D’altra parte è così, le parole rotolano e prima o poi tutti le facciamo nostre
Faccio molta fatica a scrivere di libri, troppe cose brutte intorno, non a me personalmente anzi, ma basta ascoltare un TG (uno a caso tanto mi sembrano fatti con lo stampino) e ti cadono le braccia. Non sopporto più le fazioni, il tifo per il tifo, per cui da un lato mi si ribalta lo stomaco per come sta agendo Israele, per l’ISIS che prende il potere in Siria (e se pensate che sia un Paese qualsiasi, fatevi un ripassino di Storia o un giro su un’enciclopedia). Dall’altro mi sale il crimine a leggere (dovrei mollarli sti cazzi di social, lo so), novax che attribuiscono la morte di ultraottantenni al vaccino, e provax che ancora si accaniscono augurando le peggiori cose, uomini e donne che si suppongono adulti, con una professione, insomma, mediamente muniti di intelligenza e cultura, che hanno creduto alla storia della bambina sopravvissuta tre giorni in mezzo al mare – per inciso non ci sono resti del barchino né umani, grazie a dio, e dopo qualche ora, se fosse vero, non ci sarebbe più stata nemmeno la bimba – ma gli insulti che ho beccato, sono roba da TSO. E vogliamo parlare di chi posta solo ed esclusivamente reati e inciviltà commessi da immigrati e di chi ribatte colpo su colpo con le nefandezze autoctone. Potete capirmi vero? Comunque ci proviamo, un paio di consigli dovrei riuscire a metterli insieme.
Partiamo col botto, è tornata da qualche settimana, la mia adorata Louise Penny e con lei l’amato Gamache. Il gioco, il trucco se vogliamo, è di essersi inventata un personaggio impossibile da non amare. L’umanità di quel personaggio apparentemente burbero che invece si porta dentro e sulle spalle tutto il dolore diretto e indiretto che ha visto provato, involontariamente provocato, scalda come un tè caldo. Un uomo che non è capace di odiare, che trova un sollievo totale nella famiglia e negli amici.
Forse rileggendo, lo si ama proprio per quello che ho scritto in apertura, è un antidoto alla bruttura del mondo, è un attimo di pace. Mi direte ma che giallo può essere? Tosto cavolo, ma tosto forte eh, perfino troppo. Richiede grande concentrazione questo romanzo, il caso è particolarmente complicato e prevede un piano mostruoso da sventare, si viaggia, anche molto pericolosamente, per tutto il Canada e si arriva addirittura a Roma, ci sono un sacchissimo di alias – del tutto legittimi peraltro – che ne fanno una girandola.
Eppure le relativamente poche scene che si svolgono a Three Pines, sebbene drammatiche, danno quel senso di pace di cui parlavo prima. La strega la papera Rose, i proprietari del bistrot, i cani e il paesaggio, lasciano sempre un senso di “giusto”. La voglia di avere un posto così, degli amici così dove tornare. Una “collega” blogger, si chiedeva se fosse una sua impressione, aver trovato nel romanzo una vaga aria di Fred Vargas e in effetti c’è, ma d’altra parte se la Vargas ha portato lo spalatore di nuvole in Canada (e ci stava perfettamente), altrettanto bene ci sta una puntina del suo stile. Un paio di giorni, ma anche tre o quattro perché è bello cicciotto, fra una festa e l’altra, dedicateglieli che la prossima settimana, vi racconto di Carrisi.

