
Un titolo che richiama la prima strofa di una canzone dell’indimenicao Dalla non volutamente penso, ma a posteriori posso anche dire che tutto sommato, la strofa ci sta senza neanche stiracchiarla, ok scusate la digressione ma ho i neuroni sensibili al caldo. Dunque torniamo a bomba sul romanzo, credo sia stato sir Conan Doyle per bocca di Sherlock, a dire che “una volta eliminato l’impossibile, ciò che rimane per quanto improbabile deve essere la verità”. Chiunque sia anche vagamente appassionato di letteratura gialla, conosce questo paradigma figuriamoci quindi se un autore ormai entrato a pieno titolo nel novero dei grandi nomi del noir italiano, non solo lo conosce ma lo mette in pratica alla perfezione. L’unità investigativa sui crimini seriali, è nata dopo la soluzione di due casi, uno che sembrava destinato all’oblio e uno che ha avuto una risonanza eccezionale con il coinvolgimento praticamente dell’intera nazione. Inestita dell’ufficialità, la squadra interregionale Strega rais Croce Pavan, che ricordiamo non ha limiti territoriali,viene inviata a Garlasco dove la scomparsa di una giovane donna, che ben presto si trasforma in omicidio, ricorda terribilmente il primo caso di cui si sono occupate Rais e Croce in Sardegna. C’è qualcosa di rituale che a Garlasco è decisamente fuori contesto e i punti coincidenti sono davvero troppi perché gli inquirenti non prendano questa decisione. La scelta di ambientare il romanzo in un paesino lombardo diventato famoso per un omicidio che ne ha fatto per molte settimane l’ombelico d’Italia, con i pochi alberghi e locali che hanno goduto di un’impennata nei loro introiti grazie agli inviati di ogni giornale rivista o emittente tele radiofonica che fosse, non è casuale ma voluto per tutta una serie di ragioni che l’autore ha ben spiegato durante una presentazione, non ve ne posso parlare perché il rischio spoiler è altissimo – anche se non per individuare il colpevole – diciamo che ha voluto puntare un faretto anche su un fenomeno di cui si parla troppo poco ma è un problema di quelli belli grossi (che probabilmente mai troverà soluzione). La narrazione rispetto ai romanzi precedenti è o dà l’impressione di essere più lenta, poca azione e un gran lavoro di studio sulle persone coinvolte. Scavare andare oltre il detto, cogliere le incongruenze e da quelle partire per cercare il movente che apparentemente non c’è. Se in Sardegna, fra gli incredibili scenari dell’interno e il mare, creare suggestioni è relativamente facile, farlo nella piatta campagna lombarda è un gioco che richiede un notevole talento ma Pulixi ci riesce perfettamente tanto che in alcuni punti mi sono trovata a chiedermi se non ci fossero due scene del crimine. Ci sono alcune cose che mi hanno lasciata perplessa, piccolezze che i più con cui ho parlato non hanno nemmeno notato, il consiglio che posso dare – ovviamente parlo solo per i maniaci come me – è di non soffermacisi perché fondamentalmente, sono funzionali alla storia. L’evoluzione dei personaggi e delle dinamiche che si sono instaurate, è palese, prodromica sicuramente ai prossimi romanzi ma mai snaturante, in più si aggiungono figure che abbiamo già incontrato e altre che probabilmente ritroveremo. Un noir che tocca, com’è giusto che sia, tasti che suonano note orribili, quelle che ognuno di noi potrebbe avere nascoste e grazie a Dio restano nella maggior parte della gente, mai suonate. Un’altra ottima prova dello scrittore sardo che ad ogni nuovo romanzo ci regala emozioni e il suo talento.
