L’ESTATE DEI MORTI

Roberto Serra è un uomo strano, oddio, strano per questi nostri tempi; è analogico Serra, è legato al suo personale mondo e modo. Il computer è una bestia strana, utile quel tanto ma neanche troppo, la musica è rigorosamente quella dei cantautori e si ascolta su vinile, il cellulare serve per telefonare. Insomma a Case Rosse (che poi sarebbe Zocca dove oltre a Vasco è nato anche Pasini) ha trovato la sua dimensione, quella che a Roma non riusciva più a sostenere. In quel piccolo borgo, che se solo l’autore fosse più prolifico farebbe concorrenza a Cabot Cove per numero di omicidi in proporzione agli abitanti, ha quasi ritrovato pace, il quasi ha tante ragioni, sembra finalmente che la Danza non lo tormenti più, ma la paura che torni in qualunque momento non lo lascia mai, quasi perché smettere di bere è mantenersi sobri, se non sei in un telefilm americano non è così semplice, perché il coraggio di affrontare il suo fantasma più grosso, chi ha ucciso i suoi genitori e perché, sembra abbandonarlo ogni volta che sta per fare l’ultimo passo possibile, quasi perché la sua ex moglie sta per risposarsi e la sua Silvia, la ragione per cui è ancora vivo, abita con l’uomo che sposerà la mamma e lui non riesce a vederla abbastanza a viverla abbastanza darle abbastanza. Last but not least, da qualche mese condivide il suo minuscolo commissariato con Rubina Tonelli, mandata in esilio a tempo determinato, (come i carcerati cancella ogni ggiorno dal calendario in attesa di tornare nella sua Rimini). Praticamente gli hanno imposto di lavorare con la sua, almeno agli occhi l’uno dell’altra, antitesi vivente. È proprio la povera Rubina che prende la telefonata che dà l’avvio a un caso che sembra essere impossibile da risolvere. Potrei fare la sborona o la colta e dirvi che Pasini ha assorbito dai grandi, Poe Lovecraft King, e non racconterei neanche mezza bugia, certo che li ha introiettati, ma quella che ci restituisce è la Storia, quella che chi è nato in montagna conosce fin da bambino. Fiabe per i grandi, perché l’uomo nero, il babau, è dentro ognuno di noi e incarna, fin dai tempi delle favole (quelle originali dei fratelli Grimm), quelli che sono i pericoli della vita, perché un uomo nero o la Borda (poi vi dico chi è), la potremmo incontrare ogni giorno, senza riconoscerli mai se non quando è troppo tardi. La Borda è un “mostro” che prende i bambini e li ammazza, è l’uomo nero della bassa Lombardia e dell’Emilia, quello dei boschi di prima montagna in cui ci siano torrenti fiumiciattoli laghetti e stagni. E poi c’è l’attenzione che Pasini dedica al Diverso, è un’attenzione sottotraccia, delicata eppure fortissima, i suoi diversi non lo sembrano affatto, eppure affrontano mostri inimmaginabili, sono gli uomini e le donne spezzati, feriti e lacerati da cicatrici invisibili e mai chiuse. Lo fa Serra, lo fa Rubina, lo fanno, lo facciamo, tutti chi più chi meno, qualcuno nascondendo le battaglie sotto i pantaloni, chi rifugiandosi nella solitudine. Non ci sono mai né vincitori né vinti. E ancora c’è la magia dell’Appennino, fatta di colori di profumi di paesaggi e tradizioni secolari se non millenarie, di radici lunghe che non si spezzano mai. A questo aggiungete un numero imprecisato di coprotagonisti che sono i colleghi di Serra e Tonelli, i paesani, che comprendono anche chi sta nelle frazioni, i vivi i morti e chi conserva i segreti, oltre a un’indagine che fila perfettamente, svelando ben altro oltre al colpevole del duplice omicidio denunciato da un fantasma.

IL BACIO DEL CALABRONE

Un PM  sempre un po’ annoiato che difficilmente perde la calma, che cerca di capire perché si innamora ogni due per tre, fingendo anche con se stesso di cercare un amore stabile con cui rimpiazzare l’ex moglie, orfano di padre, con un maggiordomo Camillo, che nonostante l’età di Manrico, continua salvo rari momenti di intimità familiare, a chiamarlo contino, ama visceralmente la madre, con cui vive, deliziosa vecchia signora ludopatica che ha dilapidato allegramente il patrimonio della famiglia, mantenendo uno spirito eccezionale e che lo stupisce anche per il rapporto privilegiato che ha con il nipote adolescente.

