Le Barbe dei frati

Vi avevo promesso che avrei “rimediato” alla latitanza, ed eccomi con la special edition “come mondare le verdure ad alto tasso di scarto” quelle che necessitano di tempo pazienza certosina e possibilmente le idee chiare su cosa farci una volta pulite.

Avete presente gli agretti, detti anche Barbe di frate e poi altri 100 nomi, perché ogni regione li chiama a modo suo? Io ne vado pazza, letteralmente e in quelle 3 massimo 4 settimane dell’anno in cui si trovano, ne mangio a chili.

Hanno un sapore, per chi non li conoscesse, molto simile agli spinacini freschi, solo più deciso e una consistenza completamente diversa. La settimana scorsa, ho avuto un’epifania, mia ovviamente, magari poi scopro che li pulite tutti/e così da sempre ed ero io la pirlotta, ma tant’è. Poi vi do anche qualche suggerimento sull’uso.

Allora, li vendono a mazzetti e in linea di massima, sembra che costino un botto, non è così, le immagini qui sotto, danno l’idea di come possa avvenire la raccolta e il confezionamento

Non fatevi ingannare dalla foto in cui sto per tagliarli, parte del mazzetto è nascosta dalla mano con cui li tengo. Fate conto che la radice di cui si vede la punta incartata, ha circa la stessa lunghezza della parte verde che poi andremo a mangiare e dalla fotina in cui sono ancora nel terreno, si intuisce che la raccolta non è automatizzabile.

Fatte queste doverose premesse, e dico doverose perché abituati come siamo ai supermercato o banchetti dell’ortolano, troppo spesso ci dimentichiamo che la verdura, quasi tutta, si raccoglie da terra e la terra è tanto bassa, proseguiamo.

La maggior parte di chi li usa, li spacchetta e poi li lava (non avete idea di quanta terra possano trattenere le radici, e poi li taglia all’altezza di dove finisce la foglia. Errorissimo.  Una delle caratteristiche delle barbe, è che si appiccicano, una foglia all’altra, sul piano di lavoro, le une alle altre, sulle dita e non le recuperi. In più scivolano, vabbè non so se sia la parola giusta ma insomma, tagliandole dopo averle spacchettate, il rischio piuttosto alto è che all’interno del mazzetto, restino tante foglie che invece dovrebbero finire nella padella.

Il trucco quindi è, ancora avvolte nella carta e con il loro elastichino d’ordinanza, sciacquate le foglie sotto l’acqua corrente e poi le sgocciolate, poi le appoggiate su un tagliere e tirate giù la carta più o meno come nella foto. Io normalmente, taglio le foglie a pezzetti di 4/5 centimetri, e poi le metto da parte.  A questo punto la situazione è più o meno questa

Li vedete i pezzettini di foglie rotte, tutta roba buona. Comunque. Via la carta ma non l’elastico, da sopra, prendete, tirate, le piantine una alla volta e con la manina, letteralmente pelate il fusto (fustino). Sempre al tatto e con un minimo di esperienza, vi accorgerete che il fusto stesso, cambia proprio consistenza da un millimetro all’altro, la parte morbida, benché  più chiara delle foglie, è buona, si mangia. Con un abile movimento del pollice, lo spezzate, il gambo, la parte tenera la unite alla ciotola terrina o piatto in cui ci sono le foglie e quel che resta ( a sinistra nella foto guardandola) è lo scarto.

A questo punto ulteriore bella sciacquata (occhio che i pezzetti piccoli galleggiano e si attaccano, ve l’ho detto prima) e le barbe sono pronte per diventare parte integrante del menù. Che decidiate di usarle come contorno, come primo o come ingrediente, partite dal presupposto che richiede una cottura estremamente corta. Una sbianchita (immersione in acqua che bolle per due massimo 5 minuti) o vapore, sempre per pochi minuti. Personalmente, qualunque sia l’uso che ne voglio fare, una volta sbianchite, fanno un giro, dieci minuti a esagerare tanto, in padella con un filo d’olio e di aglio. Non vi piacesse l’aglio, va bene anche la cipolla che contrasta un po’ il gusto asprigno.  

Giuro che a pulirli e prepararli, ci impiegate molto meno tempo di quanto che ne ho messo io a scrivere e probabilmente voi a leggere, ma vi garantisco che lo scarto si riduce davvero al minimo e il gusto… me lo direte.

Veloce veloce, quando avete finito di fargli fare il giretto in padella, se poi li avete tagliati come vi ho suggerito meglio, intanto che fate cuocere della pasta, lunga o corta poco importa, a fuoco spento e padella calda, aggiungete del formaggio spalmabile o se vi piacciono i gusti più decisi un po’ di panna acida. Un attimo prima di scolare la pasta, mettete un mestolino piccino picciò nella padella, scolate e fate saltare la pasta, giusto quel tantinello da amalgamare il tutto, se piace, una spolverata di parmigiano o grana, se avete usato il formaggio invece della panna acida, provate a grattugiarci sopra il solito zest di limone. Mi sento un po’ posseduta da Cannavacciuolo, ma se uno ha ragione ha ragione.

PASTA E PISELLI – Come la faccio io

Chiaro che qui non c’è la pretesa di suggerire piatti gourmet, ma metti caso che vi siano sfuggiti i veri reels o che non abbiate voglia e tempo di andare a cercarli, io vi lascio qui le mie versioni delle ricettine.

Per questa pasta e piselli, combo perfetta perché la proteina del legume viene assorbita molto meglio se mangiata con il carboidrato, vi servono poche cose, ecco quali:

Piselli – surgelati in scatola freschi, cambiano ovviamente il tempo di cottura e forse un pochino il gusto se usate quelli freschi

Pasta – meglio corta

Cipolla – bianca rossa dorata, van bene tutte

Guanciale o pancetta

Amo molto la pasta risottata, però partendo da cruda, non mi viene mai proprio giusta, quindi la porto a ¾ di cottura nella tradizionale pentola d’acqua, appena appena salata. Mentre la pasta cuoce, metto in una padella saltapasta (quelle coi bordi un po’ alti per capirci), il guanciale. Quando il suo grassino si è sciolto, tolgo la ciccia e aggiungo la cipolla tritata a coltello. A cipolla un pochino dorata, aggiungo i piselli e un mestolino, ma piccolo, di acqua di cottura della pasta. Come ho scritto sopra, il tempo di cottura dipende dai piselli. Quando son quasi cotti, sposto la pasta, che sarà a 3/4, nella padella, aggiungendo acqua di cottura poco a poco, la pasta finirà di cuocere, l’acqua si trasformerà, grazie all’amido, in una cremina. A quel punto, ci metto il guanciale che avevo lasciato da parte, una bella spolverata di formaggio, vanno bene grana, parmigiano pecorino e financo la ricotta da grattuggiare. Saltate per bene in modo che si amalgami bene tutto e mettetela nei piatti. Occhio alla quantità, perché è un piatto unico di molto buono, ma è anche bello tosto.