Fiori

Per i Bastardi di Pizzofalcone

A Napoli succede, fra i vicoli le scese e le scalinate improvvisamente ti trovi davanti un paesaggio che mozza il fiato o una chiesa di una bellezza che incanta, quel che succede è più tutto. Più colorato più chiassoso più profumato e più disperato. Così è Pizzofalcone, un groviglio di ricchezza e povertà, di allegria e di dolore. Esageratamente primavera anche nell’alba di aprile, in cui Savio Niola, viene trovato Massacrato appena oltre la soglia del suo chioschetto liberty, in ferro battuto e vetro da dove ogni mattina, nonostante i settantaquattro anni, tirava fuori i suoi fiori e le sue piante, pronti ad essere venduti a chiunque abbia qualcosa da dire, un perdono da chiedere, un amore da dichiarare, un’amicizia da ribadire e perfino un addio da suggellare. Eppure Savio era amato da tutti, aiutava chiunque avesse bisogno, fosse con le parole con i gesti con la comprensione. Lo ribadisce anche Ciro Durante, l’amico che tutte le mattine lo incontrava lì, gli faceva compagnia mentre Savio metteva fuori le piante, parlavano o forse no, quando si è amici da una vita non c’è bisogno di tante parole. Ma di questo, di come evolve l’indagine, lascio che vi dicano gli altri blogger. Quando finisco di leggere Maurizio ho il privilegio di poterlo chiamare e dire quel che ne penso, stavolta non avevo parole. Lui vuole sapere se il giallo regge, ma quello regge sempre, è il resto che mi ha lasciata fra le pagine per un pezzo. Ho scoperto il significato dei fiori, sentito la poesia, la bellezza e il dolore che emana l’amore, quello felice quello travagliato quello taciuto e quello manifesto. Quanto possano sorprenderci le persone (ok i personaggi) che credevamo di conoscere e quelli che stiamo conoscendo poco a poco. Quanto qualcuno possa scatenare nel giro di pochi minuti, raptus omicidi e risate di cuore e quanto ci si possa sbagliare nel “giudicare” qualcuno. Al di là di questo comunque, la potenza narrativa di una poesia messa in prosa, è al momento irraggiungibile ed è quello che fa de Giovanni, mette su carta le emozioni le paure le gioie segrete. Ci sono anche un paio di “colpi di scena” che scateneranno discussioni infinite, ma si sa che non sempre i lettori sono d’accordo su tutto, di una cosa però sono certa, non guarderete più un anemone, una rosa, un geranio o un ciclamino.    “Tu lo sai, perché te l’ho detto tante volte: ogni fiore racconta una storia. A volte sono storie di una parola sola, altre invece sono piú lunghe. Dipende dal fiore”. In questo, che forse a parte il prossimo, è al primo posto della mia classifica, ho trovato più poesia più bellezza più dolore e più amore che in tutti i precedenti.  Io lo sapevo che non sarei riuscita ad evitare la banalità, che inevitabilmente sminuisce la profondità della scrittura di de Giovanni. Ci ho provato, ma credetemi è davvero una poesia in prosa.

  

  

 

E finalmente torna Settembre (portandoci 12 rose)

Avete letto tutte le raccolte di Sellerio? Se sì (a meno che non siate fra quei disgraziati che saltano i racconti), avete già incontrato la dottoressa Settembre. Quarantaduenne assistente sociale nel centro storico di Napoli. Fra l’altro ex moglie di Claudio (lo ha lasciato lei per la cronaca) che di lavoro fa il magistrato, per cui, oggi per un motivo, domani per un altro, si incontrano spesso e se non c’è necessità reale, uno dei due la crea. La Nostra Mina, che all’anagrafe fa Gelsomina, è tornata dopo la separazione, a vivere con mamma Concetta. Ecco, perdonatemi ma io due o tre parole su questa donna le devo spendere. Credo che si posa definire una sorta di monito di Dio al mondo: “occhio che l’inferno esiste”. Un martello pneumatico in sedia a rotelle, preposta ad umiliare la figlia, che non dimentichiamolo ha commesso due errori, ha sposato il magistrato, che non è ricco, e poi si è anche separata. Il Concetta life style, prevede infatti che una donna non lavori e sposi un ricco che la mantenga. Mi taccio su come tratta le badanti, che secondo lei fanno quel lavoro solo perchè la Merlin ha chiuso le case a suo tempo. Ovviamente quel geniaccio di deGio ne ha fatto un personaggio diabolicamente divertente. Oltre alla mamma, Mina ha anche un problema fisico, piuttosto grosso, però non ve ne parlo, perchè se non l’avete ancora conosciuta è giusto che lo scopriate da soli. Sappiate che nel mazzo di rose che ci ha confezionato, l’autore ha messo anche, un ginecologo bello come Robert Redford, al punto che i trans, sostengono di avere la vaginite, un anziano portiere convinto, del tutto immotivatamente, di avere il fascino di Redford, ma che per Mina, o meglio per il suo problema, farebbe follie, le amiche pazzarielle che fra una nuova french manicure e un aperitivo, accettano allegramente di aiutare Settembre nel salvataggio della mamma e della ragazzina, per quanto possa essere pericoloso.
Potrei parlarvi del giallo, che stavolta tocca Mina molto da vicino, oppure del “caso” di cui si deve/vuole occupare come assistente sociale, che proprio privo di rischi non è, potrei raccontarvi delle 12 rose, ma no, non derogo alla regola, vi dico solo ordinatelo andate precipitatevi in libreria (ce lo trovate dal 29). Se poi avete ancora un po’ di magone per i saluti di luglio, Settembre, con un gran bel giallo e molte risate, vi risolleverà il morale, senza se e senza ma. A seguire (non so esattamente quando), la recensione vera su Mangialibri

Rondini d’inverno – Sipario per il commissario Ricciardi

Quella finestra, anzi quelle finestre, una dirimpetto all’altra, come due volti, gli occhi che si guardano e le bocche che tacciono, ma dalle cui espressioni si possono intuire i pensieri. Si possono alimentare o spegnere speranze. Quelle finestre da cui si può vedere il cenno, leggere una parola detta senza voce. Dietro quelle finestre che ormai conosciamo come fossero quelle di casa nostra, si svolge il dramma, uno spettacolo orchestrato da un regista che tenta di adattare la storia ai suoi desideri. Su un altro palcoscenico intanto, la messa in scena della morte cambia odore, da quello della polvere di legno delle tavole, a quello aspro e ferroso del sangue e della cordite. Ed è sangue versato per amore. L’amore sì, ancora una volta è l’amore il protagonista. Ma ve ne parlerò fra qualche tempo, voglio lasciar sedimentare le emozioni, perché sono tante, come sempre del resto (anche se insomma, un qualcosina in più ce lo ha messo a mio parere). Vi anticipo che nonostante all’apparenza lo schema sia il solito, trama e sottotrame con i corsivi, qualcosa di profondamente diverso c’è. E vi linko anche la lettera pubblicata oggi dal Corriere del Mezzogiorno, riuscite a crederci? Ricciardi in persona ha scritto al suo creatore, sorprendente il contenuto della missiva, ma solo per i lettori distratti, i più attenti avranno una felice conferma. 🙂 Come sempre, grazie Maurizio.