
È il pomeriggio di un giorno speciale, l’ultimo dell’anno lo è sempre no? Aspettative bilanci e progetti. Ma che progetti possono avere quattro ragazzi che hanno tutto, genitori ricchi, case da ricchi e la noia dei ricchi? Il programma prevede una festa intima, solo loro quattro, con catering e tanto alcool. I genitori sono riuniti nella villa poco lontana, possono vederli ballare bere e chiacchierare tra loro. Un gioco in attesa della cena. Si comincia col monopoli cambiando un po’ le regole, invece dei soldi si fa obbligo o verità. Gli obblighi dapprima stupidaggini come il paga pegno dei bambini, si fanno via via più maliziosi, le verità da confessare, via via più intime. Pensano di sapere tutto gli uni degli altri e probabilmente è davvero così per quanto riguarda le loro vite esteriori, ma ci sono pensieri segreti e verità che non si condividono con nessuno, almeno non fino a quando non si raggiunge per qualche ragione il punto di rottura, un po’ come quando si colpisce una vetrata nel punto esatto che la ridurrà in briciole. Complice l’alcool o forse quella necessità insopprimibile che ha la verità di uscire prima o poi, la serata si trasforma in una seduta collettiva di psicoterapia in cui ognuno dei quattro amici (o delle due coppie) tira fuori ogni cosa, tutti i rancori le insoddisfazioni le infelicità e le bugie, imboccando una strada senza ritorno. Maestra nel creare thriller, negli ultimi romanzi l’autrice ha abbandonato almeno in parte la scrittura “investigativa” per concentrarsi sulla psicologia, su quello che muove i personaggi a compiere anche le peggiori aberrazioni. A me affascina la capacità di mettersi dalla parte di chi subisce, no giustificando mai ma dando spazio a tutto quello che si muove nella mente e nel cuore di chi subisce. E poco importa che la violenza sia fisica verbale morale o di qualunque altro tipo, il messaggio che arriva è forte e chiaro, la violenza genera se stessa e le conseguenze non sono mai quelle che ci si aspetta, ma molto molto peggiori.
