Sarà che quando avevo circa 13/14 anni ho letto Porci con le ali, sarà che poco dopo ho letto Erica Jong e le sue scopate senza cerniera, sarà che ero giovane negli anni ’80, prima che si scoprissero l’esistenza la pericolosità dell’aids e il vecchio detto Na lavada na sugada e la par gnanca duprada, era uno dei più usati. Sarà che adesso i cinquanta sono un ricordo, ma mi ha incuriosita molto questo romanzo di Veronica Pivetti. L’erotismo delle donne in odor di menopausa è stato per anni messo in discussione, adesso si è scoperto che invece, menopausa o no, gli organi giù dabbasso e il neurone preposto continuano a funzionare, alla faccia della forza di gravità che tira verso il basso le guance le zizze e i sacchettini, dopo i cinquanta il sesso si fà ed è anche divertente come prima (potrei aprire una parentesi su tutte le battute che noi anziani facciamo per “nascondere” che funzioniamo ancora, ma evito per decenza). Detto questo mi sono chiesta che strane persone frequenti la signora Pivetti, che mi piace moltissimo come attrice, ma evidentemente ha delle amiche strane, o che raccontano delle cavolate stratosferiche. Le storie di queste quattro donne, di divertente non hanno niente, è difficile anche parlarne senza essere volgari (chi mi conosce sa che tutto sono ma bacchettona no), però boh, a me,una che si addormenta durante un cunnilingus, non fa ridere per niente, anzi mi fa un po’ pena. E con le amiche? Certo che parliamo dei maschi e delle performances, ma, almeno con le amiche mie, il “coso” e la “cosa”, li chiamiamo con vezzeggiativi più o meno affettuosi (che in fin dei conti danno tante soddisfazioni, lo abbiamo sempre fatto (come suppongo facciano i maschi fra loro), e lo faremo anche quando saranno ricordi lontani. Usare termini che normalmente si usano come intercalari, non rende disinvolto un argomento privato, e soprattutto non lo rende divertente. C***i e f***e, lasciamoli agli adolescenti.
