Premesso che ho sempre amato Corrado Augias, non come autore di gialli, francamente noiosetti anche se ben scritti, ma come uomo di cultura, autore di “saggi romanzati” su temi profondi e complessi. Oggi a malincuore devo dire che forse è ora di mollare il colpo, di lasciar stare o se proprio vuole continuare a parlare di libri al grande pubblico della tv, scelga dei collaboratori che siano in grado di fornirle notizie esatte sui libri che presenta. E lo so, ma ormai lo sapete anche voi, quando mi toccano de Giovanni sbarello come se toccassero un membro della famiglia. Ecco dottor Augias, presentare Pane per i Bastardi di Pizzofalcone (insieme all’ottimo Montanari ma ve ne parlo dopo), è stata un’ottima idea, per mille motivi, primo fra tutti portare alla trasmissione e a Rai replay, un consistente numero di telespettatori, ma per favore parliamone correttamente. I “gialli napoletani” come lei li ha definiti, sono romanzi lievemente più articolati di quelli che lei ha descritto, stiamo parlando di Storie di persone come potrebbe essere il suo vicino di casa, che incidentalmente fanno i poliziotti. Parliamo di 5, o se vogliamo aggiungere il singolo “Il metodo del coccodrillo” 6, romanzi che raccontano le vite sgangherate di gente normale, una donna che nonostante l’amore infinito che prova, non sopporta più il figlio autistico, di un poliziotto accusato ingiustamente di essere colluso con la mafia, che per questa accusa ha perso la moglie e rischiato il rapporto con la figlia, parliamo di un uomo che ha problemi a gestire la rabbia, quanti ne conosciamo, di una donna che non riesce a parlare della sua omosessualità al padre che si aspetta schiere di nipoti. Non vado oltre per non tediare i miei pochi ma amati estimatori, però è di questo che stiamo parlando, è di queste persone che de Giovanni scrive, non di “autentici figli di”. Su Ed Mc Bain non mi esprimo, e se avesse letto i Bastardi, e tutti i romanzi dell’ 87mo non si sarebbe espresso nemmeno lei. E adesso veniamo velocemente a Montanari, questo suo ultimo Sempre più vicino, non l’ho ancora letto e quindi non posso sapere se lei lo abbia letto o meno, oltre al fatto che ho trovato francamente brutto, usare le provenienze geografiche per fare il giochino del nord sud. Per fortuna sia Montanari che de Giovanni sono due SIGNORI e le hanno salvato la puntata. Ci pensi dottor Augias, non è la prima volta che scivola e la pensione non è poi così brutta come la dipingono.
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Città di polvere – Romano de Marco
Fra gli scrittori di ultima generazione Romano de Marco rientra a pieno titolo fra quelli che non sono più da tenere d’occhio, ma di cui aspettare la prossima uscita. Avete letto Io la troverò in cui abbiamo conosciuto Marco Tanzi e Luca Betti? Sì i due poliziotti della questura di Milano, quello cattivo e quello buono? Se non lo avete fatto datevi una mossa e procuratevelo in fretta, non è necessario averli letti per capire cosa succede in questo, ma sicuramente conoscendo il pregresso ve lo godete di più. (Se poi volete proprio godere, cercate Le prince noir, una raccolta che è un gioiellino) Tanzi è un bastardo, ma è uno che ha trovato la forza di uscire dal buco nero della punizione auto inflitta (dopo aver pagato quello che doveva) e adesso vive come può; portandosi addosso tutto il suo passato come una maglia tatuata. Betti è quello buono, quello che perdona, quello a cui forse mancano un po’ di palle, quello che credeva nelle regole, nelle procedure nell’onestà, e non è andata tanto bene nemmeno a lui. Di cattivi avidi, gente che venderebbe sua madre per una caramella o un tiro di coca, le librerie traboccano, e a quanto pare anche le questure i commissariati e le procure. Le città invece, traboccano di ignavi, di gente che non si accorge di quello che succede, di gente che per superare lo stress per divertirsi per fare soldi per non pensare, si lascia fottere da qualunque nuovo tipo di droga. E più sballi più riesci a star fuori dalla realtà, meglio è. Sì ma meglio per chi? Per chi sulla pelle degli altri ci vive, e ci vive alla grande. De Marco ci racconta una storia sporca che nemmeno la candeggina, una storia che viene da relativamente lontano una storia di corrotti per cui la vita degli altri pesa meno ancora dei famosi 21 grammi. E insieme una storia di coraggio, di onestà e di forza, anche quella di morire. Ci ha confezionato un libro che trabocca di quello che non vogliamo vedere. Lo fa con lo stile che ormai gli è proprio, riuscendo a calibrare linguaggi e atteggiamenti, dosando l’adrenalina come un medico alle prese con un arresto cardiaco, il dosaggio deve essere perfetto o il paziente muore. Un libro che ti tiene col fiato sospeso non tanto per le situazioni ansiogene, quanto per l’incertezza di quale direzione prenderanno i personaggi che quando un autore è bravo, diventano persone. E De Marco bravo lo è davvero.