La sua passione, l’amore per sempre, è quello per la lirica che conosce come forse solo un direttore d’orchestra, e se da un lato per risolvere omicidi e malefatte varie, è indispensabile il contributo di tutta la sua eterogenea (e fantastica) squadra, Cianchetti in testa – l’esatto opposto di un nobile, borgatara doc – che con Spinori forma un perfetto TAO, dall’altro, il conte è convinto che la lirica contempli nelle opere, tutti i misfatti commettibili e di conseguenza, trovata l’opera in cui cercare le risposte, trova anche la quadra dei casi.

Mi piace perché non è perfetto, ha come tanti, un famigerato “passato”, ma lo ha metabolizzato e ci convive tranquillamente. Consapevole di come funziona la vita, onora la decaduta nobiltà con quella d’animo, è una persona buona onesta ma non fessa, collabora e non prevarica, non ha paura di ammettere gli errori né di porvi rimedio. E dopo tutta sta spatafiata? Cosa avrà fatto il calabrone del titolo, ma soprattutto chimai vorrebbe farsi baciare? Lo scoprirete se non conoscendo ancora il personaggio, vi ho incuriositi a sufficienza. Ah, è il quarto libro, il consiglio è di tenerlo in libreria finché non avete letto i primi tre.

LA BALLATA DEI PADRI INFEDELI

Che il Giambellino fosse un quartiere con una personalità ben definita e tutta sua, lo aveva già intuito Gaber negli anni ’60, tanto che ci ha “ambientato” la storia del Cerutti Gino e quella della sua mamma, adesso che siamo in un altro secolo e in un altro millennio, ci pensa Rosa Teruzzi a ricordarcelo e raccontarci cos’è oggi, attraverso le storie delle Cairati – tre donne il cui cognome ricordiamolo, è mutuato in omaggio alla sincera amicizia con la grande Sveva Casati Modignani –

Tre donne dicevo, tre generazioni discendenti, che a prima vista non potrebbero essere più diverse tra loro e che invece ci mostrano, romanzo dopo romanzo, che inesorabilmente qualcosa delle madri, prima o poi lo ritroviamo nelle figlie e viceversa. A volte più di qualcosa per dirla tutta.

Sapete che delle trame scrivo poco o niente perché tanto si trovano dovunque, vi racconto piuttosto quello che i personaggi, nelle storie che vivono e nel come le vivono, lasciano a me. Ho adorato Iole da subito, una settantenne che pur non rinunciando a essere la balenga che ben conosciamo, in questo romanzo molto più che in altri, fa trasparire il profondo amore che nutre per Libera. Già solo imponendole il nome, ha augurato alla figlia la cosa più importante del mondo. Lo dimostra a modo suo, senza mai smentire la sua natura di donna profondamente lontana dalle convenzioni, ma specialmente negli ultimi romanzi, lo palesa attraverso i consigli, spesso sibillini, che hanno l’unico scopo di accompagnare Libera a trovare quello che cerca, a capire quello che può farla felice.

Vittoria, la nipote, poliziotta come il padre defunto, da quando ha trovato l’amore, pur restando formalmente rigida e inquadrata, ci sorprende ancora con la sua capacità di passioni insospettabili che la rendono capace di avere quasi una “doppia vita” e poi c’è Libera appunto.

Forse perché sono una decisionista, una che si butta – caratterialmente sono più vicina a Iole – faccio fatica a capire, o forse la capisco fin troppo bene, l’indecisione su cosa fare della sua vita sentimentale, il suo concedersi momenti di gioia e poi perdersi in rimpianti e rimorsi. Compensa “l’incapacità” di buttarsi egoisticamente e definitivamente, magari infischiandosene un po’ dei sentimenti degli altri, lasciandosi trascinare nelle indagini, nonostante le promesse fatte a Gabriele (il collega del marito defunto con cui ha una relazione), se ritiene che la “causa” sia giusta, e fin dalla prima volta, lo sono eccome per i temi che affrontano. Perché Teruzzi, con ogni avventura che fa vivere alle miss Marple del Giambellino, affronta un tema sociale importante.

Discorso a parte meriterebbero i coprotagonisti, Gabriele appunto, Furio la Smilza e Cagnaccio, che a loro volta stanno evolvendo mostrandoci sempre più di sé.

