Questa non è una recensione, quella uscirà su Mangialibri (che io fra l’altro vi consiglio di seguire perché una decina di recensioni al giorno, interviste, specialoni eccetera sono tanta roba), diciamo una riflessione su un romanzo che va oltre il bello e un autore che va oltre il bravo. Di Piergiorgio Pulixi ho già parlato poco tempo fa, raccontandovi L’ira di Venere, una raccolta di racconti in cui questo signore dimostra come si possa ancora parlare di donne in modo diverso, con una sensibilità che ce l’avessero le tante donne che sento parlare di donne, il genere femminile governerebbe il mondo. Qui, nel romanzo che vede il ritorno di Vito Strega facciamo un ulteriore passo avanti. Tecnicamente si suppone che dopo 8 romanzi, di cui cinque con un personaggio seriale (biagio Mazzeo) innumerevoli raccolte di racconti e molto altro, uno scrittore abbia trovato il suo stile e vi si attenga, ma qui salta fuori la marcia in più. Pulixi ha fatto un ulteriore passo avanti nella scrittura, nei dialoghi; si percepisce la crescita, lo studio. In alcune interviste ho trovato raccontato il percorso che lo ha portato qui, si può dire che ha letteralmente assorbito tutto quello che poteva dal Maestro Carlotto dai colleghi del Collettivo Sabot e dalle (migliaia, quante?) di libri letti. Un personaggio simile a tanti altri, in fin dei conti il cliché non è difficile, un uomo solo, con quello che si definisce “un passato”, sguardo magnetico e una dolcezza infinita ben nascosta. Ecco dove si vede la bravura, se non avessi paura di esagerare direi addirittura il genio. Lo stesso stereotipo che ritroviamo quasi in ogni preteso giallo o noir che dir si voglia, solo in pochi (e parliamo di tre o quattro) autori, riescono a farlo diventare personaggio a se stante, completamente diverso dai suoi omologhi. Strega ha un passato, ha un peso notevole sul cuore, ha paura di far male ma non si ferma fino a che la verità non emerge in tutto il suo squallore. Come capita a Schiavone a Ricciardi a Lojacono (no, Montalbano è sui generis è proprio diverso come impostazione) e pochi altri, pur avendo queste, chiamiamole basi comuni, riescono ad essere completamente diversi l’uno dall’altro. E questo credetemi, è solo questione di bravura. Ottima la concezione del giallo in se, trama perfetta senza sbavature, a Pulixi va riconosciuto un altro merito. In un momento in cui i neri sono un facile bersaglio, il suo commissario mulatto, riesce a farsi amare incondizionatamente, da nord a sud, da est a ovest, e facendo una mezza citazione, isole comprese. Lunga vita a Strega, e davvero grazie a Pulixi.
