L’assassino ci vede benissimo – Garantisce Christian Frascella

A Torino, quartiere Barriera di Milano fa un freddo porco e Contrera svegliato da un sms di Mohammed, titolare della lavanderia a gettoni che in un angolo ospita un tavolino e due sedie che sono il suo ufficio, deve lasciare il caldo letto che spesso divide con Erica. Prima di uscire guarda con tenerezza i capelli rossi della donna, le sue lentiggini e pensa che quando sarà costretto a dirle quanto le sta tenendo nascosto, finirà tutto nel peggiore dei modi.
La sua ex moglie è rimasta incinta, così a tradimento, colpa di una serata piena di uno scadente vino rosso che li ha portati a consumare un rapporto senza senso.
Quando non dorme da Erica, è ancora lì che sopporta la convivenza obbligata con il cognato, da quando poi ha il sospetto che tradisca sua sorella, lo sopporta ancora meno. Un uomo questo ex poliziotto che ancora rimpiange amaramente il suo tradimento alla divisa, solo perché ha portato al disprezzo di suo padre. Investigatore privato sicuramente capace ma senza futuro, stavolta con la sua licenza di detective privato, dovrebbe convincere un pusher a lasciare la casa di sua madre, che l’ha lasciata al ragazzo che lo spacciatore ha messo su una sedia a rotelle, investendolo mentre guidava fatto e ubriaco. L’incarico glielo commissiona il fratello del disabile, una questione di giustizia. Il pusher la casa la lascia in effetti, ma solo perché qualcuno lo uccide risolvendo il problema alla radice. Naturalmente il tempismo che caratterizza la vita di Contrera, fa sì che sia lui a trovare il cadavere.
Ad ogni romanzo Frascella definisce un po’ di più la figura di un uomo che ha mille sfaccettature, uno che sembra l’emblema della sfiga e della capacità di andarsela a cercare. Però in fondo, nonostante i pochi scrupoli, una morale tutta sua, risulta essere una brava persona, uno che ha capito l’inutilità di combattere contro la vita e fa del suo meglio (che spesso non è abbastanza), per pararne i colpi. Frascella è decisamente bravo nel raccontare l’umanità, quella che sta un po’ ai margini (Barriera di Milano non è esattamente un quartiere elegante e residenziale), nel descrivere un mondo di rapporti umani ideale, dove ognuno è quel che è e per tale viene accettato dagli altri. Purtroppo vien da dire, sono solo romanzi e la morale comune, si infastidisce per principio nel dare per buono piaccia o no, che al mondo e in particolare sotto casa, la norma sia che dietro la porta accanto a quella dell’idraulico, viva tranquillo il pusher. Ma così va il mondo oggi e così ce lo racconta.

Parliamone prima che – “Fa troppo freddo per morire”

Qualche mese è passato dall’uscita, ma tanto non è che leggiamo a cottimo, sicchè ne parliamo adesso. Una Torino fredda, ma fredda fredda, con la neve e i marciapiedi che luccicano di ghiaccio, un tizio strano, ex poliziotto ex marito ex padre, l’unica cosa che non gli manca, sono i nemici. A onor del vero ha anche qualche amico il nostro Contrera. Sono quasi tutti nella cerchia degli extracomunitari che popolano quasi per intero la Barriera di Milano, un quartiere periferico dove lo straniero è la norma, come del resto in quasi tutte le periferie estreme (indipendentemente da chi le abita). A farla da padrone nel quartiere è il malaffare, droga prostituzione gioco e chi più ne ha più ne metta, e inevitabilmente, con questo deve fare i conti la gente per bene. In mezzo a questo posto che è quasi un confine, si deve muovere il nostro detective, per ritrovare il nipote di Mohamed che, accusato di omicidio, è scomparso. Contrera non è un personaggio nuovissimo, nel senso che ormai inventarsi qualcosa di nuovo è credo impossibile, ma decisamente ben riuscito. Le atmosfere sono centrate, il freddo del titolo c’è tutto, sia quello atmosferico che quello interiore di Contrera, un freddo distacco, la sfiga non ci è andata leggera e lui ci ha messo del suo, ma che ha lasciato intatto il senso dell’umorismo, che diventa una specie di ancora di salvezza, e non ne ha intaccato l’umanità. Niente di eccezionale, ma l’umanità insita in chiunque non sia un sociopatico, un uomo normale che affronta situazioni particolari. Una scrittura fresca e pulita, che scorre liscia portando il lettore fino in fondo con buona soddisfazione, affrontando fra l’altro, un tema difficile e attualissimo come l’integrazione, raccontata in tutte le sue difficoltà, senza indulgere a derive buoniste e ipocrite, ma raccontando il brutto e il buono che sono insiti nell’essere umano. Christian Frascella, che prima di darsi al noir ha scritto dei romanzi per ragazzi, si rivela, per me che non lo conoscevo, davvero una bella scoperta