Questa però non è una pagina di psicologia, quindi tornando a bomba sulla Ballata dei padri infedeli, su una scala da uno a cinque, prenderebbe un 4, non perché manchi qualcosa ma perché ho avuto la sensazione di un romanzo di “transito” e quindi “incompiuto per quanto riguarda i personaggi.

Il plot giallo invece, conferma il talento indiscutibile di Rosa Teruzzi. In conclusione, ve lo consiglio senza tema di ritorsioni.

LA DONNA CHE FUGGE

Che Alicia Gimenez Bartlett sia una maestra indiscussa è cosa che non si può mettere in dubbio, così come è acclarato che Pedra Delicado sia un personaggio amatissimo, una donna che racchiude in sé un universo fatto da ogni tipologia di donna.  Mancava dagli scaffali delle librerie  – con un’indagine –  ormai da qualche anno ed è tornata se non col botto, quasi.

Le trame dei  suoi romanzi sono gialli che definirei abbastanza “classici”, in cui l’ispettrice supportata da Firmin Garzòn, indaga alternando il buon vecchio metodo consuma scarpe, a frequenti soste alla Jarra de oro, birrette rinfrescanti e consumo di cibo, che diventano carburante e momenti di necessaria rigenerazione per la mente. Questa indagine, parte dall’omicidio del proprietario di un food truck, delitto che a rigor di logica, essendo avvenuto nel piazzale dove sono riuniti diversi furgoni, dovrebbe essere facilmente risolvibile, ma sappiamo che la logica deve sempre fare i conti con la realtà ed evidentemente quest’ultima ha deciso diversamente.

Vero che l’omicidio è avvenuto in piena notte e che l’arma è un coltello – quindi silenziosa – ma pare proprio che trovare un testimone sia impossibile, lavorare tanto durante il giorno evidentemente favorisce sonni profondi e toglie il tempo per vedere qualsiasi cosa non siano i clienti. Per di più il defunto pare essere un tranquillo lavoratore che nessuno al mondo poteva odiare al punto di ucciderlo. A questo punto però la domanda che sorge spontanea nel futuro lettore è: “ma allora chi è la donna che fugge?” “Da cosa fugge?” Su questo interrogativo e sulle molteplici risposte che si svelano nel corso dell’indagine – che fra l’altro porta i nostri due investigatori in giro per tutta la Catalogna – si gioca tutto il romanzo.

Non so se la mia memoria cominci vacillare, ma la mia impressione è che il rapporto fra ispettrice e viceispettore abbia fatto un passo avanti, c’è più confidenza fra i due, le conversazioni che non riguardano il lavoro, vanno leggermente oltre le chiacchiere, in qualche modo sembra che Petra cerchi quel confronto con la controparte maschile, che non riesce ad avere col marito, coniuge che nei rari momenti in cui riescono a incrociarsi, insiste sull’idea di acquistare una casa in campagna dove trasferirsi per smettere con lo stress della città. L’ispettrice è pur sempre una donna e questa insistenza le insinua dubbi su dubbi, aggravati dalla consapevolezza di essere particolarmente assente.

A livello di indagine, ben costruito anche se forse non uno dei migliori, ma a livello narrativo, direi, anzi dico, che è assolutamente imperdibile.

PIOGGIA PER I BASTARDI DI PIZZOFALCONE

Tre anni, un ritorno un po’ a sorpresa dal passato e qualche problemino personale, hanno fatto sì che ci mancasse per due volte,  l’appuntamento annuale con i Bastardi, per fortuna appena apri il libro e leggi le prime parole, succede come quando per un po’non senti o non vedi un amico, il tempo di esaurire l’abbraccio, sedersi e il discorso riprende esattamente da dove lo avevi interrotto.

Li ritroviamo uguali eppure cambiati, invecchiano crescono affrontano nuovi dolori emozioni e cose della vita, come noi, giorno dopo giorno. L’omicidio di un notissimo e vecchissimo penalista, che come spesso accade scuote le alte sfere, fa sì che i Bastardi scoprano inaspettatamente di essere ancora a rischio chiusura. Nonostante gli anni, i successi ottenuti dalla squadra e l’avvenuta “redenzione” dai peccati, non sono ancora poliziotti come gli altri per i colleghi e i superiori, sono e restano sorvegliati speciali , perché quel commissariato, fa gola a tanti.

