Continuano le Commedie nere – N° 4 La cassa refrigerata

“La morte della vecchia però esclude che l’assassino sia lei stessa, non è più fra i sospettati”… “la sua morte non la scagiona nemmeno dall’essere l’assassina di sé stessa”. Il dialogo virgolettato è solo uno dei tanti che si svolgono fra i convenuti a casa della signora Maria Carrer, di anni 82 evidentemente deceduta per motivi naturali, che giace nella cassa – che come da titolo ha la particolarità di essere refrigerata e permettere di vedere il volto della defunta – in attesa dell’ultimo saluto nel salotto di casa sua. Il particolare che fra la ventina di presenti in attesa di entrare, ci sia solo un parente lontano, che peraltro la defunta non vedeva da anni, è la cosa meno surreale che Recami si è inventato nel mettere insieme questo quarto volume delle Commedie nere. Un compito non facile quello che si è dato lo scrittore fiorentino, i morti perlopiù ammazzati – e garantisco che non sono pochi – diventano leggeri come palloncini, volano via tranquilli senza lasciare nel lettore la benché minima pena. Ci sta, non per nulla sono commedie, ma il surrealismo delle storie e dei dialoghi, se la gioca alla pari con Whodehouse, con Oscar Wlide e Woody Allen. Credete che stia esagerando? No affatto, l’umorismo nero (quasi esclusivamente inglese ed ebraico e da non confondere con la satira) è davvero una delle cose più elitarie che si possano immaginare, è dissacrante irrispettoso ironico con tendenza al sarcasmo e non è nemmeno scontato che sia di immediata comprensione, moltissima gente, probabilmente per una questione di educazione e cultura, non ride e non riesce a coglierlo. Francesco Recami, che a ben pensarci l’aspetto di un tranquillo signore britannico un po’ ce l’ha, quando apre bocca o prende i mano la penna, si mostra, per restare in casa nostra, per quel toscanaccio che è, raccontando storie adorabili.
Evidentemente, visto il successo indiscusso, riesce comunque ad andare oltre il nero che dicevo ed è da tempo una delle punte di diamante di Sellerio. Oltre a leggere senza meno il libro e se li avete persi anche i precedenti, sia le Commedie che la serie della casa di ringhiera, quando finalmente si potrà incontrarsi di persona, mi riferisco ovviamente alle limitazioni dovute al virus, non perdetevi una delle poche presentazioni che concede.

La verità su Amedeo Consonni – Francesco Recami

Recami lo conosciamo no? Ecco, se di suo e di solito è come dire, toscanamente bastardo, qui ha dato il meglio di sè. Si parte con la Mattioli Ferri messa all’angolo, Claudio ripulito che dall’angolo non la lascia muovere, Angela Mattioli che torna alla casa di ringhiera dove fra l’altro trova più o meno nell’ordine sparso: una teutonica gnocca stratosferica, che fa yoga sul ballatoio, e pare non accorgersi o non dar peso, al fatto che tutti ma tutti, bambini compresi, si siano innamorati. I cinesi che nel più perfetto silenzio entrano ogni notte, in fila, come soldatini a fare dio solo sa cosa, nei locali dove prima c’erano dei negozi, il Luis preoccupato a morte per dei misteriosi fenomeni di autocombustione per i quali non si trova spiegazione, i peruviani, anzi, le peruviane con i bambini sempre più sempre più scatenati. Eccetera eccetera. E il Consonni in tutto ciò? Come avevo anticipato stavolta mi è andata di lusso, l’articolo me lo ha raccontato lo stesso Recami con la complicità (non saprei come definirla altrimenti) di Alessandro Robecchi. Ieri sera alla Feltrinelli, in un ping pong a tratti esilarante ma assolutamente profondo si è parlato della scrittura di Recami, di come dietro a un romanzo che è come un’elica dove ad ogni curva trovi qualcosa di inaspettato, ci sia un lavoro scientifico di costruzione (cosa del resto immaginabile vista la quantità di avvenimenti ed equivoci che danno vita ad altri equivoci che poi devono comunque trovare un punto di arrivo). Si è parlato della casa di ringhiera come “parodia ” della stanza chiusa, perchè in effetti tutto accade all’interno e del fatto che oggi, fra applicazioni che ti fanno fare qualunque cosa dal divano e la pigrizia mentale dell’umanità, per il fatto di avere comunque una finestra sul cortile (quasi a nostra insaputa), siamo in realtà sotto gli occhi di tutti. Forse sono un po’ di parte, nel senso che adoro letteralmente questi gialli non gialli, questo giocare feroce dell’autore sia con i personaggi sia col lettore, esasperando tutto come in una commedia francese, questo sbeffeggio delle cose più terribili. Perchè diciamolo, in questo mondo grigio, solo una risata ci salverà. Il mio consiglio è quindi di regalarvele queste risate.
Si ringrazia Carlotta Perondini per la foto