
“Rimane il fatto che andare al Salone per tanti non è una gita da fare il sabato o la domenica ma un vero e proprio ritorno a casa, e finalmente liberi dai legacci della, si spera passata pandemia, un’occasione di lavoro che diventa condivisione e vita”
Ho chiuso così il primo articolo sul SalTo22, perché al di là delle critiche, motivate e quindi lecite, al direttore per la sua ultima edizione, vanno tributati anche i giusti elogi. Tanti tanti incontri, davvero per tutti i gusti, una nuova disposizione che ha ampliato un po’ gli spazi, il tentativo di farci respirare con l’ausilio dell’aria condizionata, laboratori di ogni tipo un posto dove lasciare i bambini e un signor programma. Un occhio attento all’igiene (che visto il numero di visitatori non è scontata) e uno all’ecologia con i distributori d’acqua sempre riforniti a cui riempire le borracce e il bosco, sì sì, piccolo ma un bosco vero fatto di alberi.
Detto questo arriviamo al dunque, vado al Salone perché ho un blog che parla principalmente di libri, perché da 14 anni faccio parte di Mangialibri, perché amo leggere, nel corso degli anni molti autori sono diventati amici e tantissimi amici sono lettori più o meno compulsivi. Non riesco a ricordare se fossi già una Mangialibri la prima volta che ci sono andata, ma a spanne direi di no, l’ho visto crescere e ci sono cresciuta io.
Tre giorni che se mi passate il paragone lievemente esagerato, sono un po’ come un parto una fatica bestiale – quest’anno a onor del vero più fisica che altro – ma che appena finito non te la ricordi più e ti lascia emozioni ogni volta uguali e diverse.
Restano i sorrisi, gli abbracci, le cazzate che senti e quelle che inevitabilmente dici, le foto con le facce più assurde, quelle con i vip da aggiungere alla galleria. Restano i momenti seri in cui ti ricordi perché ogni anno ti immergi in quella follia e di stand in stand la borsina con i libri che leggerai (e poi troverete qui o su ML) diventa una borsona e ti stramaledici perché il peso ti tira giù.
Restano i panini mangiati in piedi sotto un sole che poteva cuocere le pizze, panini che peraltro costano come il caviale pur essendo dei normalissimi Camogli, restano i momenti in cui ringrazi dio di avere un’intervista che ti permette di sederti in sala Lounge, berti un caffè e mangiare un dolcino che ti portano (stante l’aumento del numero di giornalisti ci sono stati momenti in cui per evitare assembramenti da metropolitana hanno limitato gli ingressi).
Alla fine quindi, stanchezza o no, eventi visti o meno, amici incontrati 50 volte e altri neanche visti, il Salone del libro di Torino è una festa di quelle belle, che un po’ ti dispiace che sia finito, ma niente paura, nel 2023, stesso posto stessa gioia emozioni nuove, ed è giusto il tempo che serve per organizzarsi.
