I paragrafi concentrici di Marco Malvaldi

Siamo verso la metà del 1400, a Milano c’è un ducato ovviamente un duca, più di uno a dire la verità, più o meno legittimato a governare dall’alto della sua ragguardevole altezza (all’epoca non era così usuale essere alti) e con la forza che emana il suo sguardo. Anche di carattere pare non fosse proprio un pasticcino, ma ripeto, all’epoca si usava così e quindi più di tanto non ci turbiamo. Al soldo del Moro, che gli ha commissionato una statua equestre in bronzo – enorme – per dare eterno lustro a Francesco Sforza che è morto da ventisette anni, ma come suol dirsi è vivo e lotta insieme a noi, c’è Leonardo da Vinci, maestro riconosciuto in più di un’arte. Le vesti rosa e il fatto che non abbia donne, fanno sì che sia considerato diciamo eccentrico, ma anche questo non è il punto. Si ma allora sto punto? Ok avete ragione, il punto è che Leonardo ha sempre con sè un taccuino che c’è un omicidio che il cavallo ancora non c’è e c’è invece un serio problema di soldi. E poi c’è la scrittura di Malvaldi, come i grandi, i bravi veri, riesce a cambiare restando sè stesso. L’ironia rimane la stessa, sia che parli di vecchietti che ci racconti di una vacanza gastronomica o che imbastisca un giallo su e con Leonardo da Vinci, l’impianto narrativo è perfetto, il plot giallo scorre perfettamente. Un romanzo storico in cui scopriamo che il problema del traffico era già presente nel 1400 ma non solo. Difficile da descrivere quello che fa Malvaldi in questo romanzo, (ah per inciso si intitola La misura dell’uomo) che è poi quello che fa sempre ma in modo diverso. Scrive su due piani, in uno si muove fra ciottoli e polvere fra cene coi nani buffoni e congiure, nell’altro si muove nel presente, il divertimento sta nel non far capire al lettore, se dal passato racconta il futuro o viceversa. Per ultimo segnalo una chicca, in un romanzo che parla di enigmi, usa un gioco linguistico (che viene anche lui da lontano), facendo iniziare ogni paragrafo legandolo al precedente, vuoi con le parole vuoi con i concetti, sì, esattamente come nelle cornici concentriche o meglio ancora nel Bersaglio (quelli della Settimana Enigmistica). Prendi una cultura vastissima (e mi tengo bassa), una dose di sense of humor che sarebbe sufficiente per tre, lo studio accurato dell’argomento e un talento raro, mescola il tutto in un chimico allampanato e dall’aria stralunata et voilà mesdames e mosssieurs, lo scrittore è servito. Ah non so se vi è chiaro, ma non leggerlo sarebbe un delitto.