Non c’è perdono per loro, non c’è cura per le loro lesioni, il passato è una ferita aperta che sotto la superficie non cicatrizza mai, puoi solo dividere la tua pena se ne sei capace e se hai la fortuna di avere vicino persone che possono capire. Questa consapevolezza, applicata al lavoro da Palma, li mescola, fa si che non esista un partner fisso e siano quindi (piacevolmente) costretti a un confronto continuo che alla fine – nello specifico hanno 48 ore – risolvano casi che con le normali procedure, probabilmente farebbero arrestare degli innocenti.

Ma la pioggia? Perché non è vero che a Napoli non piove mai e quando piove per giorni di fila, ora violentemente ora facendo credere di avere smesso per poi riprendere con più vigore, fa degli strani scherzi, ti obbliga a correre per cercare un riparo e quando lo hai trovato a volte scopri che sarebbe stato meglio di no, ti confonde, si confonde con le lacrime, con lo sgocciolio di un rubinetto che perde, crea illusioni visive che ti costringono a guardarti dentro. A volte fa si che anche chi è abituato a bagnarsi, cerchi quel riparo in qualcuno.

Le sottotrame, come sempre alternano momenti terribili a momenti in cui, se non fossi in un romanzo, potresti diventare il colpevole. Se state pensando che mi riferisca ad Aragona (come vittima) ebbene sì, e momenti di assoluto divertimento, per il quale dobbiamo ringraziare Viky, l’enfant terrible figlia della Martinelli e molto molto più saggia della mamma.

Chi ne ha voglia, chi legge per andare oltre il proprio campo visivo, trova spunti per guardare le cose con altri occhi, per capire che spesso le cose sono molto diverse da quello che appaiono. La somma di tutte queste cose, fa in modo che ogni romanzo di de Giovanni contenga tanti mondi quanti ne vogliamo trovare, lasciandoci con il desiderio e la speranza, che da qui al prossimo, non ci siano intoppi.

CHI DICE E CHI TACE

Si dice anche che chi muore giace e chi vive si da pace, fondamentalmente è vero, ma non per tutti e non nell’immediato.

Lea Russo, che pure non aveva un rapporto così stretto con Vittoria, da quando ha saputo che è morta, non riesce a darsi pace. Non può credere che sia affogata nella vasca da bagno, lei che nuotava come un pesce nel mare e non capisce neanche la smania di sapere che le occupa ogni pensiero. È una donna felice del suo status, professionalmente realizzata (l’unico avvocato del paese), sposata all’uomo che ama con cui ha fatto due figlie. Ma una frase, che potenzialmente significa tutto e niente, le accende un sospetto che non riesce a mettere da parte.

La ricerca di una verità, che dopo poco non riguarda più solo il come sia morta Vittoria, la porta inevitabilmente a ripercorrere tutti gli anni in cui la donna ha vissuto a Scauri, l’ultimo paesino laziale della costa tirrenica. Credeva fossero amiche e invece si rende conto di non avere mai saputo nulla, frequentava casa sua, conosce Mara, la ragazza molto più giovane con cui viveva, senza che nessuno abbia mai saputo quale rapporto le legasse, ma Costantinopoli, così è detta la casa, era aperta a tutti, il patio e il giardino sono stati accuratamente allestiti e studiati per essere un posto accogliente, dove bere qualcosa, chiacchierare quando si passa di lì o si portano gli animali a pensione da Mara. Guardando con distacco il passato non può dire che la loro fosse un’amicizia propriamente detta, soprattutto si rende conto di non sapere nulla se non quello che Vittoria ha voluto far sapere, che in realtà è ben poco.

Come sempre accade quando si cerca di sapere qualcosa, ogni domanda ne genera un’altra e le risposte sono sempre meno delle risposte che si trovano.

La Valerio ambientando il romanzo in un passato recente ma non vicinissimo, in cui non ci sono cellulari e social, rende la ricerca di Lea un dialogo continuo fra lei e gli altri conoscenti comuni, ognuno ha un pezzetto di storia da raccontare, la stessa Vittoria, consegnando il suo testamento a Don Michele e nominando Lea come esecutore testamentario, le lascia degli “indizi” da cui ricavare informazioni. Ne escono dei bellissimi ritratti di donne, diversissime tra loro che sembrano appartenere a mondi diversi, quasi paralleli. Donne che vivono se stesse con contezza di sé, che non giudicano, che insegnano e imparano. Un invito alla sorellanza, non quella a prescindere, siamo donne e dobbiamo essere solidali, ma quella vera, che non risparmia la presa di coscienza di eventuali errori restando scevre dal giudizio. Un elogio del donarsi, nei tempi e nei modi in cui si sa dando il a ciascuno il meglio di sé.  

