Storia di una figlia

Cosa cerca un lettore nelle pagine di un libro? Emozioni, evasione relax oppure conoscenza,  approfondimento. Nel romanzo di Piernicola Silvis, si trova anche molto altro. Ci sono domande senza risposta, ci sono cose che la maggior parte della gente non sa e forse avrebbe preferito non sapere, ma per quanto siano cose tremende, forse è bene che se ne parli. Anna Sartori è una figlia privilegiata, si è comodamente laureata e affronterà la specializzazione con la benedizione di papà che l’ha sostenuta e la sosterrà economicamente, ha anche un fidanzato che papà Luigi non vede  l’ora diventi marito. La mamma ha lasciato la famiglia molti anni prima, senza una spiegazione, semplicemente se n’è andata con un altro uomo, questo e la natura violenta (non nota agli altri) del fidanzato, sono le uniche cose che la turbano. Lei ha bisogno di certezze, è una donna tosta come suol dirsi, nonostante la sua dolcezza. Ha delle domande senza risposta Anna, si chiede perché il padre non parli né abbia mai parlato della sua giovinezza nel periodo della guerra, perché anche la madre, che pure qualcosa dovrebbe sapere, opponga alle domande risposte vaghe, perché non abbiano parenti di cui parlare. È un tarlo che quando suo  padre viene colpito da un ictus ed entra in coma con l’alta probabilità che passi oltre senza più riprendersi, per Anna diventa un chiodo fisso. Lo stress per la situazione la porta a trascurarsi perdere peso  concentrazione e ad avere degli inspiegabili incubi. A partire da quelle visioni che la sconvolgono, Anna decide che se anche non potrà più rivolgere le domande a suo padre, troverà da sola le risposte.

Nel percorso alla ricerca di sé, di una storia che vada oltre l’infanzia, si imbatte in qualcosa che come dicevo prima è poco noto. Scopre l’esistenza di reparti delle SS composti da Italiani, connessioni fra il fuhrer e il Vaticano, stragi di cui solo pochi sopravvissuti hanno memoria. Quello che ha spinto Silvis, che ha gentilmente risposto a qualche mia domanda e che ringrazio, è quella che senza risposta, almeno una volta si sono posti tutti: com’è possibile tanta crudeltà? Cosa spinge un essere umano ad usare un neonato come piattello per farci il tirassegno? A ridere mentre tortura violenta e sevizia? Se ormai il sentimento comune è una più o meno blanda indignazione (tanto abbiamo la giornata della memoria no? Basta e avanza) nei confronti dei tedeschi, i veri responsabili delle atrocità, Silvis non si è accontentato e ha voluto andare oltre, facendo ricerche, i cui risultati, sia pure sotto forma di romanzo, ha voluto  rendere noti. L’esistenza  di mostri (parola abusata ma efficace), che hanno condiviso quel modus vivendi che attribuiamo ai tedeschi e che poi per ragioni politiche – nel senso più ampio del termine – hanno potuto farsi dimenticare, rinascendo alla vita come se nulla fosse, diventando persone anche stimate. Il dramma a cui ci pone davanti il romanzo è proprio questo, dove siamo disposti ad arrivare in nome dell’etica? Qual è il limite che la nostra etica personale ci impone? Fino a che punto possiamo sopportare di convivere con qualcosa che pensavamo non ci riguardasse o per cui pensavamo bastasse indignarsi  e fingere di ricordare? E se fosse toccato a me? E fidatevi che sono domande a cui dare una risposta è davvero difficile.

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Autore: Coleichelegge

Innamorata perennemente incazzata politicamente scorretta inesorabilmente libera

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