LA SVEDESE

“Sulla strada non c’era più il ferreo controllo di una volta, quando quelli della Magliana s’erano presi Roma. Non erano più i tempi di Romanzo criminale.
Ora tutti facevano un po’ come gli pareva, bastava non pestarsi i piedi. Bastava sapersi muovere un po’ in rete e si potevano comprare barili di «Gina»
e tirarci su dei bei soldini”.

Sono passati vent’anni dall’uscita di ‘Romanzo Criminale’ di Giancarlo De Cataldo e tante cose sono cambiate, soprattutto in ambito tecnologico, e così come tutti noi, anche la malavita romana e non, si è adeguata a questa evoluzione.

Sharon (che ha optato per un più esotico Sharo) è una ragazza giovane, ha solo ventitré anni, vive nella periferia romana con la madre invalida, – il padre è morto – e si accontenta di vari lavoretti, tutti onesti, per sopravvivere, e
cercare di rendere la vita della madre meno dura e per quanto
possibile, accantonare un po’ di soldi per riuscire a scappare al più presto da quella periferia che le va stretta per avere, pur senza pretese
esagerate, quello che si merita.
E l’occasione le si presenta una sera quando, a causa di un incidente col monopattino, scopre che il suo fidanzato fa il pusher e per non lasciarlo nei guai, porta a termine la consegna che avrebbe dovuto fare lui e si imbatte in un aristocratico annoiato che affascinandola e in qualche modo prendendola sotto la sua protezione, scardina i suoi principi e passo dopo passo la trascina in qualcosa che non aveva preventivato, fino a far sparire Sharo e creare ‘la svedese’. Una criminale che le cupole vogliono morta.

Ambientato nel periodo di inizio pandemia il nuovo romanzo di De Cataldo si concentra sulla lotta tra le bande per avere il monopolio dello spaccio entrando nel tessuto sociale e culturale che in ambito criminale unisce la periferia al centro della capitale. Non sono solo le bande romane a contendersi il potere. Ci sono le ‘ndrine calabresi e gli albanesi, ognuna con diverse culture, usanze e tradizioni, che De Cataldo sottolinea con l’uso sapiente dei dialoghi dialettali e i tanti modi di dire, in primis il romanesco.

Una delle figure più interessanti è quella del Principe, questo aristocratico più vecchio di Sharo, ricco, raffinato, colto e spregiudicato. Completamente disinteressato a qualsiasi tipo di avventura sentimentale, oltre a dare l’input all’avvio dell’ascesa ai vertici della carriera criminale di Sharo, diventa per lei anche un punto di riferimento culturale iniziandola alla conoscenza e alla bellezza dell’arte e della mitologia come metafore di vita.
Il rapporto tra i due fa da traino a tutta la storia per la particolarità della relazione, per la differenza di età e di ceto sociale, per le cose non dette e le “lezioni” che l’uomo impartisce.
Una relazione che porta a interrogarsi, a cercare di capire il rapporto che si è instaurato e dove porterà.

Ci si chiede anche cosa sia che spinge la giovane Sharo, onesta e per bene, a decidere di cogliere un’occasione particolare, contraria a ogni suo
principio. È un diamante grezzo Sharon, che il Principe spinge a valorizzarsi, studiando e rischiando fino a farsi un nome e una “posizione” nel mondo criminale, tanto che inizia ad essere vista con sospetto prima e con rispetto poi, dai suoi collaboratori e dalle bande rivali.
Ma ovviamente non è finita qui.
In questo romanzo De Cataldo ci mostra i rapporti stretti tra potere e malavita, il disagio giovanile, l’espandersi delle nuove droghe, i cambiamenti di atteggiamento a fronte di determinate situazioni.