PREVISIONI DAL 21 AL 28.04

Ariete: qualcuno scoprirà degli altarini o un tentativo di fregatura e riuscirà a sventarlo facendo diventare la settimana splendida splendente.

Toro: qualche dissapore con il partner o con amici stretti, niente di grave ma sarete ipersensibili e qualcuno preferirà isolarsi a rimuginare (per poco).

Gemelli: voi questa settimana siete una crasi fra ariete e toro, scoprite delle cose avete qualche problema col partner ma siete molto meno zen dei toro. Non piangete sul latte versato.

Cancro: settimana un po’ problematica anche per voi, non tanto per qualcosa che succede, quanto per come voi vi sentirete, insofferenti con la voglia di mollare tutto e poi ci ripensate. Insomma un tira e molla continuo.

Leone: molto bene, niente di eclatante ma le cose che vanno come desiderate e questo vi farà sentire finalmente bene.

Vergine: qualche desiderio insoddisfatto c’è, ma tutto sommato non ci pensate poi troppo, fine settimana con un colpo di coda che illuminerà tutto.

Bilancia: molto concentrati sul lavoro e sul riguadagnare delle posizioni che forse vi siete dimenticati di rimarcare a chi di dovere.

Scorpione: provate se possibile a guardarvi intorno, c’è la possibilità che l’amore vi stia cercando con una certa insistenza.

Sagittario: gran lavoro, la stanchezza si fa sentire è vero, ma anche le soddisfazioni non mancheranno.

Capricorno: siete agguerriti e con dei progetti che hanno ottime possibilità di concretizzarsi, lasciate da parte i rimpianti, non è affatto detto che siano colpa vostra.

Aquario: un po’ di confusione a inizio settimana, ma da mercoledì in poi, soddisfazioni a non finire.

Pesci: ottima settimana, neanche troppo faticosa a ben guardare.

L’AMORE…IL PIÙ DOLCE E AMARO DEI MISTERI

Oggi un consiglio di lettura, l’autore è il giornalista Giovanni Grasso consigliere del PdR per la stampa e la comunicazione (cliccando sul link, si capisce anche “l’autorevolezza” con cui ha saputo trattare alcuni argomenti) . In L’amore non lo vede nessuno, edito da Rizzoli nella collana Narrative, analizza attraverso un “perverso” gioco delle parti le innumerevoli forme che l’amore fra un uomo e una donna può prendere.

Federica, giovane rampante, disinibita anzichenò, dopo la morte della madre, che ha annichilito il padre e inevitabilmente trasformato gli equilibri familiari, si trasferisce a Milano a lavorare presso una prestigiosa casa d’aste, è ricca, o almeno lo sembra per la vita che conduce.
Viaggi una bella casa gioielli cene e serate, ma davvero col suo stipendio può permettersi tutto questo? Era felice? Era, perché mentre sta tornado al paesino, in una delle rare visite, ha un incidente in cui muore.
Quando qualcuno di così vicino come una sorella, muore improvvisamente, le domande si affastellano nella mente di chi rimane, si crede sempre di avere di avere tempo, ma non è mai così. La presenza di un misterioso uomo, che in qualche modo dimostra di aver avuto con Federica una relazione – di cui nessuno sa nulla – fa scattare nella sorella Silvia, la necessità di sapere.

La sapienza dell’autore sta nel trasformare la legittima curiosità di una donna, nei confronti della sorella e della sua vita, in una specie di giallo in cui la ricerca non è quella del colpevole ma diventa pagina dopo pagina, la caccia a quesiti universali e altrettanto universalmente senza risposta.
Un romanzo che porta il lettore a porsi domande su tanti temi, sull’etica sul significato di determinati avvenimenti e lo fa con una scrittura lenta ma accattivante, colta, con riferimenti alla religione alla Storia e soprattutto all’essere umano con al centro le mille declinazioni dell’amore appunto e dello stesso esere umani, senza far mancare lo “sfioraramento” di argomenti purtroppo attualissimi che scuotono le coscienze.

PER UN’ORA D’AMORE

Da oggi in libreria, io vi consiglio caldamente di fiondarvi in libreria.
Cos’è? Il nuovo romanzo di Piergiorgio Pulixi.
Se con Stella di mare ci ha dato l’ennesimo colpo al cuore, con Per un’ora d’amore ariva il colpo di grazia.
Individuare chi sia il vero protagonista del romanzo è impossibile, ad ognuno di loro, perssonaggio fisso o no, è riservata un’attenzione speciale.

