IL POZZO DELLA DISCORDIA

Cristina Rava - Nero Rizzoli

Non so, sarà una mia impressione ma i romanzi che stanno uscendo in questo quasi post pandemia, mi sembrano tutti molto diversi dai precedenti. Evidentemente le cose accadute a molti di noi, a livello emotivo e non, sono accadute anche a molti dei nostri autori. Quasi tutti hanno (grazie a Dio), bypassato la fase lockdown mascherine distanziamenti eccetera,  hanno virato impercettibilmente o percettibilmente, verso situazioni normali anzi, situazioni in cui più che mai sono necessari gli abbracci e la vicinanza. Mi è sembrato che rispetto ai recedenti romanzi, i protagonisti siano più sullo stesso piano, la storia sia più corale. Come già con Montanari, le ho posto un paio di domande (che poi vi copio alla fine, e Cristina da quella persona deliziosa che è ha risposto, confermando o smentendo). Nello specifico sulla coralità, ha confermato “credo superato il modello dell’investigatore superintelligente che intravede la soluzione e la persegue come un cane da fiuto. Le capacità convergono a creare una rete di pensieri, riflessioni, deduzioni, mai prive del cemento indispensabile dell’umanità, perché il fattore umano, come aveva ben intuito Graham Greene è fondamentale se si vuole dipingere un affresco credibile.”   La scrittura della Rava è scorrevole ma mai superficiale, entra nella testa e nei sentimenti dei personaggi con una lucidità e delicatezza rari, la trama come sempre complessa e abbracciando più vicende apparentemente slegate, scorre senza intoppi e senza che il lettore se ne renda conto, ogni tot gli anelli si uniscono fra loro, uno qui uno lì, e alla fine risulta palese che fossero tutti componenti di una stessa catena.  La confusione emotiva di Ardelia è palpabile, dopo la morte dello zio Gabriel, anche se il tempo fa il suo lavoro, continua a mancarle un centro di gravità permanente, ma grazie alla rete di affetti che si è costruita, bene o male fra parecchie bracciate – il lavoro – e molte miglia facendo il morto, riesce a stare a galla.                           Particolarmente interessante è l’approccio con la ormai ex serial killer, di tutti i coinvolti, da Rebaudengo alla stessa Ardelia. un’empatia che fa sì da spazzare via il passato, accettare, ma davvero, che il suo debito lo ha pagato e fa sì che anche intorno a lei si crei una sorta di gruppo d’appoggio, per aiutarla al rientro nella vita normale.    Ah, prendetevi nota durante la lettura dei brani di musica citati, sono una playlist da ascolto notevole.                                                            Un romanzo che invita, con naturalezza, a valutare o rivalutare l’importanza degli altri nella propria vita, a riconsiderare il “perdono” come via per la serenità. Il tutto abilmente e perfettamente nascosto in un racconto giallo perfetto.  Come dicevo vi riporto qui sotto le mie curiosità, non si tratta evidentemente di intervista ma di qualcosa in più per godersi il romanzo. Ringrazio Cristina che è una persona deliziosa e le mando un forte abbraccio, lei sa perché.

C: Ho avuto l’impressione leggendo il romanzo, che sia molto più corale rispetto ai precedenti, vero che era una strada aperta ma stavolta è stato come se tu avessi voluto tutti protagonisti allo stesso livello, qualcosa da dichiarare in merito?                                                                              R: Il tuo suggerimento è appropriato. Forse la mia è una volontà inconsapevole, ma credo superato il modello dell’investigatore superintelligente che intravede la soluzione e la persegue come un cane da fiuto. Le capacità convergono a creare una rete di pensieri, riflessioni, deduzioni, mai prive del cemento indispensabile dell’umanità, perché il fattore umano, come aveva ben intuito Graham Greene è fondamentale se si vuole dipingere un affresco credibile.                          C: sono rimasta un po’ sconcertata dall’intensità del sentimento che Ardelia scopre di sentire nei confronti di Norma, una specie di sindrome di Stoccolma. Io ho pensato a una sorta di sublimazione del non rapporto che ha con la sorella, insomma, a parte l’umana pietà e comprensione la Piccolit ha cercato di ucciderla, come può Ardelia essere così distaccata da quanto accaduto?                                                                                                                              R: Non credo che Ardelia sia afflitta dalla sindrome di Stoccolma. Norma ha svolto un ruolo fosco nella vita della dottoressa Spinola, ma paradossalmente, pur avendo agito con violenza, l’aveva eletta a supremo giudice del suo operato e della sua condizione. E Ardelia ha compreso e perdonato. È riuscita a circoscrivere quell’episodio nel contesto della malattia della pianista, a isolare il passato e a salvare il futuro. Per questo non prova risentimento nei suoi confronti.        C: Il rapporto con Rebaudengo è ormai stabilmente diventato una profonda amicizia, con Arturo non si capisce bene, ma la vuoi accasare o pensi di lasciarla così fra color che son sospesi? Soprattutto, Ardelia ha idea di cosa vuole o no?  R: Ci sono momenti, nella vita se non di tutti, ma di alcuni di noi, in cui l’orizzonte è confuso e non si ha idea di dove si stia navigando. L’importante è non fermarsi, non aspettarsi miracoli ma restare aperti a ciò che capiterà. Ardelia non è felice, ma inquieta com’è non lo sarebbe nemmeno se fosse protagonista di una pubblicità del Mulino Bianco.                                                                                                                           C: Tornando alla trama, questa volta mi è sembrata più profonda, quasi un pretesto per raccontare l’evolversi di sentimenti umani, dalla pietà per i vinti alla necessità di “solidificare” i rapporti amicali e parentali, e oltre a questo, senza nulla togliere ai precedenti romanzi, sei riuscita a farci partire con tremila fili che poi via via vanno a formare la trama e l’ordito di un unico pezzo di stoffa che ingloba il team investigativo. Te ne sei accorta o è la storia che ha fatto tutto da sola? R: Non credo di aver scritto con un preciso intento. Ho raccontato le storie di queste persone come se fossero vere, ognuna con i suoi numeretti della tombola nel sacchetto. Gli eventi tragici fanno parte della narrazione noir, sono indispensabili per mantenere fedeltà al patto con il lettore, ma i modi per raccontare sono soggettivi: il mio prescinde dall’aspetto investigativo e giuridico, prediligendo quello psicologico.

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Autore: Coleichelegge

Innamorata perennemente incazzata politicamente scorretta inesorabilmente libera

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