Le montagne e le foreste della val Resia sono il palcoscenico su cui si muove Teresa Battaglia, il commissario dai capelli rossi insieme alla sua squadra di fidatissimi, no non le è migliorato il carattere, è sempre la stessa, anzi, con l’avanzare (forse) della malattia, è anche peggiorato. Sta mettendo in campo ogni possibile strategia per combattere quello contro cui non può vincere, può solo aspettare e sperare che ci sia un errore, di essere più forte. La terrorizza l’idea di perdere il controllo di non avere più quella lucidità, quel sesto senso che le ha sempre fatto vedere un po’ oltre, immaginare la cosa giusta, come se fosse in grado di percepire gli stati d’animo, le verità nascoste. Ha anche paura per i suoi ragazzi, per Massimo in particolare, che ha un demone da combattere e in qualche modo ha bisogno di lei. La Tuti oltre che nella meraviglia della natura ci porta nella Storia, lo fa con grazia, con delicatezza, perchè la Storia è fatta dalla storie degli esseri umani e dai loro sentimenti. Qui c’è in ballo un omicidio vecchio di settant’anni e un dipinto, Ninfa dormiente, per cui è stato usato il sangue di quella vittima. Allora, premesso che la trama è buona, molto buona, ho purtroppo un appunto da fare. Il problema che affligge la commissaria è trattato in maniera (sempre e solo a mio parere), troppo fantasiosa. Chi abbia avuto a che fare col problema lo sa e ahimè sta diventando un male talmente comune che sono più le persone che lo conoscono di quelle che non ne sanno nulla. Non ho il minimo dubbio però, che i lettori normali e appassionati ma non paranoici come me, troveranno questo secondo romanzo bello e coinvolgente, molto coinvolgente. Aggettivi che del resto, tolto il particolare che dicevo prima, uso anch’io senza tema di smentita.