Mani stanche di lavoro, mani che una figia pulisce amorevolmente, prima di riceverne una carezza.
Mani che il lavoro ha consumato per dare un futuro.
Mani che quel futuro lo devono prendere e portare avanti, anche se ormai sono vecchie e stanche ma che non mollano, perché sono le mani di un padre, di un nonno.
Sono mani che sentono quel futuro scivolare via sul sangue innocente che è stato versato.
Prima di mollare la presa però, le mani di quel vecchio, vogliono la verità, quella che si è smesso di cercare perché quello che è successo ieri, oggi è già passato remoto e non ci sono più colpevoli da cercare.
Quello che succede oggi e probabilmente si ripeterà domani ha preso il sopravvento.

Per fortuna (anche nostra di lettori), c’è qualcuno che il tempo e la voglia di cercare una risposta lo trova.
Pavan porta il caso all’attenzione di Strega che nonostante tutto ci si applicherà con il solito cuore. Pulixi come un prestigiatore, tira fuori dal cilindro aspetti dei suoi uomini e donne che forse potevamo immaginare ma erano sottotraccia, li spoglia di ogni difesa e ce li propone in un gioco di specchi che cambia la prospettiva da cui li guardiamo.

Affronta come sempre temi profondi, il femminicidio e le vittime collaterali, perché i nomi delle vittime ce li ricordiamo per un po’, ma i nomi dei loro figli e parenti spesso nemmeno li sappiamo, ma ci sono e devono avere giustizia come i morti. Le debolezze, quelle che nessuno deve vedere, quelle che ci massacrano senza che nessuno se ne accorga, quando chiudiamo gli occhi e il sonno non riesce ad arrivare, quelle che ci impediscono di essere in pace con noi stessi. Le ossessioni che nascondiamo accuratamente e sono comemagma pronto a bruciare e distruggere quello che trovano sul loro cammino.

Un romanzo in cui molti veli vengono squarciati, imperdibile.

PREVISIONI DAL 01 AL 07.04

Ariete: tanti pensieri in questa settimana, avete in mente di fare 1000 cose, soprattutto un viaggio. Giorni propizi per mettere in ordine le idee e pianificare.

Toro: chi ha questioni legali in sospeso, questa settimana potrebbe vederle fare un gran passo verso la chiusura, dirò di più, verso la chiusura che desiderate. Molto concentrati sul lavoro che sarà tanto e soddisfacente.

Gemelli: possibile qualche contrasto con chi vi è vicino, per chi li ha direi figli e questo sarà motivo di delusione e desiderio di sparare dei gran vaffa, tratteneteli e valutate quale sia l’approccio migliore.

Cancro: quasi una copia di quello che ho scritto ai gemelli, possibili litigi, a voi non viene il vaffa ma la voglia di andarvene in un angolo a piangere sul latte versato. Lo sapete che è del tutto inutile vero?

Leone: vi state sottoponendo a un giudizio feroce, il vostro. Non fatelo e concentratevi su quello che invece sta andando per il verso giusto, so che è faticoso accettarlo, ma perfino Dio ci ha messo 7 giorni per fare il mondo. Datevi tempo.

Vergine: fatica ad accettarlo eh, eppure se apparentemente ci state riuscendo non siete convinti. Cercate di fare il punto su cosa vi sta stretto e allargate le maglie, potete farlo.

Bilancia: ritagliatevi un po’ di tempo e trovate un posto dove stare un po’ per conto vostro, senza rotture e senza disrazioni, ne avete bisogno e questi sono i giorni giusti.

Scorpione: la settimana è proficua soprattutto per mettere ordine nei vostri sentimenti, detto fra noi ne avete un gran bisogno, l’amore è la risposta, ma a domanda ce l’avete chiara?

Sagittario: altra settimana prevalentemente buona, dovete imparare a mantenere il punto su alcun cose, senza cattiveria (che non vi appartiene) ma sarebbe la cosa migiore da fare.

Capricorno: potrebbe esserci qualcosa di imprevisto e pesante da affrontare, la giustizia però è cieca e questo significa che ogni imprevisto o grana, se siete nel giusto, sarà superata brillantemente.

Aquario: non il massimo ma per fortuna neanche il minimo, una settimana tranquilla in cui dedicarsi al lavoro ma senza smania.

Pesci: siete tanto stanchi, calibate se possibile il lavoro urgente e necessario con quello che potete lasciare da parte e rimandare.