METTICI LA MANO

di MAURIZIO DE GIOVANNI – regia ALESSANDRO D’ALATRI

Immagine da TEATRI.IT

Ogni tanto mi faccio un regalo, ahimè non quanto vorrei, e vado a teatro. Giovedì sono andata al Menotti a vedere Mettici la mano che sarà in scena fino al 2 aprile e poi potrete trovare in giro per la provincia. Il testo è di de Giovanni, protagonisti Maione e Bambinella – all’anagrafe Antonio Milo e Adriano Falivene – che ben conoscono tutti quelli che hanno letto Il commissario Ricciardi o hanno visto la fiction, che si trovano con sorpresa di entrambi, in un sotterraneo a causa di un allarme bombardamento. Lei camuffata da suora e lui con una ragazzina ammanettata. In 90 minuti ti arrivano addosso tutte le emozioni possibili. Le risate consuete, che scaturiscono dai dialoghi fra il femminiello e il brigadere, si alternano in un crescendo scandito dalle bombe sempre più vicine, alla rivelazione del perché Carmelina –Elisabetta Mirra– una vera promessa già mantenuta, detta Melina, sia stata arrestata. A Maione non sembra vero ci sia qualcosa che lui sa e Bambinella no, lei che alterna domande, tentativi di seduzione, implorazioni alla statua della Madonna addolorata, messa lì dai fedeli dopo che la chiesa è stata bombardata e il silenzio ostinato di Melina che quando apre bocca, lo fa per sostenere che la Madonna non esiste e se c’è di sicuro non ha tempo per pensare alle preghiere dei poveri cristi come lei. All’epoca una bestemmia. Nel suo candore non del tutto esente da un filo di furbizia esercitata a fin di bene, Bambinella mentre cerca di carpire informazioni, sostiene che se Melina non si pentirà di quel che ha fatto e non ammetterà davanti alla Vergine che solo col Suo aiuto usciranno vivi da lì, faranno una bruttissima fine. Come sempre nei testi di de Giovanni si trovano suggestioni infinite, non so quale sia il tema portante, perché la storia di Melina – anche se raccontata con delicatezza infinita – è terribile, ma c’è la statua della Madonna, che alla fine è mamma prima di tutto, c’è la legge che in qualche modo si adegua alla giustizia. Non c’è mai giudizio nei racconti di de Giovanni, solo una presa d’atto di quelle che sono le umane vicende e le abitudini – come il rivolgersi alla madonna o a un santo, nei momenti di difficoltà – c’ è solo uno sguardo pieno di pìetas per le nostre piccinerie, c’è il perdono che arriva sempre quando legge e giustizia, come da sempre accade, non coincidono. Poi c’è la bravura degli interpreti, chi non frequenta il teatro deve accontentarsi di quello che vede in televisione, ma se si parla di magia del teatro, una ragione c’è. A teatro non c’è modo di rifare una scena, ogni secondo di pausa ogni sguardo ogni minimo movimento fa la riuscita o meno della performance e i tre in scena sono strepitosi (e per quel che può servire ho visto recitare i più grandi) La regia di D’Alatri, come già avvenne per Gassmann è tarata perfettamente sull’autore. In buona sostanza vogliatevi bene, fatevi regalare quei 90 minuti di magia senza pensarci due volte.