento che vorrebbero ampliare, ora, io capisco che quando si fa qualcosa e lo si vede crescere, la spinta a proseguire è forte, ma già così, riesci a fare vedere sentire, fare, un quarto delle cose che ti eri prefissato, figurati se le aumentano. Perché siamo onesti, non ce la si fa. Gli autori che hai voglia di ascoltare sono tanti, poi ci sono quelli che becchi per caso, mentre fanno gli interventini volanti e tu stai passando e ti fermi ad ascoltare, semplicemente perché devi. Gli amici, i noti che conosci, i noti che non conosci ma tanto hai la faccia come il culo, sicché, insomma, al Salone scopri la verità sui sei gradi di separazione.
Questo per me sarà il Salone delle mutande, del volo planare sul gradino della camera, del cingalese che porello… Dei camerieri deliziosi che ti portano a tavola piatti deliziosi, della signora Anna, della caccia al nome del paesino emiliano (provincia di Modena), in cui è nato poro nonno (dello scrittore), un ripasso di geografia che non ve lo dico. Trattavasi di San Felice sul Panaro, lo lascio qui a futura memoria.
Ma anche delle risate, quelle belle, che ti fanno venire il mal di pancia e non smetteresti mai, delle panchine messe l’ultimo giorno (mannaggia a loro), della metropolitana presa in direzione opposta per fregare le milionordici persone che aspettano al Lingotto e della Gerini, che mannaggia a lei, è filtrata sì, di brutto, ma da madre natura! Bella ma bella che, bella. Ma anche della Saponangelo, che è talmente Sara che…Vabbè lo scoprirete.
Insomma un altro anno sulle spalle, un’altra infornata, no scusate, un coacervo, di cose preziose, di persone preziose e di libri in valigia che aspettano di essere letti e poi raccontati a chi li leggerà.
La parola chiave del Lingottto, rimane solo una: grazie, a chi ha diviso e condiviso, grazie, ma ci sarà una parola più bella? Non credo.
Poi magari su Fb vi racconterò qualcuno degli episodi, vi dico solo che ieri, da sola, alla fermata del tram, ho letto una parola, una sola e ho cominciato a ridere che sembravo pazza. Quindi grazie. È davvero l’unica parola che vagamente, rende l’idea.


Due donne si parlano con gli occhi. Conoscono il linguaggio del corpo e per loro la verità è scritta sulle facce degli altri. Entrambe hanno imparato a non sottovalutare le conseguenze dell’amore. Sara Morozzi l’ha capito molto presto, Teresa Pandolfi troppo tardi. Diverse come il giorno e la notte, sono cresciute insieme: colleghe, amiche, avversarie leali presso una delle più segrete unità dei Servizi. Così inizia la quarta di copertina, e benchè ci sia molto molto di più, direi che dà esattamente la misura di quello che de Giovanni ha messo in questo secondo romanzo che vede protagonista Sara. – In realtà, almeno a mio parere, può essere utile leggere o rileggere prima, Sara che aspetta, pubblicato sempre da Rizzoli nella raccolta Sbirre, che è stato inserito alla fine del romanzo –