LA STELLA DEL DESERTO

Hieronymus “Harry” Bosch. Età settant’anni circa. Veterano del Vietnam. Professione poliziotto in pensione, detective privato, collaboratore freelance. Una figlia, Maddie, poliziotta anche lei. È un appassionato di jazz: Parker, Coltrane, Brown, Baker. Lo ascolta preferibilmente nella sua casa sulle colline di Hollywood, da dove spesso, mentre se ne sta seduto fuori a gustarsi la sua birra, sente l’urlo del coyote in lontananza.

Questo il curriculum, molto sintetizzato, del personaggio creato da Michael Connelly ormai trent’anni fa. Eppure Harry è ancora uno dei personaggi più amati della letteratura thriller: soprattutto per chi lo segue da sempre, Harry è ancora l’eroe romantico, con ideali ferrei e una particolare e immensa compassione per le vittime dei suoi casi. Non per nulla la filosofia che lo guida è: “Contano tutti o non conta nessuno.”  Non uno slogan, non un messaggio motivazionale, ma un modo di sentire profondo che da sempre lo anima.

Per questo Renée Ballard, che abbiamo incontrato in coppia con Bosch negli ultimi libri, lo chiama a collaborare con lei quando viene messa a capo della rinata Unità Casi Irrisolti. Ballard è a sua volta una outsider della polizia, con un curriculum altrettanto tormentato di quello di Bosch: degradata all’Ultimo Spettacolo (il turno di notte), uscita dalla polizia per incomprensioni coi capi, rientra in gioco quando le viene promesso di poter lavorare nel settore preferito.

L’Unità Casi Irrisolti, a cui aveva già lavorato Bosch anni addietro, era stata smantellata, ma ora viene ricostituita sotto l’insistenza e con l’appoggio del consigliere comunale Jake Pearlman, la cui sorella minore era stata assassinata anni addietro senza che il suo assassino fosse mai stato preso. Bosch accetta di lavorare con la squadra di Ballard quando gli viene promesso che potrà rioccuparsi del caso freddo che più gli è rimasto nel cuore: lo sterminio della famiglia Gallagher, genitori e due figli piccoli uccisi e poi seppelliti nel deserto del Mojave. Un sospettato, Finbar McShane, mai rintracciato.

Le indagini nel libro seguono i due filoni Pearlman e Gallagher, con alterni colpi di scena e momenti di suspense. Più ci addentriamo in esse, più torniamo in sintonia con Bosch, più la lettura diventa adrenalinica, concitata e impellente. Purtroppo non è possibile raccontare i momenti più tesi della storia, per non fare spoiler. Ma vi assicuro che non vi faranno dormire!

Ritroverete il Bosch che avete amato tanto, quello che pensa“a come la verità veniva sempre manipolata dalle persone al potere”, o che “A volte fai la cosa sbagliata per il motivo giusto”. E che il nostro è inevitabilmente “un mondo pieno di rabbia” dove “le persone fanno cose che non ti aspetteresti mai. Che forse non si aspettano neppure loro”. Ritroverete un Bosch invecchiato e acciaccato, ma ancora capace di conquistare il cuore del lettore. Un Bosch che si commuove di fronte alla stella del deserto: un piccolo fiore dall’aspetto delicato, eppure forte e implacabile, resistente al caldo e al freddo, che nasce tra le rocce del deserto. Un fiore che secondo qualcuno è la prova che Dio esiste: “È difficile credere che qualcosa di così bello possa nascere in un posto come questo. E dicono che Dio non esiste. Se lo chiedi a me, Dio è proprio qui, nelle piccole cose.”

Bosch è ancora lì: personaggio immaginario, eppure così vivo e reale. E ancora se ne va, continuando a guidare nella notte. Fino alla prossima volta.